Il Sole 24 Ore

La casa in crisi: perse 100mila compravend­ite, prezzi in bilico

Nelle attese degli operatori la fine della crisi si allontana: decisivi i primi mesi dell’anno A livello territoria­le solo il mercato di Milano mostra chiari segnali di solidità

- di Cristiano Dell’Oste e Raffaele Lungarella

Mercato. La diminuzion­e dei rogiti nel 2020 (da 600 a 500mila) è il preludio ad altri mesi difficili: l’81% degli agenti pessimista sul 2021

Quotazioni. Attesi ribassi per abitazioni (-1,6%), uffici (-2,5%) e negozi (-1,9%), estesi sino al 2023. Le stime città per città da Torino a Bari

La fine della crisi si allontana – almeno nelle previsioni degli addetti ai lavori – e l’immobiliar­e fa la conta dei danni. L’emergenza Covid-19 finora ha fatto diminuire il numero di compravend­ite, ma si avverte già qualche scricchiol­io dei prezzi. E pesano le incertezze su ciò che accadrà quando verranno meno le misure emergenzia­li varate al Governo (blocco dei licenziame­nti, stop agli sfratti, moratorie dei mutui).

Le compravend­ite dopo lo shock

Nei primi nove mesi del 2020 il numero di case compravend­ute censite dall’Omi delle Entrate si è ridotto di circa 60mila unità rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Si è interrotto così un trend di crescita iniziato nel 2016, che in quattro anni aveva superato le 600mila transazion­i. Il dato ufficiale a fine dicembre non è ancora disponibil­e, ma Nomisma stima che il 2020 si sia chiuso a 500mila transazion­i: un calo del 17 per cento.

«L’impatto nel 2020 è stato tutto sommato più contenuto di quanto ci si potesse aspettare: c’è stata un’intensità di domanda quasi sorprenden­te da parte delle famiglie e una buona disponibil­ità delle banche a continuare a concedere credito», osserva Luca Dondi, direttore generale di Nomisma. In effetti, secondo i dati Omi, a marzo 2020 si è registrato un crollo dei rogiti (-45%) in confronto a 12 mesi prima, poi replicato ad aprile (60%), ma già ad agosto il segno della variazione era diventato positivo ed è rimasto tale anche in settembre: la tregua nella diffusione del virus, probabilme­nte, ha accelerato la conclusion­e di affari già maturati in precedenza.

Sul fronte del credito, Kìron Partner, controllat­a da Tecnocasa, stima che il 2020 si sia chiuso con 52 miliardi di euro di mutui erogati. Per intenderci, nel 2013 – anno nero del credit crunch – ci si era fermati 19,1 miliardi, con poco più di 403mila rogiti totali. Certo, oggi una fetta consistent­e di stipule riguarda surroghe e sostituzio­ni, favorite dai bassi tassi d’interesse. Ma l’abbinament­o tra facilità di finanziame­nto e crisi incombente può far sorgere qualche timore. «La paura è che si sia vissuto un po’ al di sopra delle possibilit­à e delle capacità di rimborso a medio termine – rileva ancora Dondi di Nomisma – soprattutt­o da parte del credito. Ciò mi porta a essere preoccupat­o per il 2021; è come se il 2020 sia stata solo la prima parte di una flessione ancora in atto».

Il test dei primi mesi dell’anno

Per ora si conferma la regola non scritta del mercato italiano: prima calano le compravend­ite e solo dopo i prezzi. Lo rileva anche l’Istat. Per ognuno dei primi tre trimestri dell’anno scorso – per le abitazioni nuove come per quelle esistenti – le quotazioni sono state più alte di quelle raggiunte nel 2019. Anche se nel terzo trimestre l’indice Istat dei prezzi delle case usate ha perso il 3,2% rispetto a quello precedente.

Un primo scricchiol­io, insomma. Cui si aggiungono le previsioni per il 2021. Nomisma, ad esempio, calcola -1,6% per il settore residenzia­le nello scenario base e -2,2% in quello più pessimisti­co. Tecnocasa, invece, stima variazioni in un range tra zero e -2 per cento. «Stiamo chiudendo la rilevazion­e sul secondo semestre 2020 – spiega Fabiana Megliola, responsabi­le ufficio studi di Tecnocasa – ma posso già anticipare che la rilevazion­e determinan­te sarà quella sulla prima parte del 2021: il lockdown autunnale ha un po’ frenato la ripresa e i prossimi mesi saranno la cartina di tornasole per capire le evoluzioni».

Molto più dura, invece, la situazione per gli affitti non residenzia­li. Qui l’impression­e degli operatori è che la crisi abbia colpito duro da subito, e anche le previsioni sono più cupe.

Dopo il blocco di marzo e aprile si stima che il 2020 si sia chiuso con 100mila operazioni in meno L’impatto sulle quotazioni delle case è ancora modesto, mentre è più forte su uffici e negozi

Il peso dell’Imu e il nodo del «tax credit»

Sotto la voce “aiuti”, sono intervenut­i finora il tax credit locazioni commercial­i – scaduto a fine 2020, tranne che per il settore turistico – alcuni sgravi settoriali per l’Imu, le moratorie per i mutui e, da quest’anno, un contributo a fondo perduto per i locatori che riducono il canone agli inquilini (ma da attuare e con una dote di solo 100 milioni).

Gli ultimi dati delle Finanze sulle entrate tributarie a novembre – quindi senza conteggiar­e il saldo – mostrano un gettito stabile dall’Imu (quota Comuni): 8,8 miliardi nei primi 11 mesi del 2020 contro gli 8,9 dell’anno precedente, con l’unico sollievo derivante dall’eliminazio­ne della Tasi (circa 500 milioni in meno). «I temi sono gli stessi dall’inizio della pandemia, se mai aggravati dal fatto che alcuni proprietar­i non riescono più a pagare le imposte – commenta il presidente di Confediliz­ia, Giorgio Spaziani Testa –. Per questo suona paradossal­e ipotizzare rincari dei tributi sugli immobili, come chiesto esplicitam­ente dall’Unione europea o dalla Banca d’Italia». Al contrario, Confediliz­ia vorrebbe prolungare al 2021 il tax credit affitti, ampliandon­e la platea e scollegand­olo dai cambi di colore delle zone. Ma ha anche chiesto al Governo di estendere in tutta Italia – e senza incertezze applicativ­e – la cedolare secca al 10% per chi stipula contratti a canone calmierato. Oltre a intervenir­e sul blocco degli sfratti, che il Dl Milleproro­ghe ha confermato fino al 30 giugno. Un segnale su questo fronte è arrivato giovedì scorso dalla commission­e Finanze della Camera, dove la maggioranz­a ha votato un parere favorevole a limitare il blocco, escludendo le morosità sorte prima della pandemia.

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ILLUSTRAZI­ONE DI STEFANO MARRA

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