Corsa a stampanti 3D per tagliare i tempi della progettazione
Per essere una stampante 3D è decisamente fuori misura: pesa 4 tonnellate ed è lunga oltre 4 metri per 2 di larghezza. Al suo interno un robot industriale dotato di uno speciale ugello deposita il materiale, un polimero termoplastico rinforzato con fibra di carbonio. È il sistema Aqua di Arevo, tech company californiana che lo ha sviluppato con un obiettivo: realizzare telai di bicicletta in un pezzo unico, compito impossibile con le normali macchine per la manifattura additiva. Il risultato è la Superstrata, bici in doppia versione, “muscolare” ed elettrica, che ha raccolto 6 milioni di euro sulla piattaforma di crowdfunding Indiegogo. Da dicembre sono partite le vendite online, alla bellezza di 4.000 dollari per il modello a batteria.
Il progetto californiano è emblematico dello sviluppo raggiunto dalla stampa 3D delle biciclette: le tecnologie sono mature, i costi sono ancora elevati. Superstrata non è unica. In Regno Unito vari produttori, tra cui Vorteq e Atherton, stampano parti o giunti del telaio, mentre la slovacca Kinazo si avvale del sistema per la manifattura additiva in alluminio dell’impianto Volkswagen di Stupava per produrre una e-bike enduro totalmente personalizzabile.
In Italia non si ha notizia di grandi produttori che utilizzino la stampa 3D, ma qualcosa si sta muovendo. Eurocompositi, un’azienda di Mellaredo di Pianiga (Venezia) che nel 2015 aveva presentato il concept di bici Aenimal Bhulk, stampato in 3D, sta per partire con un progetto di sviluppo per un importante marchio nazionale, tenuto ancora segreto. Lo scopo non è solo produrre biciclette su misura, ergonomicamente dimensionate sulle misure dell’acquirente. «Vogliamo anche», spiega il fondatore di Eurocompositi Marco Genovese, «arrivare a stampare prodotti per una fascia di prezzo media, accessibile a chiunque voglia usare la bici per andare al lavoro. E poi vogliamo realizzare un mezzo davvero green, con un polimero realizzato da microplastiche recuperate dal mare, e non assemblato con componenti che arrivano dalla Cina al prezzo di chissà quale impatto in termini di emissioni inquinanti».
E qui emerge un’altra necessità. «Oggi le aziende europee», osserva Genovese, «dipendono strettamente dalla Cina per la fornitura di componenti. Ma le aziende cinesi non sono più così convenienti e i costi dei trasporti nell’ultimo anno sono quadruplicati. Molti marchi si stanno quindi muovendo per riportare a casa la produzione. E la stampa 3D può aiutare a farlo».
Caracol, azienda high-tech di Lomazzo, in provincia di Como, impiega soluzioni di manifattura additiva per produrre dime personalizzate di montaggio dei telai e caschi per ciclisti. Per farlo usa anche robot industriali dotati di un sistema brevettato di deposizione dei materiali. «La tecnologia sta progredendo a gran velocità», dice il Ceo Francesco De Stefano, «al punto che, a mio avviso, entro tre anni la manifattura additiva potrà diventare la tecnica di produzione principe nel segmento di alta gamma. Processo che si potrà accelerare notevolmente se integrato con tecniche di lavorazione del carbonio, utili per migliorare finiture, performance e aerodinamica. Il passo successivo? Rendere queste tecniche competitive con le produzioni di massa tradizionali, rendendo la bici del futuro un prodotto iper-customizzabile a costi contenuti».
Eurocompositi: «Vogliamo arrivare a stampare prodotti per una fascia di prezzo media»