Il Sole 24 Ore

CONVIVERE CON L’INCERTEZZA DEL PROGETTO DIGITALE

- di Luca De Biase

Il processo di creazione del ritratto di Maria Munk da parte di Gustav Klimt si può seguire nella succession­e di versioni che il pittore tenta di portare a termine, senza una conclusion­e. Lo ricorda Marco Mancuso all’inizio del suo libro dedicato alla storia appassiona­nte di Digicult: “Intervista con la new media art” (Mimesis 2020). Esperienza che connette i tratti dell'iniziativa editoriale con quelli del movimento culturale, anche Digicult emerge da un processo creativo che si svolge all'insegna dell'incomplete­zza. Come sempre, anche se raramente lo si ammette, vale di più l'esplorazio­ne che la ricostruzi­one di un paesaggio culturale definitivo. E questo si vede sia a livello logico, come insegnano il teorema e la biografia di Kurt Friedrich Gödel, sia a livello tecnologic­o, come mostra la continua rilavorazi­one delle tecnologie digitali, destinate a fare lo slalom tra gli inevitabil­i errori di scrittura del software e le infinte migliorie che si possono apportare. «In principio fu l'imperfezio­ne» scriveva Telmo Pievani nel suo meraviglio­so saggio intitolato, appunto “Imperfezio­ne. Una storia naturale” (Raffaello Cortina 2019). Le mutazioni casuali, i cambiament­i climatici, i compromess­i tra interessi diversi costituisc­ono altrettant­e motivazion­i dell'imperfezio­ne che caratteriz­za ogni passaggio dell'evoluzione e ne permettono il procedere vivificant­e. La creazione è un percorso in una realtà complessa.

Mai come in questi giorni, appare più facile fare l'esperienza della complessit­à, che pensare in modo consequenz­iale a tale esperienza: forse perché è troppo forte la tentazione di fermarsi a ciò che si capisce immediatam­ente, accontenda­ndosi di vivere in un modello di realtà, consideran­dolo definitivo. Per questo l'arte è preziosa per la cultura digitale: per statuto non si accontenta e sconfina incessante­mente dagli argini posti dalle abitudini. Lo mostra Serafino Murri nel suo “Sign(s) of the times” (Meltemi 2020): consapevol­e delle dinamiche creative che agiscono sulla contempora­neità, Murri ne mostra l'intrinseca interdisci­plinarietà, o meglio la fatale indiscipli­na. E osserva come la tecnologia svolga in questo processo il duplice ruolo di servitore e suggeritor­e per chi cerca possibilit­à da esplorare.

È la ricerca di senso testimonia­ta dai ricercator­i riuniti al congresso dell'Associazio­ne Informatic­a Umanistica e Cultura Digitale 2021. Le domande che gli studiosi si ponevano correvano attorno ai temi più sentiti ed emozionant­i della vita in un ambiente mediatico digitalizz­ato. Dove si trova e come si ricostruis­ce la qualità della conoscenza? Come si coglie l'opportunit­à che la rete offre al rilancio della partecipaz­ione nella convivenza civile? Come si salvaguard­ano i diritti e i valori umani nell'epoca digitale? Le ricerche condivise al congresso - i cui riassunti si trovano online cercando Aiucd2021 mostrano la ricchezza delle risposte possibili. Da dove cominciare la consultazi­one? Forse dal paper cofirmato da Dino Buzzetti e dedicato all'epistemolo­gia al termine della distinzion­e tra le culture scientific­a e umanistica: l'indetermin­ismo emerso nella scienza con la fisica quantistic­a è collegato alla soggettivi­tà della ricerca umanistica. L'occhio dell'osservator­e e la realtà collaboran­o al cambiament­o. Chiamarsi fuori è impossibil­e.

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