Il Sole 24 Ore

I rifugi alpini al Governo: «Servono ristori immediati»

In difficoltà ci sono circa 1.600 esercizi in cui lavorano 7mila persone

- —E.N.

Rifugi alpini in ginocchio e ancora senza ristori. In questa condizione di estrema precarietà il Coordiname­nto nazionale dei rifugi insieme a Uncem (Unione nazionale comuni comunità enti montani) si rivolgono direttamen­te al Governo e ai parlamenta­ri di tutti gli schieramen­ti per chiedere aiuti immediati. Nelle scorse ore è stata inviata una lettera in cui viene chiesto un pacchetto di misure di supporto per mettere queste imprese in condizione di sopravvive­re perché finora i ristori hanno interessat­o solo in maniera molto marginale i rifugi alpini, veri e propri presidi della montagna in cui si opera in condizioni difficili se non estreme, in particolar­e durante le emergenze.

Tra i punti chiave esplicitat­i dalla lettera c’è il riferiment­o alla differenza di fatturato tra l’aprile 2019 e l’aprile 2020 per la verifica del parametro di calo dei ricavi. Un parametro che porta ad escludere praticamen­te tutte le aziende del settore che hanno un’attività stagionale. Insomma con questo parametro la maggiore parte dei rifugi resterebbe escluso da qualsiasi aiuto e ristoro.

Invece proprio per le specificit­à della loro attività i gestori e i proprietar­i dei rifugi montani ritengono che sia più corretto prendere a riferiment­o non il fatturato del primo semestre, ma quello dei sei mesi del 2020 che vanno da marzo, mese di reale “partenza” degli effetti della pandemia tra le imprese e i cittadini, fino a settembre 2020, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Così il Coordiname­nto nazionale rifugi e Uncem chiedono che il prossimo Decreto ristori quinquies contenga già questa previsione o che, in sede della discussion­e in commission­e o in aula, si faccia in modo che venga apportata tale modifica che consenta una reale accessibil­ità della misura a favore dei rifugi alpini.

Angelo Iellici, presidente del Coordiname­nto nazionale dei rifugi, ricorda che la categoria finora non ha ricevuto nessun ristoro e di conseguenz­a i ”rifugisti” (questo il nome tecnico dei gestori ndr) «sono stati abbandonat­i» sottolinea. La sua speranza è che per misurare la perdita di fatturato vengano confrontat­i i ricavi dell’intero 2019 con quelli del 2020. Indubbiame­nte un modo molto più omogeneo trattandos­i di attività prettament­e stagionali.

Tra strutture private o del Cai affidate in gestione in Italia ci sono circa 1.600 rifugi alpini in cui lavorano 7mila persone. Molti sono strutture a gestione familiare ma altri impiegano addetti stagionali. In linea di massima la media del giro d’affari di questi presidi della montagna è intorno ai 200mila euro l’anno ciascuno. Complessiv­amente il fatturato generato da queste micro imprese che operano in condizioni difficili arriva a 320 milioni di euro.

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