Proposte gourmet di alta quota
Da Cortina giù fino al Parco Nazionale della Sila, le ricche proposte gourmet di questo (strano) inverno
L’epoca dei pionieri dell’alpinismo, la nascita del turismo di massa, le Olimpiadi Invernali del 1956, i favolosi Sessanta, l’aristocrazia e il jet set, i cinepanettoni, la crisi e ora la nuova trasformazione della cittadina in vista dei XXV Giochi del 2026. Il Cristallo era ed è sempre lì, ai confini del bosco. Ha vissuto due guerre mondiali, ricostruzioni e restyling. Un punto di riferimento, spettatore ma soprattutto attore sul palcoscenico di Cortina D’Ampezzo. Inaugurato nel 1901 da Emilia e Giuseppe Menardi, progettato da Gustavo Ghiretti e ispirato all’Art Nouveau in onore delle nobili tradizioni viennesi, il più iconico degli hotel della Regina delle Dolomiti festeggia 120 anni di storia nel 2021.
E da pochi giorni ha riaperto le porte per prepararsi a una stagione ricca di neve (e ancor più di incognite). Pronto ad accogliere atleti, ospiti e addetti ai lavori dei Mondiali di Sci (che invece si terranno purtroppo a porte chiuse) con la consueta atmosfera fascinosa e un servizio di concierge capace di consigliare e organizzare le esperienze e i tragitti meno battuti di Cortina. L’offerta gastronomica del Cristallo, Luxury Collection Resort & Spa (questo il nome completo della struttura, dal 2017 entrata nella galassia Marriott International) è molto cresciuta grazie all’ottimo lavoro di Marco Pinelli, alla guida dei tre ristoranti: Il Gazebo, con una vista a 360° gradi sulla valle e sulle Tofane, è il fine dining dove lo chef esprime la sua identità, fatta di attenzione alla stagionalità e di prodotti del territorio ampezzano. Da provare il piatto dedicato all’anniversario dell’albergo, le Tagliatelle di grani antichi siciliani bio, ragù delle Dolomiti e crema di noci feltrine, ma anche le altre gustose proposte come l’Anatra all’arancia e la “Pantera Rosa”, un risotto con barbabietola, parmigiano reggiano, crema acida e uova di trota che rende omaggio al celebre film di Blake Edwards del 1963, ambientato proprio nelle stanze del Cristallo.
La destinazione veneta sembra oggi indirizzarsi verso un lusso understated e un turismo, soprattutto di seconde case, tornato a interessarsi più alla sostanza che alla forma. Anche a tavola. Chi sta cambiando l’identità culinaria della valle sono soprattutto Riccardo Gaspari e Ludovica Rubbini, la coppia alla guida del SanBrite, “agricucina” appena insignita della prima( meritata) stella Michelin. In questa malga sana, lungo la strada che sale al Passo delle Tre Croci, si può assaggiare una delle migliori cucine di montagna ,“rigenerativa”perché propone un menus enza sprechi e rimette in circolo gli scarti (alimento per gli animali della fattoria, ad esempio). Il ristorante è nato nel 2017 come evoluzione del Brite de Larieto, l’agriturismo di famiglia sotto le cime del Monte Cristallo, ancora oggi sosta amata da sciatori e camminatori. In attesa della ripartenza del SanBrite a febbraio, è bene ricordare che a fianco, nel Piccolo Brite, si possono acquistare straordinari salumi e formaggi prodotti e affinati in loco, dallo speck di spalla alle caciotte, e un burro che già da solo varrebbe il viaggio.
Se si parla di alta cucina (di alta quota), in Sud Tirolo, e in particolare in Alta Badia, c’è una solida tradizione. Norbert Niederkofler del St. Hubertus, il ristorante all’interno del luxury hotel Rosa Alpina a San Cassiano, è stato il primo chef italiano a ottenere le tre stelle Mi che linc on una filosofia di cucina, Cookthe Mo unta in( oggi raccontata in un bellissimo libro ), capace di esprimere una nuova identità dolomitica e costruire un sistema di produzione quasi autarchico. La stessa qualità di materie prime si trova ora pure all’AlpiNN, lo scenografico ristorante-rifugio a Plan de Corones, affiancato al Lumen (il Museo della fotografia di montagna), ideale per una pausa veloce, anche con gli sci ai piedi.
La novità più recente delle alpi altoatesine si chiama Forestis, un luxury retreat a 1.800 metri, a Palmschoss sulla Plose (a 20 minuti da Bressanone), che riaprirà il prossimo 15 febbraio con le sue 62 suite e la Spa di 2mila metri quadrati. Un luogo di pace e intimità: il ristorante è strutturato in terrazze con ogni tavolo disposto in una nicchia, in modo che ogni ospite possa godere della vista sulle Dolomiti mentre apprezza la “cucina del bosco” dello chef Roland Lamprecht e gli ottimi cocktail (anche questi ispirati dalla natura circostante) del bar. Della stessa proprietà è pure il vicino Odles Lodge, un piccolo rifugio d isole 4 splendide suite, da 55 a85m et riquadrati. Ogni mattina, gli ospiti trovano davanti alla porta una cassetta con tutte le specialità dell’Alto Adige – dai succhi alle marmellate ai formaggi – per un’autentica colazione alpina. E anche il frigorifero della stanza non è mai a secco di prelibatezze locali.
Il nostro viaggio prosegue a Courmayeur, e più precisamente al Grand Hotel Royal, d ove il giovane talento Paolo Griffa propone una cucina contemporanea trale più innovative dell’arco alpino. Inattesa della riapertura( si febbraio ), lo chef di Carmagnol asta lavorando ai piatti del nuovo menu dello stellato P et itRoy al, come sempre rispettoso del ciclo delle stagioni e intrecciato con le migliori produzioni valdostane. Non mancheranno, in ogni caso, i suoi signa ture come i ditali nidi farro mantecati alla fontina con fave fresche, pane nero, olio di santoreggia e basilico o il filetto di cervo alla brace. Anche l’Abruzzo, regione dalla straordinaria biodiversità, ha molto da offrire agli appassionati di (cucina di) montagna. La Marsica, in particolare, è una terra dal carattere schietto e per coglierne tutte le sfumature conviene sedersi alla tavola di Franco Franciosi, chef e oste di Mammaròssa (nonna in dialetto) ad Avezzano, un’osteria-ristorante dove assaggiare il curanto di agnello o la pecora nella tajine, piatto dove la tradizione pastorale marsicana incontra le comunità di braccianti marocchine.
Il nostro immaginario collettivo montano spesso si dimentica di scendere più a Sud, fino al Parco Nazionale della Sila, patrimonio naturalistico ancora in parte misconosciuto. E allora, appena sarà possibile, prenotate un fine settimana al Biafora Resort & Spa a San Giovanni in Fiore ,1.250 metri sul mare. Nel ristorante gastronomico dell’hotel, l’Hyle, Antonio Biafora propone un repertorio inedito, che poggia su una rete di fornitori del territorio che gli garantiscono formaggi, selvaggina, trote e funghi. Da non perdere la reinterpretazione della Licurdia, zuppa povera della tradizione regionale, e la faraona con cedro, noci e centocchio selvatico. Sapori di una cucina del Sud che non ti aspetti.