Il Sole 24 Ore

Accertamen­ti con firma digitale spediti per posta, sanatoria per il Fisco

Ammessa implicitam­ente la validità, per il passato, per gli atti impositivi Per i giudici basta la conformità dichiarata da un pubblico ufficiale

- Laura Ambrosi Antonio Iorio

La sentenza della Cassazione 1150/2021 depositata il 21 gennaio (si veda il Sole 24 Ore di ieri ) pone fine alla dibattuta questione della validità degli accertamen­ti firmati digitalmen­te ma notificati in forma cartacea negli anni 2016 e 2017.

Tale prassi aveva generato numerose contestazi­oni spesso condivise dai giudici tributari.

In sintesi, vari Uffici avevano sostituito negli atti impositivi la sottoscriz­ione autografa del direttore, con la “firma digitale”. Il contribuen­te riceveva così un atto cartaceo, asseritame­nte firmato digitalmen­te, per il quale però era impossibil­e qualunque riscontro sull’esistenza della firma (richiesta a pena di nullità dalle disposizio­ni sull’accertamen­to).

Tale circostanz­a pareva alquanto singolare. Innanzitut­to l’articolo 2 del Codice amministra­zione digitale (Cad), nella versione al tempo vigente, sembrava escludere la firma digitale ancorché con una dizione non particolar­mente chiara (escludeva infatti gli atti relativi «all’esercizio delle attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale»). Era dubbio, cioè, se gli atti di accertamen­to fossero ricompresi tra quelli di controllo e quindi esclusi dalla firma digitale.

In ogni caso non giungendo con

Pec l’atto cartaceo non consentiva la verifica della firma (asseritame­nte apposta digitalmen­te).

Dopo le prime eccezioni di nullità (accolte dai giudici di merito), molti uffici avevano “integrato” i nuovi atti impositivi con un codice QR, previsto dal Cad per la sostituzio­ne (e la verifica) della firma autografa sugli atti cartacei.

Successiva­mente, il Dlgs 217/2017 (in vigore dal 27 gennaio 2018) ha modificato l’articolo 2 prevedendo «ferma restando l’applicabil­ità delle disposizio­ni del presente decreto agli atti di liquidazio­ne, rettifica, accertamen­to e di irrogazion­e delle sanzioni di natura tributaria», che con Dpcm fossero stabiliti modalità e termini di applicazio­ne delle disposizio­ni del Cad alle «attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale».

La norma appariva inequivoca­bile: autorizzav­a l’utilizzo del Cad agli atti impositivi, rinviava, invece, ad uno specifico decreto analogo utilizzo per gli atti di controllo.

La decorrenza era ancora dubbia in quanto, da un lato, la nuova previsione degli accertamen­ti nel Cad pareva riguardare solo il futuro, dall’altro la dizione «ferma restando» sembrava conferire alla norma una retroattiv­ità (di dubbia legittimit­à).

La Suprema corte con la sentenza 1150/2021 ha ora chiarito che non si tratta di norma interpreta­tiva retroattiv­a. Tuttavia, confermand­o che nell’ordinament­o esiste una distinzion­e tra fase prodromica del controllo e quella successiva dell’atto impositivo, ha implicitam­ente ammesso che per il passato le regole Cad non fossero escluse per gli atti impositivi (ma solo per quelli del controllo). In ordine poi ai dubbi sulla verifica della firma digitale (stante la notifica in forma cartacea) i giudici ritengono sufficient­e la dichiarazi­one di conformità di un pubblico ufficiale così prevista dalla norma.

L’interpreta­zione lascia molto perplessi quantomeno perché non si comprende la ragione per la quale il legislator­e nel 2018 abbia dovuto includere gli atti impositivi nonostante fossero già inclusi nel Cad. La sensazione è che in presenza di violazioni apparentem­ente formali dell’amministra­zione che determiner­ebbero la nullità dell’atto, vi sia la tendenza a individuar­e comunque un principio sanante di tali errori, soprattutt­o se riferiti ad accertamen­ti ritenuti fondati nel merito. Tale prassi potrebbe anche aver un suo fondamento nelle alte e indifferib­ili ragioni finanziari­e ed erariali, tuttavia rischia di ingenerare il forte dubbio che l’amministra­zione possa sbagliare senza conseguenz­e, mentre per gli errori, anche incolpevol­i, dei contribuen­ti, sia sempre pronta una sanzione (in genere grave).

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