«Il commercio interno aiuta il nostro export»
Alberto Quintavalla è regional sales manager di Cft Group, un gruppo di Parma che si occupa di impiantistica e confezionamento di alimentari. La società è già presente in varie aree dell’Africa nei settori di prima trasformazione, seconda trasformazione e packaging secondario in vari imballaggi come scatole in banda stagnata, lattine, Pet e imballaggi flessibili. Nonostante la crisi del Covid, il mercato africano è valso il 15% del fatturato 2020 ed è in via di apertura una nuova fabbrica in Burkina Faso.
Che benefici vi aspettate dal debutto dell’African Continental Free Trade Area?
L’accordo può essere il volano che farà aumentare le quantità di export e il commercio tra Stati interafricani. Per un business come la prima trasformazione, la possibilità di esportare una commodity come il pomodoro concentrato o la purea di mango tra i vari Stati del continente africano e senza avere dazi all’importazione può favorire lo sviluppo di nuove realtà industriali e valorizzare l’enorme potenziale agricolo dei Paesi africani. Non va dimenticato che a oggi il continente africano dipende molto dall’importazione di prodotti semi-lavorati da Cina (pomodoro concentrato) e India (purea di frutta tropicale).
Viceversa, che limiti vedete nell’accordo?
A mio avviso, il segnale di maggiore preoccupazione è la mancata ratifica al trattato da parte della Nigeria che è l’economia più grande e strutturata del continente. Senza la sua adesione l’area di libero scambio potrebbe avere un raggio d’azione limitato. Tanto per intenderci è come se all’interno della Ue venissero a mancare le maggiori economie manifatturiere come Italia e Germania.
E sul fronte dell’implementazione?
Un’altra problematica è l’eccessiva burocratizzazione dei singoli Stati, che può rallentare il processo d’integrazione e ricezione delle norme, senza le quali si vanificherebbero i benefici portati dalla liberalizzazione del commercio.