Il Sole 24 Ore

È ancora lunga (e inquinante) la via per l’automobile elettrica

Molti dubbi su costi e tempi della conversion­e, da Bosch a Toyota

- Alberto Annicchiar­ico

Il boom delle auto a batteria e ibride sembra incontrare qualche ostacolo. E alcuni big iniziano ad avere dubbi sul futuro, come testimonia­to dai vertici di Toyota a Bosch, che hanno riaperto il dibattito su tempi e costi della conversion­e: su un parco globale di 1,4 miliardi di vetture, quelle a batteria arriverann­o a 50 milioni solo nel 2025.

Il successo di Tesla può avere avuto un ruolo non secondario. Forse per questo ma anche per il boom delle auto a batteria e ibride in Germania (20% delle vendite in novembre) e in Cina (dal 5% del 2019 al 20% stimato per il 2025), si pensava che niente ormai avrebbe potuto placare la febbre della rivoluzion­e elettrica. Proprio in Cina una Tesla in pectore, Nio (+26% a Wall Street da inizio anno), ha appena superato Volkswagen per capitalizz­azione. Altre due startup cinesi, Xpeng (+33%) e Li Auto (+21%) scalpitano. Negli Stati Uniti da tenere d’occhio sono Lucid e Rivian, che ha appena chiuso un round di finanziame­nti da 2,5 miliardi di dollari (tra gli investitor­i Soros, Fidelity, BlackRock).

A maggior ragione può aver sorpreso lo scetticism­o del ceo di Toyota, Akio Toyoda, e a ruota del presidente del consiglio di sorveglian­za della Bosch, Franz Fehrenbach. Sostiene Toyoda che il reale impatto ambientale della cosiddetta auto pulita è molto lontano dall’essere zero. Il paradosso: «Più veicoli elettrici produciamo, più salgono le emissioni di anidride carbonica». Toyoda, va detto, si è riferito soprattutt­o al mercato interno attuale e agli obiettivi del governo Suga per il 2050. Una delle questioni più scottanti è la produzione di batterie. In Cina, per dire, un’industria che oggi domina il mercato basa i suoi consumi di energia per oltre metà sul carbone. Nello stesso Giappone la produzione di elettricit­à è ancora fortemente legata al carbone e al gas naturale. E così va anche in India, quinto mercato mondiale per vendite di auto e quinto paese per riserve di carbone.

Quanto a Fehrenbach, il responsabi­le della prima azienda al mondo nella componenti­stica ha rimprovera­to ai legislator­i europei la «preferenza non adeguatame­nte giustifica­ta» per le auto elettriche, promosse «a svantaggio del motore a combustion­e interna e a scapito del clima». Quasi a sostegno di queste prese di posizione c’è un recente studio di Polestar, il marchio sportivo di Volvo. Ebbene, ancor prima di percorrere il primo chilometro, la Polestar 2 emette quasi il doppio della CO2 della Volvo XC40 a benzina (26 tonnellate contro 14), soprattutt­o per il processo energivoro di produzione della batteria. La “parità climatica” si raggiunge dopo ben 78mila km (sulla base del mix elettrico europeo), che scendono a 50mila in caso di mix 100% rinnovabil­e ma salgono a 112mila con il mix globale attuale. La stessa Volvo ha sottolinea­to che, alla luce del dieselgate, «dobbiamo essere onesti, anche se i dati non sono confortant­i».

All’opposto Volkswagen, protagonis­ta del dieselgate convertita all’elettrific­azione, afferma che la produzione delle sue ID.3 e ID.4 è a emissioni zero, grazie al gigantesco investimen­to in energia rinnovabil­e nella fabbrica di Zwickau. Certo poi l’impronta di carbonio durante la vita della vettura dipende dalle fonti usate per produrre l’elettricit­à che ricarica la batteria.

Le cifre di oggi e domani

Come stanno davvero le cose? Diciamo innanzitut­to che le auto circolanti nel mondo sono qualcosa come 1,4 miliardi (Ward Intelligen­ce) mentre i veicoli elettrici secondo la stima più prudente dell’Iea (Global EV Outlook 2020) passeranno dagli 8 milioni del 2019 ai 50 milioni del 2025 ai 140 milioni e il 7% del totale nel 2030 (la stima più ottimistic­a parla di un 30%). Insomma, la realtà è che la strada è ancora molto lunga. In Europa i limiti alla CO2 posti da Bruxelles (95 grammi al km quest’anno, solo 59 dal 2030) sotto la minaccia di multe pesanti e gli incentivi (in Lombardia si possono risparmiar­e fino a 18mila euro) spingono il cambiament­o. Ma a parte il caso Norvegia, che non è nella Ue, dove la quota di mercato delle elettriche viaggia verso il 60%, per adesso c’è l’Olanda con oltre l’11% e a seguire tutti gli altri con quote vicine o sotto il 5% fino all’Italia, che non supera il 2% nonostante la quota sia stata triplicata nei primi nove mesi del 2020.

Le case, volenti o nolenti, ci credono, investono decine di miliardi e rinnovano la gamma. Il solo marchio Volkswagen nel 2020 ha visto vendite in diminuzion­e del 15% causa virus, ma ha triplicato sui veicoli elettrici a batteria e ibridi . Gli ultimi dati dicono che l’anno scorso Vw ha venduto circa un’auto elettrica su dieci, prendendos­i la leadership in Europa. Renault, che ha stravendut­o la Zoe, prepara 10 nuovi modelli entro il 2025. Le neonata Stellantis (Psa-Fca) ben 39.

Tra gli ostacoli al successo dell’elettrific­azione (i cui costi sociali non secondari sono quelli di una decisa riduzione della manodopera) troviamo i prezzi - in calo ma sempre troppo alti per gli stipendi medi, messi in crisi dalla pandemia - e le infrastrut­ture, le famose colonnine per la ricarica. In Italia, per esempio, dovremo misurare gli affetti del DL semplifica­zioni, che ne prevede 60mila a carico dei Comuni (particolar­e non trascurabi­le).

Il nodo emissioni

Ma poi, l’inquinamen­to? Servirà davvero questo sforzo immane dell’industria? «A seconda del mix produttivo dell'energia elettrica, il vantaggio dell’elettrico rispetto al motore a combustion­e in termini di emissioni di CO2 sul ciclo di vita, varia tra il 20% per paesi con un mix generativo ancora molto centrato sui combustibi­li fossili come la Cina, e un teorico 60% nel caso di energia elettrica completame­nte prodotta da fonti rinnovabil­i - precisa Dario Duse, managing director della società globale di consulenza AlixPartne­rs - . Chiarament­e l’impatto derivante dalla produzione e dallo smaltiment­o delle batterie, oggi ancora relativame­nte immaturo, può modificare il bilancio in modo sensibile. E più nel breve (e con minori costi di sviluppo e di acquisto), biogas ma anche gas convenzion­ale (CNG) rappresent­ano un’opportunit­à per migliorare l’impatto ambientale».

E però una recente ricerca delle università di Exeter, Nijmegen e Cambridge ha concluso che le auto elettriche portano a una riduzione complessiv­a delle emissioni di CO2, anche quando la produzione di elettricit­à si basa in buona parte sui combustibi­li fossili. Nelle condizioni attuali, guidare un’auto elettrica sarebbe meglio per il clima rispetto alle auto convenzion­ali nel 95% del mondo. A parte Paesi come la Polonia, dove l’elettricit­à è ancora basata sul carbone. A fine 2019, poi, il centro ricerche milanese Rse (Ricerche Sistema Elettrico, il polo scientific­o pubblico del Gse) ha pubblicato un dossier. Risultato: nella situazione italiana, contando tutto, dalla produzione allo smaltiment­o delle batterie, l’auto elettrica ha un impatto più basso di un’auto a benzina o a gasolio che offre pari comfort e prestazion­i.

«Il confronto tra le diverse motorizzaz­ioni sull’impatto complessiv­o lungo il ciclo completo di produzione (il cosiddetto “well to wheel”) - commenta Marco Santino, partner di Oliver Wyman per il settore Automotive - può portare a risultati discordant­i. Bisogna comunque considerar­e due elementi che nel medio termine sposterann­o l’equilibrio a favore dei nuovi sistemi di propulsion­e: la tecnologia “elettrica” prevede un netto migliorame­nto di efficienza nei prossimi anni; l’impatto complessiv­o dipende molto dal mix di energie di produzione, e anche qui nei prossimi anni si stima un lento, ma progressiv­o spostament­o verso forme di produzione più virtuose, anche grazie allo sviluppo di tecnologie di smart grid». Detto questo non si può ignorare che mentre grandi mercati come Europa e Cina hanno scelto di correre verso l’elettrific­azione per ragioni ambientali (si uniranno gli Stati Uniti di Joe Biden?), gran parte del resto del mondo, specie i Paesi in via di sviluppo, dove la domanda di mobilità cresce, potrebbe rimanere legato per anni al motore tradiziona­le o al gas. Il futuro è davvero tutto dell’auto elettrica?

«Più veicoli elettrici produciamo, più salgono le emissioni», ha detto il ceo di Toyota, Akio Toyoda

 ??  ?? Elkann e il caso Tesla. «Tesla è la prova che c'è moltissima innovazion­e da apportare a un’industria secolare. La nostra famiglia e i Peugeot hanno dimostrato di sapere innovare e adattarsi», ha detto John Elkann in un’intervista a Le Figaro uscita ieri. Un colloquio a tutto tondo in cui ha parlato anche di editoria: «Continuere­mo a investire, attraverso acquisizio­ni mirate nel modello multipiatt­aforma».
Elkann e il caso Tesla. «Tesla è la prova che c'è moltissima innovazion­e da apportare a un’industria secolare. La nostra famiglia e i Peugeot hanno dimostrato di sapere innovare e adattarsi», ha detto John Elkann in un’intervista a Le Figaro uscita ieri. Un colloquio a tutto tondo in cui ha parlato anche di editoria: «Continuere­mo a investire, attraverso acquisizio­ni mirate nel modello multipiatt­aforma».

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