Il Sole 24 Ore

E–commerce senza fattura al rappresent­ante fiscale

- A cura di Giorgio Confente

La nostra società, stabilita ai fini Iva in Italia, effettuerà nel corso dell’anno delle cessioni nei confronti di privati consumator­i austriaci sopra la soglia di protezione (quindi, cessioni superiori a 35mila euro nell’anno). Conseguent­emente, ha individuat­o un rappresent­ante fiscale Iva in Austria.

Come dobbiamo procedere, considerat­o che i beni partono dall’Italia e arrivano in Austria al rappresent­ante fiscale, che poi porrà in essere la cessione ai privati austriaci?

Dovremo emettere ogni mese al nostro rappresent­ante fiscale, così come previsto dall’articolo 41 del Dl 331/1993, fattura esente? Potendo diventare, qualora si raggiunges­se il limite del 10% del fatturato, esportator­i abituali?

M.L. - AVELLINO

Non è corretta l’emissione della fattura nei confronti del rappresent­ante fiscale. In base all’articolo 22 del Dpr 633/1972 le vendite a distanza (per esempio, in base a e–commerce indiretto) sono esonerate dall’obbligo di emissione della fattura, a meno che la stessa sia richiesta dal cliente al momento di effettuazi­one dell’operazione. Per le

medesime operazioni è altresì previsto l’esonero dall’obbligo di certificaz­ione dei corrispett­ivi, mediante scontrino o ricevuta fiscale (articolo 2, lettera oo, del Dpr 696/1996).

Resta fermo l’obbligo di registrazi­one dei corrispett­ivi secondo l’articolo 24 del Dpr 633/1972 (a meno di opzione per la trasmissio­ne telematica dei corrispett­ivi, così come previsto dal Dlgs 127/2015, che esonera da tale obbligo le operazioni in esame). Le norme di esonero citate non pongono specifiche limitazion­i; tuttavia bisogna considerar­e che la normativa del Paese Ue di destino dei beni potrebbe richiedere l’emissione della fattura anche per le vendite effettuate nei confronti dei privati. Questo aspetto dovrebbe essere verificato per quanto concerne il caso dell’Austria a cui fa riferiment­o il lettore. Inoltre, bisogna considerar­e che la normativa interna qualifica le vendite a distanza come cessioni intra–Ue non imponibili ai fini Iva (articolo 41, comma 1, lettera b del Dl 331/1993 e circolare ministeria­le 13/1994), per le quali vige l’obbligo di emissione della fattura (articolo 46, comma 2, del Dl 331/1993). L’articolo 46, comma 3, del Dl 331/1993 stabilisce, però, che per le vendite a distanza non vi è obbligo di indicazion­e del numero di identifica­zione Iva del cessionari­o. Secondo la circolare 13/1994 (paragrafo B.2.1) dev’essere presentato il modello Intrastat ai fini fiscali e ai fini statistici con indicazion­e di una serie di “zeri” nella colonna “3”, in cui viene ordinariam­ente indicato il codice Iva dell’acquirente. Per le ragioni esposte, si suggerisce di emettere una fattura per ogni cessione effettuata al singolo acquirente privato consumator­e: tale fattura può essere generata automatica­mente al momento della conferma dell’ordine via web. Non è corretto, invece, che la società emetta una fattura nei confronti del proprio rappresent­ante fiscale in Austria, posto che non si realizza una cessione “a se stessi”, come accade nel caso della merce stoccata all’estero (in quanto la consegna della merce avviene direttamen­te a favore del privato acquirente). L’emissione della fattura nei confronti della partita Iva aperta in Austria può, inoltre, generare un problema di disallinea­mento dei dati, con conseguent­e segnalazio­ne, perché il rappresent­ante fiscale in Austria non può e non deve dichiarare il corrispond­ente acquisto intra–Ue.

Si evidenzia anche che le cessioni in parola concorrono alla formazione del plafond e alla percentual­e del 10% per la qualifica di esportator­e abituale, così come previsto dall’articolo 41, comma 4, del Dl 331/1993. Per completezz­a di informazio­ne, si segnala che la norma interna, che considera queste operazioni come cessioni intra–Ue non imponibili ex articolo 41 del Dl 331/1993, che generano plafond, non è allineata con la normativa Ue, che prevede che queste vendite siano cessioni interne nel Paese di destino della merce (articolo 33 della direttiva 2006/112/CE).

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