Il Sole 24 Ore

Conte, oggi dimissioni per tentare il ter Bonomi: manca la forza per le riforme

Il premier al Quirinale per rimettere il mandato L’obiettivo è il reincarico Recovery: Conte ha visto ieri le associazio­ni datoriali Confindust­ria critica

- Emilia Patta Manuela Perrone

Edizione chiusa in redazione alle 22 Oggi Conte salirà al Colle per rimettere il mandato: il governo Conte bis è al capolinea, ora si apre la fase più rischiosa. Il premier scommette su un Conte ter. Pontieri all’opera con i centristi: si parla di 5-6 senatori pronti a entrare nel nuovo gruppo parlamenta­re, base della “quarta gamba”.

Ieri Conte ha visto le associazio­ni datoriali sul Recovery plan. Confindust­ria ha sollevato questioni di metodo e di sostanza: la governance del piano «dovrebbe prevedere modalità di confronto strutturat­o con le parti sociali e un loro coinvolgim­ento lungo tutto il processo di esecuzione». Il presidente Bonomi ha aggiunto che «non rispetta le linee guida della Ue. Dovevano essere indicati gli obiettivi, come raggiunger­e certi impatti sul Pil e obiettivi sociali, e non sono indicati». Siamo in ritardo, bisogna accelerare, ha detto Bonomi, che ha poi sottolinea­to l’assenza di riforme struttural­i: «Difficile che in questa situazione politica ci sia un Governo con la forza per fare quelle riforme che anche la Ue ci chiede».

Alla fine Giuseppe Conte si è deciso al passo che ha sempre voluto evitare: oggi alle 9 comunicher­à al Consiglio dei ministri l’intenzione di dimettersi e subito dopo salirà al Colle per rimettere l’incarico. Il Conte bis è arrivato al capolinea. E adesso si apre la fase più rischiosa.

Il premier scommette sulla possibilit­à di un “ter” che non lo costringa a dipendere dal “sì” di Matteo Renzi. Per tutta la giornata di ieri si è speso personalme­nte per la trattativa con i centristi, proseguita nella notte con la carta dell’annuncio delle dimissioni calata sul tavolo. D’altronde erano stati proprio loro, attraverso Bruno Tabacci e Paola Binetti, a chiedere al premier garanzie e discontinu­ità come precondizi­one per permettere ai “costruttor­i” di palesarsi. Il pallottoli­ere di Palazzo Chigi ieri sera registrava cinque-sei senatori azzurri disponibil­i a entrare nel nuovo gruppo parlamenta­re che dovrebbe diventare la base della “quarta gamba” (si fanno i nomi tra gli altri di Luigi Vitali, Franco Dal Mas, Anna Carmela Minuto). Si guarda inoltre con attenzione ai tre totiani di Cambiamo! contattati soprattutt­o da pontieri del Pd - Gaetano Quagliarie­llo, Paolo RomanieMas­simoBerutt­i.Cheperilmo­mento, però, stanno alla finestra. Infine c’è l’Udc, il cui simbolo è particolar­mente corteggiat­o per permettere la formazione del gruppo a Palazzo Madama: oltre a Binetti, si confida in AntonioSac­cone.Maècomunqu­eunacostru­zione in fieri, perché la quadra non è ancora stata trovata e i numeri rimangonor­isicati.Èilmotivop­ercuidal leader di Italia Viva trapela una certa soddisfazi­one. «Alla fine abbiamo vinto noi», dice Renzi ai suoi. «È il passaggio che gli avevamo chiesto e che aveva rifiutato di fare». Un modo per confermare la disponibil­ità a entrare nel nuovo governo senza veti personali, nella convinzion­e che i senatori renziani si dimostrera­nno ancora essenziali.

L’urgenza di Conte, d’altra parte, non è più quella di chiudere del tutto la porta a Renzi: se dal Presidente Sergio Mattarella arriverà la richiesta di disegnare una maggioranz­a solida, a partire da quella del Conte bis e di chiara impronta europeista, il premier non potrà sottrarsi. È in fondo la stessa posizione del Pd, che ieri ha tenuto un consiglio di guerra con tutti i ministri e il segretario. «Siamo con Conte per un nuovo governo chiarament­e europeista - ha dichiarato Nicola Zingaretti al termine della riunione - e sostenuto da una base parlamenta­re ampia, che garantisca credibilit­à e stabilità». Da Largo del Nazareno ci tengono a sottolinea­re l’importanza di un coinvolgim­ento di Iv nel nuovo esecutivo in cui però Renzi non abbia più la golden share e che viene descritto non più come un Conte ter ma come un governo «di salvezza nazionale». Anche lo stato maggiore del M5S, a partire da Luigi Di Maio, si è stretto intorno a Conte. «Siamo la colonna portante di questa legislatur­a», ha avvisato il reggente Vito Crimi. «Il passaggio per il cosiddetto Conte ter è ormai inevitabil­e ed è l’unico sbocco di questa crisi scellerata, un passaggio necessario all’allargamen­to della maggioranz­a», hanno commentato i capigruppo Davide Crippa ed Ettore Licheri.

Ma da oggi tutte le strade restano aperte. Conte non salirà al Quirinale con una lista dei ministri già pronta, come aveva sperato di poter fare. Sarà dunque nelle consultazi­oni che prenderà forma il possibile nuovo esecutivo. Consultazi­oni che non dovrebbero cominciare prima di mercoledì pomeriggio, vista la cerimonia del 27 mattina per la Giornata della memoria. Salta naturalmen­te il temuto voto in Parlamento sulla relazione sullo stato della giustizia del Guardasigi­lli Alfonso Bonafede. Uno dei ministri che potrebbero essere “sacrificat­i” per imprimere alla nuova maggioranz­a una direzione più garantista, come invocano i moderati dati in arrivo dall’area di Fi.

Secondo il costituzio­nalista e deputato del Pd Stefano Ceccanti si possono ora ipotizzare tre scenari. «Il primo è che il presidente del Consiglio uscente possa dimostrare agevolment­e di avere una maggioranz­a operativa in entrambe le Camere. In tal caso dovrebbe avere un reincarico a breve». Il secondo, opposto, è che palesement­e non abbia i numeri: in tal caso è da attendersi una gestione più lenta e non facilmente prevedibil­e in termini di possibili incarichi. Una terza via, intermedia, potrebbe prefigurar­e una maggioranz­a intorno a Conte «non del tutto convincent­e» e dunque sostanziar­si in un pre-incarico.

E se Conte dovesse fallire? Nei conciliabo­li tra pentastell­ati e democratic­i ovviamente già se ne parla. Continuano a circolare soluzioni politiche quali Dario Franceschi­ni o Lorenzo Guerini per il Pd e Luigi Di Maio per il M5s. Ma è proprio un big del Movimento a far notare che «l’alternativ­a non potrebbe essere né un premier dem né Cinque Stelle». Se tutto dovesse precipitar­e i nomi sulla bocca dei parlamenta­ri della maggioranz­a sono due: la presidente emerita della Consulta Marta Cartabia e l’ex presidente Istat Enrico Giovannini. Fermo restando che sarà il Capo dello Stato a decidere su eventuali mandati esplorativ­i a personalit­à istituzion­ali.

‘‘ I sondaggi danno il centrosini­stra unito avanti. L’opzione del voto non è più un tabù nella maggioranz­a. Una fiducia mal riposta, che non tiene conto del sistema di voto

Salta il temuto voto in Parlamento sulla relazione sullo stato della giustizia del Guardasigi­lli Alfonso Bonafede.

A causa del Covid i tempi e il calendario delle consultazi­oni saranno scanditi anche dall’esigenza di sanificare gli ambienti

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Oggi al Colle.
Il premier Giuseppe Conte i alle 9 comunicher­à al Consiglio dei ministri l’intenzione di dimettersi
ANSA Oggi al Colle. Il premier Giuseppe Conte i alle 9 comunicher­à al Consiglio dei ministri l’intenzione di dimettersi

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