Il brand raccontato alla Spider Man
Èun marketing dai superpoteri per brand che diventano di fatto, con azioni e narrazioni, veri e propri supereroi. Ecco allora la nuova generazione degli Spider-Brand, un nome liberamente ispirato al notissimo Uomo Ragno, quel Peter Benjamin Parker personaggio dei fumetti della Marvel Comics creato da Stan Lee e Steve Ditko nel lontano 1962 e diventato in poco tempo icona mondiale. Arrampicarsi sui muri, sparare ragnatele, essere agile come un ragno: è questa l’idea che abbiamo del nostro Parker. A seguito di un morso radioattivo acquisisce una vasta gamma di poteri: acquista forza, resistenza, agilità e velocità, aderenza alle varie superfici e una sorta di sesto senso che lo avverte dei pericoli di qualsiasi natura. E poi Peter Parker Spider-Man gode di una notorietà crescente, intercetta attenzione, attira simpatie. Non passa più inosservato, forse anche perché nel suo essere supereroe in fondo è molto vicino all’uomo qualunque. È il più umano tra i supereroi dei fumetti: con lui ci si può identificare e le sue debolezze lo rendono incredibilmente seducente. Perché se Batman è ricco sfondato e Superman è quasi intoccabile, Spider-Man è un adolescente qualsiasi per il quale fai il tifo, ha dichiarato l’attrice Emma Stone, una delle protagoniste del film The Amazing Spider Man nel 2012.
Lo sosteneva anche il suo creatore, Stan Lee: «Penso che Spider-Man abbia avuto un effetto così forte perché, tra tutti i supereroi, è forse il più realisticamente umano. Il mondo non sembra propriamente approvare le sue azioni. Anzi, la maggior parte delle persone di solito sospetta e diffida di lui». In fondo la metamorfosi di Peter Benjamin Parker è esattamente quella degli SpiderBrand. Dei quali all’inizio non ci si fida. E che però non possono e non devono più tacere. «Siamo negli anni del lato luminoso dei social. E un’azienda che non sappia proporre una missione sociale di questi tempi non va da nessuna parte», ha scritto qualche mese fa sulla testata americana Axios Kaveh Waddell. Ecco perché il silenzio per un brand non è più un’opzione. Oggi il marketing dev’essere empatico, caldo, relazionale. Un marketing che trova espressione nello «spirito aloha», così descritto pioneristicamente dal New York Times già nel 2007, con una modalità ripresa poi dal giornalista Lawrence Downes nel 2013.
Gli Spider-Brand strizzano l’occhio ai pubblici, declinandoli al plurale. Lo fanno in tempo reale, intercettando tendenze e temi caldi in un newsjacking oggi imprescindibile. Ma lo esplicitano anche in dinamiche di relazione che hanno abbattuto i tempi di risposta, trasformando le pratiche di social caring in conversazioni istantanee, oggi gestite persino da chatbot e intelligenze artificiali. Gli Spider-Brand sono proattivi e persino divisivi. Giocano in attacco e non si accontentano di situazioni e tattiche difensive. Dicono la propria con coraggio e anche con sprezzo del pericolo. Ed ecco perché sono visionari, inclusivi, aperti alle diversità e caratterizzati dall’inclusione, dentro e fuori l’azienda. E poi sanno leggere i tempi che cambiano. Esattamente come l’Uomo Ragno.