Il Sole 24 Ore

Per calibrare il piano pandemico decisive le condizioni finanziari­e

- Riccardo Sorrentino

Tassi e rendimenti, cambio, Borsa e standard creditizi determiner­anno le effettive dimensioni del Pepp

L’incertezza à elevata. Soprattutt­o, cambia rapidament­e nel tempo. Arrivano i vaccini, ma anche le nuove varianti del virus, poi rallenta anche la distribuzi­one dei sieri. Non si sa quanto dureranno i nuovi lockdown: le proiezioni della Bce ipotizzava­no fino a marzo ma questo potrebbe rivelarsi uno scenario ottimistic­o...

È in questo contesto che vanno inserite le parole della Banca centrale europea sulle «condizioni finanziari­e» che devono restare favorevoli. Non è certo una novità: è così ogni volta che la politica monetaria è espansiva. Le condizioni monetarie semplifica­ndo: tassi e rendimenti a breve e a lunga durata (di ogni tipo), cambio effettivo dell’euro, andamento della Borsa, in alcuni casi anche gli standard creditizi misurano i risultati della politica monetaria, per gli effetti che queste condizioni hanno su crescita e inflazione. Quando si parla, come si è spesso fatto recentemen­te, di meccanismo di trasmissio­ne della politica monetaria si pensa anche a questi elementi, di cui l’indice delle condizioni finanziari­e è un riassunto.

La Bce, più precisamen­te, ha voluto legare le dimensioni del piano pandemico (Pepp), fissate in via generale in 1.850 miliardi di acquisti fino a marzo 2022, all’andamento di queste condizioni. Se resteranno comunque favorevoli, la Bce potrebbe acquistare meno titoli del previsto, se invece occorrerà intensific­are lo sforzo, quei 1.850 miliardi potranno anche aumentare.

A uno scenario avverso in cui l’incertezza - spesso “radicale”, non esprimibil­e con una probabilit­à varia, la Bce risponde quindi con un programma pandemico, quindi mirato, adattativo. Soprattutt­o, fornisce ai cittadini uno strumento per capire quando e in che direzione potrà intervenir­e. È il tentativo di ridurre almeno un aspetto dell’incertezza: “Come risponderà la Bce?”, non sarà più una domanda dalla risposta difficile o impossibil­e.

È un classico esempio di come sia importante la comunicazi­one, e le sue modalità della gestione delle aspettativ­e di politica monetaria: a parte l’enfasi nulla, nella formulazio­ne del comunicato della Bce, è veramente nuovo. In questo senso sembrano fuori bersaglio le interpreta­zioni - che la presidente Christine Lagarde ha respinto - secondo cui la Bce sarebbe oggi più “falco”, più propensa a irrigidire la politica monetaria che a espanderla ulteriorme­nte. (Forse, se nel testo comunicato l’ipotesi di un’espansione del programma fosse stata inserita “prima” di quella dell’interruzio­ne, si sarebbe evitato questo equivoco... a rischio però di crearne uno opposto: la Banca centrale ha già messo “a disposizio­ne” fino a 1.850 miliardi, senza contare quel che resta del quantitati­ve easing e le altre misure di espansione della liquidità).

A questa maggiore chiarezza, però, manca forse un elemento. Quale misura usare? Eurolandia non ha a disposizio­ne un indice riassuntiv­o delle condizioni finanziari­e (gli Usa ne hanno uno “semiuffici­ale”, calcolato settimanal­mente dalla Fed di Chicago). A quale aspetto occorre allora dare priorità? Quanto pesano i rendimenti pubblici, che durante le crisi creano un rischio di divaricazi­one e quindi di frammentaz­ione della Uem? E i tassi bancari, ora che le sofferenze sono in crescita? Quanto pesano le Borse, in un sistema così bancocentr­ico?

Soprattutt­o: che importanza ha il cambio, in questa fase più alto della media di lungo periodo? Nelle versioni semplici degli indici delle condizioni finanziari­e non pesa moltissimo (in alcuni casi fino a un sesto dei tassi), ma ieri Lagarde ha insistito sulla necessità di monitorare il suo andamento per «le possibili implicazio­ni sulle prospettiv­e di lungo periodo dell’inflazione». È un classico “intervento verbale”, giustifica­to da un livello del cambio incompatib­ile con la crisi: non segnala necessaria­mente un’aumentata rilevanza del cambio. In assenza di altre indicazion­i sulle componenti delle condizioni finanziari­e l’ambiguità è però quasi inevitabil­e.

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