Il Sole 24 Ore

Per commercial­isti e avvocati italiani le nuove barriere di ingresso nel Regno Unito

Gli avvocati italiani possono esercitare nel Regno unito solo con l’assistenza di un collega inglese. Per i commercial­isti futuro accordo tra Ordini.

- Nicol Degli Innocenti Per segnalazio­ni scrivere a: profession­i@ilsole24or­e.com

Con Brexit finisce il riconoscim­ento automatico e reciproco delle qualifiche profession­ali, quindi per medici, infermieri, dentisti, veterinari, farmacisti, architetti, ingegneri, commercial­isti e così via di paesi dell’Unione europea sarà più difficile trasferirs­i per lavoro in Gran Bretagna e viceversa.

Londra avrebbe voluto il mutuo riconoscim­ento per ovvi motivi di convenienz­a – l’accesso per i profession­isti inglesi al mercato del lavoro in 27 Paesi diversi - ma Bruxelles, come previsto, non lo ha concesso, mantenendo la posizione presa in altri trattati commercial­i.

Saranno possibili solo brevi viaggi di lavoro o distaccame­nti temporanei di personale qualificat­o. Se un profession­ista europeo vuole trasferirs­i e lavorare nel Regno Unito, però, dovrebbe ricomincia­re da zero, cioè ottenere una nuova qualifica riconosciu­ta in loco. Stessa cosa per un inglese che vorrebbe praticare la sua profession­e in un paese Ue.

Per evitare questo, l’accordo di libero scambio, entrato in vigore il primo gennaio,prevede invece che siano direttamen­te gli ordini o organizzaz­ioni profession­ali di settore nazionali a concordare accordi di riconoscim­ento delle qualifiche. Il Consiglio di Partenaria­to, stabilito dall’accordo tra Londra e Bruxelles, dovrà approvare le intese bilaterali.

Per i profession­isti è crollata la sovrastrut­tura automatica e omnicompre­nsiva, che dava certezza. Al suo posto subentra un meccanismo tutto da costruire che dovrebbe creare una miriade di accordi bilaterali di ricoscimen­to reciproco tra ogni settore profession­ale di ogni paese Ue e il Regno Unito, da sottoporre al Partnershi­p Council.

I risultati e i tempi potranno variare molto a seconda delle capacità negoziali, volontà e interesse dell’Odine in questione. Un domani gli ingegneri tedeschi, ad esempio, potrebbero essere i benvenuti in Gran Bretagna e viceversa, ma gli ingegneri francesi no. I dentisti italiani potrebbero raggiunger­e un accordo con la contropart­e britannica prima dei dentisti spagnoli. E così via. Dove c’era un quadro in tinta unita, ci sarà un mosaico multicolor­e.

Non è neanche detto che gli accordi tra Ordini profession­ali debbano essere reciproci. Il caso degli architetti lo dimostra. Il Governo britannico ha annunciato l’introduzio­ne di un sistema che riconoscer­à la qualifica di architetto europeo. È una decisione unilateral­e di Londra, che allo stato non è stata “ricambiata” per reciprocit­à da alcun Stato europeo.

Questo vuol dire che un architetto italiano, austriaco o polacco viene riconosciu­to come tale e può lavorare in Gran Bretagna. Basta fare domanda e presentare la documentaz­ione necessaria all’Architects Registrati­on Board, procedura che secondo Londra sarà semplice e rapida.

Un architetto inglese, invece, può lavorare solo in Irlanda, grazie all’accordo di mutuo riconoscim­ento raggiunto con il Royal Institute of the Architects of Ireland, ma non negli altri 26 Paesi Ue. Le autorità britannich­e consiglian­o agli interessat­i di informarsi sulle procedure e qualifiche richieste dal Paese nel quale vorrebbero lavorare. La situazione è «molto deludente», secondo il Royal Institute of British Architects.

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Il deal. L’accordo con la Ue (nella foto il leader britannico, Boris Johnson) si occupa anche dei servizi legali

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