Appalti, decreti attuativi ancora sulla carta
Dopo la doppia revisione del Conte 1 e 2 mancano all’appello regolamento unico, digitalizzazione, qualificazione delle stazioni appaltanti Dei 62 provvedimenti previsti dal codice attuati la metà e molti sono sterilizzati. Sbloccacantieri fermo a 10 su 2
Mancano ancora all’appello tutti i provvedimenti attuativi chiave del codice appalti rivisto radicalmente tre volte negli ultimi tre anni e mezzo. Mancano gli architravi che avrebbero potuto dare stabilità al quadro normativo ordinario e favorire un’evoluzione postitiva del settore nel senso di una modernizzazione: il regolamento unico che già dal 2019 avrebbe dovuto sostituire le linee guida Anac; un sistema di qualificazione che avrebbe dovuto ridurre le 40mila stazioni appaltanti; la digitalizzazione di tutte le procedure e l’interoperabilità delle banche dati; una semplificazione delle procedure ordinarie, a partire dalle autorizzazioni archeologiche e ambientali.
Mancano all’appello ancora tutti i provvedimenti attuativi chiave del codice appalti rivisto radicalmente tre volte negli ultimi tre anni e mezzo. Mancano gli architravi che avrebbero potuto dare stabilità al quadro normativo ordinario e favorire un’evoluzione postitiva del settore nel senso di una modernizzazione: il regolamento unico che già dal 2019 avrebbe dovuto sostituire le linee guida Anac; un sistema di qualificazione che avrebbe dovuto ridurre le 40mila stazioni appaltanti; la digitalizzazione di tutte le procedure e l’ interoperabilità delle banche dati; una semplificazione delle procedure ordinarie, a partire dalle autorizzazioni archeologiche e ambientali. Tutti decreti rilanciati con vari annunci anche dall’attuale ministra delle Infrastrutture, Paola De Micheli. Dei 62 provvedimenti attuativi previsti dal codice del 2016 solo la metà ha visto la luce e molti sono stati poi congelati. Ma sulle grandi scelte riformatrici di fondo - che hanno resistito alle revisioni del codice - nulla si è mosso e sono più i ripensamenti che i traguardi raggiunti.
Con gli appalti si va oltre l’attuazione bloccata o a rilento che sta danneggiando la prospettiva di molti settori economici in un mondo che corre veloce. Qui l’attuazione fa mezzo passo avanti e tre indietro. Di volta in volta si cercano capri espiatori, ma il disegno non avanza e anzi si contorce.
In un paradosso anche numerico, negli appalti la mancata attuazione delle riforme-chiave (si veda il tabellone a lato) si accompagna all’instabilità legislativa. In tre anni e mezzo sul codice si sono abbattute 547 modifiche con 28 nuovi provvedimenti normativi.
Tre leggi hanno apportato modifiche profonde e a largo raggio. Il decreto Correttivo (governo Gentiloni) approvato nel maggio 2017 ha impallinato il codice con 441 correzioni. Poi il decreto Sbloccacantieri (Conte 1), varato nel 2019 dal Conte 1 con 51 modifiche. E alla fine il decreto Semplificazioni, qui siamo al Conte 2, luglio 2020. Altre 21 modifiche, in aggiunta a un carico di deroghe e nuove procedure.
Secondo altri numeri forniti dall’Ance, dal 1994 a oggi il settore è stato bersagliato da 500 provvedimenti legislativi e normativi. Si è passati da otto provvedimenti l’anno negli anni ’90 ai quasi 30 nell’ultimo decennio. L’anno record è stato il 2019 - a cavallo fra il Conte 1 e il Conte 2 - con 39 interventi sul settore. Nevrosi legislativa senza attuare nessun disegno. Negli ultimi cinque anni hanno governato tutte le forze politiche (tranne Forza Italia e Fratelli d’Italia), nessun disegno che sia stato capace di arrivare fino in fondo e imporsi sulla realtà. La nevrosi di una politica che vive di guerre e non riesce mai a trovare un minimo comun denominatore.
Restano sospesi in aria anche i più recenti decreti Sbloccacantieri (22 decreti previsti, meno di una decina sdoganati) e il decreto Semplificazioni, zeppo di scorciatoie ma anche di qualche novità da condurre in porto, come il Durc di congruità, il fondo per la prosecuzione delle opere o le semplificazioni in campo ambientale. Nessuna di queste è stata realizzata in concreto, nonostante il Dl sia stato varato a luglio all’insegna della grande urgenza.
La nomina dei commissari straordinari - fulcro dell’intervento derogatorio del Semplificazioni - ha fatto un passo avanti in settimana, con l’indicazione dei nomi. Vedremo se sono quelli giusti per rompere la cappa che imprigiona le grandi opere. Certo, non c’è discontinuità: vengono proprio da quei mondi che alla cappa hanno contribuito. Intanto, l’indicazione di Palazzo Chigi arriva dopo sette mesi di palleggiamento di una lista annunciata già a luglio e il decreto - che doveva essere operativo entro il 2020 - non lo sarà prima di un paio di mesi, considerando pareri parlamentari (non necessariamente favorevoli), le intese con le Regioni, i chiarimenti mancanti (i compensi, per esempio) e le opere escluse dalla lista.
Non tutto è immobile. Quando qualcosa di utile si è cercato di fare, come nel caso del regolamento unico, affidato al sottosegretario Salvatore Margiotta, il tentativo si è fermato per le modifiche al quadro legislativo a monte e per l’iter approvativo. La commissione ministeriale incaricata di mettere a punto il testo ha terminato i lavori lo scorso maggio. Poi, complici la pandemia e la nuova ondata di Semplificazioni, il regolamento si è inabissato. La bozza è all’attenzione di Raffaele Greco, presidente della commissione, ora nella struttura tecnica di missione di Porta Pia. Se e quando sarà scongelato, il regolamento dovrà percorrere ancora un lungo cammino. Prima i concerti, con un delicato passaggio all’Economia, che negli ultimi tempi ci tiene a mettere bocca non formalmente sulle misure per gli investimenti pubblici, dopo anni di disattenzione e freni; poi la Conferenza unificata, infine il Consiglio di Stato e il passaggio in Consiglio dei ministri. Insomma ancora un percorso di mesi, se non di anni.
Il mercato ormai vive (male) con questa incertezza di fondo. E si vede. Non c’ è settore economico che possa rimanere in piedi difronte a un otto volante normativo capace di queste giravolte. Figuriamoci un comparto come quello delle costruzioni, nell’ occhio del ciclone da trenta anni, e un drastico peggioramento negli ultimi dieci. Di annunci( normativi) che non si traducono in realtà sono lastricati i cantieri italiani. L’ ultimo esempio è il caso del subappalto.Neanche le sonore bocciature arriva teda Commissione e Corte U eh anno convinto il Governo a prende redi petto il problema. Finora solo annunci e l’apertura di un tavolo tecnico.
Per fortuna, la mancata attuazione si portavi a anche qualche idea strampalata che avrebbe ulteriormente appesantitoil settore senza risolvere nessun san tito il settore senza risolvere nessun problema. A un certo punto (Conte 1) si era addirittura pensato che per risolvere l’ atavico problema di carenza di proge tl’ atavico problema di carenza di progetti che blocca sul nascere qualunque programma di rilancio infrastrutturale odi messa in sicurezza del territorio, fosse una buona idea dar vita a una Centrale di progettazione pubblica dove far confluire tutte le richieste di progetti avanzate dagli enti locali privi di competenze tecniche. Il carrozzone è stato de finanziato,per fortuna, come non è mai nata la società pubblica Italia Infrastrutture Spa,intro dotta dal decreto Sblocca cantieri«perla celere canti e rizza zio ne delle opere pubbliche».
In assenza di un quadro certo e di un disegno riformatore concreto si affacciano i due estremi che finora erano stati solo enunciati e che via via stanno diventando le uniche possibilità concrete. Da una parte il disegno vagheggiato da alcuni di una normativa per gli appalti limitata alle sole direttive Ue. Dall’altra - ed è la prospettiva reale di questo momento-un Paese di commissarie stazioni appaltanti che agisconoin deroga a ogni norma. Una groviera. s cono in deroga a ogni norma. Una groviera. Ai tempi dell’Expo, almeno, c’ era il contropotere di Raffaele Cantone per garantire trasparenza e legalità. Fra deroghe estreme come quelle dello Sblocca cantieri, attuazioni mancate, normagarantire trasparenza e legalità. Fra deroghe estreme come quelle dello Sblocca cantieri, attuazioni mancate, normative assenti, indebolimento dell’ Ana ce appalti messi nelle mani discrezionali di singoli commissari, sono molti-a nanche fra i costruttori-quelli che cominciano a temere il ritorno di Tangentopolie un nuovo intervento purificatore della magistratura. Uno scenario che non aiuterà di certo a velocizzare le infrastrutture di cui il Paese ha un enorme bisogno e spazzerebbe via definitivamente per sempre un intero settore.
Alla carenza attuativa si associa la nevrosi legislativa: in tre anni e mezzo 547 modifiche al codice con 28 provvedimenti diversi Il quadro normativo pieno di buchi e privo di un disegno riformatore favorisce la svolta verso un regime in cui vincono deroghe e commissari