Quando i motori diesel erano la «scelta ecologica»
Bisogna farlo sapere ai giovanotti della generazione zeta. Ci fu un tempo — era quella preistoria in cui la musica stava nei cd e si usavano schede magnetiche per chiamare dalle cabine telefoniche — ci fu un tempo in cui molte persone rifornivano le automobili diesel con l’olio di semi acquistato al discount. Il motivo ufficiale era difendere l’ambiente dall’inquinante gasolio; il motivo non detto era risparmiare soldi perché con le accise anche allora il gasolio era più costoso dell’olio di semi, Iva compresa.
(A titolo di confronto: oggi una primaria catena della grande distribuzione offre l’olio di girasole a 99 centesimi al litro mentre il gasolio alla rilevazione del 18 gennaio costa in media 1,33 euro al litro).
Erano altre automobili i cui motori digerivano l’olio di girasole senza soffrire. Le auto di oggi si fermerebbero dopo due starnuti dal tubo di scappamento.
Un passo ancora più indietro nel tempo.
Ci fu un tempo ancora più geologico, ma questo lo ricordiamo solo noi boomer, in cui la benzina era colorata secondo il contenuto di piombo tetraetile.
Per impedire che la benzina esploda prima che scocchi la scintilla della candela serve un antidetonante. A quei tempi del triassico si usava il piombo tetraetile, molto velenoso e molto cancerogeno.
Per decenni nel mondo due soli produttori rifornirono il globo di quel composto: uno dei due produttori al mondo, e unico in Europa, era la Sloi di Trento. I ruderi dello stabilimento demolito ancora oggi sono nell’elenco dei Siti di interesse nazionale, cioè i luoghi più inquinati del Paese.
I colori della benzina corrispondevano al contenuto di piombo tetraetile e al peso dell’accisa fiscale. Il colorante fiscale dello Stato era imposto dall’Utif.
C’era la benzina normale, gialla. Aveva numero di ottano più basso, 84-86, con meno piombo tetraetile, costava meno e andava bene per le auto di prestazioni meno esigenti come le Nsu Prinz e le Fiat 850.
C’era la benzina super, colore rosso, numero di ottano 98, più costosa, con più piombo tetraetile in modo che la benzina non esplodesse prima della scintilla della candela nei motori più sportivi e compressi, come quello dell’Alfa 1750.
Negli anni 70 il massimo di piombo tetraetile ammesso era 0,635 grammi al litro.
Il gasolio era la soluzione ecologica. Le auto diesel fumavano una nuvola densa e oleosa e chi rimaneva in coda dietro in camion ne soffriva le emanazioni solforose, ma era tutta salute rispetto alle insidie del piombo tetraetile.
Da molti, il motore diesel era considerato meno inquinante.
Negli anni 80 il piombo venne ridotto e sostituito da prodotti meno pericolosi: 0,4 nel ’82; 0,3 nel 1989; poi 0,15 grammi nel ’91.
Il piombo tetraetile avvelenava l’ambiente, il sangue delle persone ma avvelenava anche un ritrovato
Gialla (normale) oppure rossa (super) la benzina conteneva il velenoso piombo tetraetile
Obiettivo risparmio: molte persone riempivano il serbatoio con olio di semi al posto del gasolio
nuovissimo, la marmitta catalitica. La intasava e ne paralizzava la capacità depurativa.
Nei distributori di carburanti al giallo e al rosso si aggiunse un terzo colore, il verde, per la benzina senza piombo delle auto catalizzate.
Poi rimase solo la benzina senza piombo, unleaded, bleifrei, sans plomb; perse il colore verde.
Ma questo accadde in tempi lontanissimi, quando si usavano le mappe e i tuttocittà, quando i computer usavano il floppy e quando le persone collezionavano le schede telefoniche che si potevano usare nelle cabine, reperti di un periodo protostorico. (Alla sovrintendenza dei beni archeologici segnalo che sopravvive una cabina del telefono in via Monte Rosa angolo via Silva a Milano).