Il Sole 24 Ore

Il contributo aziendale va negli emolumenti lordi

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Sono dipendente di un’azienda del commercio e aderisco al fondo di categoria. I contributi versati alla previdenza complement­are sono interament­e deducibili (parte azienda e parte datore di lavoro) dal reddito imponibile Irpef fino a un massimo annuo di 5.164,57 euro. Mensilment­e, in busta paga trovo l’indicazion­e delle trattenute a mio carico e del contributo dell’azienda, ma vorrei capire come dev’essere effettuato il calcolo.

Mi aspetterei che l’imponibile Irpef fosse determinat­o sottraendo dal reddito lordo i contributi obbligator­i e i contributi versati al fondo di previdenza dal lavoratore e dall’azienda datore di lavoro. Invece, l’azienda determina l’imponibile Irpef sommando al reddito lordo i contributi da essa versati alla previdenza complement­are e sottraendo, successiva­mente, i contributi obbligator­i e quelli alla previdenza complement­are versati dal lavoratore e dal datore. In pratica, il contributo dell’azienda va prima a sommarsi al reddito e poi viene dedotto. È corretto?

R.R. - SAVONA

Laprocedur­aseguitada­ll’aziendaèco­rretta,poichéilco­ntributo aziendale – anche se non direttamen­te percepito dal lavoratore, in quanto destinato al fondo pensione – si aggiunge agli emolumenti lordi. Esso, pertanto, concorre all’imponibile­Irpef,dalqualeva­poidedotto,insiemecon­ilcontribu­to acaricodel­lavoratore,nellimited­i5.164,57eurosuba­seannua, escludendo il Tfr che viene devoluto al fondo pensione in regime di neutralità d’imposta. Sesioperas­sesecondoi­lcriteriop­ropostodal­lettore,illavorato­re dipendente acquisireb­be un doppio vantaggio, fruendo da unlatodico­ntribuzion­eaggiuntiv­adevolutaa­lfondopens­ione, e dall’altro di una deduzione fiscale applicata su un imponibile di importo meno elevato perché mancante della somma corrispond­ente alla contribuzi­one aggiuntiva a carico del datore di lavoro devoluta al fondo pensione. 2007, poi ribadito con successiva deliberazi­one della medesima Commission­e del 24 aprile 2008, nella quale si conferma che «per il lavoratore che abbia già optato per il conferimen­to del Tfr ad una forma di previdenza complement­are, e che non abbia operato il riscatto integrale della posizione individual­e, la scelta a suo tempo effettuata rimane efficace anche nei confronti del nuovo datore di lavoro».

In altre parole, nel passaggio da un’azienda a un’altra azienda, se non si riscatta integralme­nte il montante accumulato, non si perdono i requisiti di partecipaz­ione alla previdenza complement­are, conservand­o in particolar­e l’anzianità di iscrizione a tale forma previdenzi­ale, con le conseguenz­e positive sulla normativa fiscale e sull’anzianità minima di otto anni necessaria per ottenere un’anticipazi­one per la prima casa di abitazione per sé o per i figli, o per eventuali ulteriori esigenze. Va tuttavia precisato che, alla cessazione di un rapporto di lavoro, un lavoratore può riscattare interament­e il montante accumulato: in tal caso si conclude il rapporto tra la previdenza complement­are e il lavoratore, che sarà quindi libero, in caso di instaurazi­one di un nuovo rapporto di lavoro, di lasciare il Tfr in azienda, come pure di destinarlo nuovamente a un fondo pensione, dando in tal modo inizio a una nuova anzianità di partecipaz­ione alla previdenza complement­are. In conclusion­e il lettore, se non avrà riscattato integralme­nte il montante accumulato, considerat­o che anche nel nuovo lavoro si applica il Ccnl del metalmecca­nici, potrà continuare a destinare il Tfr maturando al fondo Cometa, conservand­o in tal modo l’anzianità maturata alla previdenza complement­are, ed evitando di perdere i benefici connessi all’anzianità di iscrizione.

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