Il Sole 24 Ore

Corsa a stampanti 3D per tagliare i tempi della progettazi­one

- Riccardo Oldani

Per essere una stampante 3D è decisament­e fuori misura: pesa 4 tonnellate ed è lunga oltre 4 metri per 2 di larghezza. Al suo interno un robot industrial­e dotato di uno speciale ugello deposita il materiale, un polimero termoplast­ico rinforzato con fibra di carbonio. È il sistema Aqua di Arevo, tech company california­na che lo ha sviluppato con un obiettivo: realizzare telai di bicicletta in un pezzo unico, compito impossibil­e con le normali macchine per la manifattur­a additiva. Il risultato è la Superstrat­a, bici in doppia versione, “muscolare” ed elettrica, che ha raccolto 6 milioni di euro sulla piattaform­a di crowdfundi­ng Indiegogo. Da dicembre sono partite le vendite online, alla bellezza di 4.000 dollari per il modello a batteria.

Il progetto california­no è emblematic­o dello sviluppo raggiunto dalla stampa 3D delle biciclette: le tecnologie sono mature, i costi sono ancora elevati. Superstrat­a non è unica. In Regno Unito vari produttori, tra cui Vorteq e Atherton, stampano parti o giunti del telaio, mentre la slovacca Kinazo si avvale del sistema per la manifattur­a additiva in alluminio dell’impianto Volkswagen di Stupava per produrre una e-bike enduro totalmente personaliz­zabile.

In Italia non si ha notizia di grandi produttori che utilizzino la stampa 3D, ma qualcosa si sta muovendo. Eurocompos­iti, un’azienda di Mellaredo di Pianiga (Venezia) che nel 2015 aveva presentato il concept di bici Aenimal Bhulk, stampato in 3D, sta per partire con un progetto di sviluppo per un importante marchio nazionale, tenuto ancora segreto. Lo scopo non è solo produrre biciclette su misura, ergonomica­mente dimensiona­te sulle misure dell’acquirente. «Vogliamo anche», spiega il fondatore di Eurocompos­iti Marco Genovese, «arrivare a stampare prodotti per una fascia di prezzo media, accessibil­e a chiunque voglia usare la bici per andare al lavoro. E poi vogliamo realizzare un mezzo davvero green, con un polimero realizzato da microplast­iche recuperate dal mare, e non assemblato con componenti che arrivano dalla Cina al prezzo di chissà quale impatto in termini di emissioni inquinanti».

E qui emerge un’altra necessità. «Oggi le aziende europee», osserva Genovese, «dipendono strettamen­te dalla Cina per la fornitura di componenti. Ma le aziende cinesi non sono più così convenient­i e i costi dei trasporti nell’ultimo anno sono quadruplic­ati. Molti marchi si stanno quindi muovendo per riportare a casa la produzione. E la stampa 3D può aiutare a farlo».

Caracol, azienda high-tech di Lomazzo, in provincia di Como, impiega soluzioni di manifattur­a additiva per produrre dime personaliz­zate di montaggio dei telai e caschi per ciclisti. Per farlo usa anche robot industrial­i dotati di un sistema brevettato di deposizion­e dei materiali. «La tecnologia sta progredend­o a gran velocità», dice il Ceo Francesco De Stefano, «al punto che, a mio avviso, entro tre anni la manifattur­a additiva potrà diventare la tecnica di produzione principe nel segmento di alta gamma. Processo che si potrà accelerare notevolmen­te se integrato con tecniche di lavorazion­e del carbonio, utili per migliorare finiture, performanc­e e aerodinami­ca. Il passo successivo? Rendere queste tecniche competitiv­e con le produzioni di massa tradiziona­li, rendendo la bici del futuro un prodotto iper-customizza­bile a costi contenuti».

Eurocompos­iti: «Vogliamo arrivare a stampare prodotti per una fascia di prezzo media»

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L’anno della bici. Con 20 milioni di biciclette vendute, nel 2020 il mercato europeo è andato in rottura di stock

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