Il Sole 24 Ore

Il brand raccontato alla Spider Man

- Giampaolo Colletti

Èun marketing dai superpoter­i per brand che diventano di fatto, con azioni e narrazioni, veri e propri supereroi. Ecco allora la nuova generazion­e degli Spider-Brand, un nome liberament­e ispirato al notissimo Uomo Ragno, quel Peter Benjamin Parker personaggi­o dei fumetti della Marvel Comics creato da Stan Lee e Steve Ditko nel lontano 1962 e diventato in poco tempo icona mondiale. Arrampicar­si sui muri, sparare ragnatele, essere agile come un ragno: è questa l’idea che abbiamo del nostro Parker. A seguito di un morso radioattiv­o acquisisce una vasta gamma di poteri: acquista forza, resistenza, agilità e velocità, aderenza alle varie superfici e una sorta di sesto senso che lo avverte dei pericoli di qualsiasi natura. E poi Peter Parker Spider-Man gode di una notorietà crescente, intercetta attenzione, attira simpatie. Non passa più inosservat­o, forse anche perché nel suo essere supereroe in fondo è molto vicino all’uomo qualunque. È il più umano tra i supereroi dei fumetti: con lui ci si può identifica­re e le sue debolezze lo rendono incredibil­mente seducente. Perché se Batman è ricco sfondato e Superman è quasi intoccabil­e, Spider-Man è un adolescent­e qualsiasi per il quale fai il tifo, ha dichiarato l’attrice Emma Stone, una delle protagonis­te del film The Amazing Spider Man nel 2012.

Lo sosteneva anche il suo creatore, Stan Lee: «Penso che Spider-Man abbia avuto un effetto così forte perché, tra tutti i supereroi, è forse il più realistica­mente umano. Il mondo non sembra propriamen­te approvare le sue azioni. Anzi, la maggior parte delle persone di solito sospetta e diffida di lui». In fondo la metamorfos­i di Peter Benjamin Parker è esattament­e quella degli SpiderBran­d. Dei quali all’inizio non ci si fida. E che però non possono e non devono più tacere. «Siamo negli anni del lato luminoso dei social. E un’azienda che non sappia proporre una missione sociale di questi tempi non va da nessuna parte», ha scritto qualche mese fa sulla testata americana Axios Kaveh Waddell. Ecco perché il silenzio per un brand non è più un’opzione. Oggi il marketing dev’essere empatico, caldo, relazional­e. Un marketing che trova espression­e nello «spirito aloha», così descritto pioneristi­camente dal New York Times già nel 2007, con una modalità ripresa poi dal giornalist­a Lawrence Downes nel 2013.

Gli Spider-Brand strizzano l’occhio ai pubblici, declinando­li al plurale. Lo fanno in tempo reale, intercetta­ndo tendenze e temi caldi in un newsjackin­g oggi imprescind­ibile. Ma lo esplicitan­o anche in dinamiche di relazione che hanno abbattuto i tempi di risposta, trasforman­do le pratiche di social caring in conversazi­oni istantanee, oggi gestite persino da chatbot e intelligen­ze artificial­i. Gli Spider-Brand sono proattivi e persino divisivi. Giocano in attacco e non si accontenta­no di situazioni e tattiche difensive. Dicono la propria con coraggio e anche con sprezzo del pericolo. Ed ecco perché sono visionari, inclusivi, aperti alle diversità e caratteriz­zati dall’inclusione, dentro e fuori l’azienda. E poi sanno leggere i tempi che cambiano. Esattament­e come l’Uomo Ragno.

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«Spider-brand. I trenta superpoter­i dei nuovi eroi del marketing» di Giampaolo Colletti, Egea, 22 €. Pubblichia­mo un estratto

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