Abusi nella gestione dei dati: c’è la stretta, non le sanzioni
Il Regolamento Ue disciplina obblighi e divieti ma non prevede ancora misure efficaci antiviolazioni. Sotto tiro i marketplace che ospitano altri operatori
Come una spada un po’ spuntata: il Regolamento Ue impone obblighi informativi, ma non ha alcun poterediinfliggeresanzioniche,invece,potrebberoesserestabilitedanuovedisposizioni.Maandiamo con ordine. Come già accaduto negli Stati Uniti, dove un recente rapporto pubblicato dal Congresso ha esplicitamente accusato le grandi aziende del big tech di condotte illiberali, anche in Europa la Commissione europea si è fatta parte attrice nei confronti della più grande e nota piattaforma occidentale di e-commerce avviando un'indagine volta ad accertare eventuali violazioni delle norme antitrust.
Sfruttamento dei dati
L’attenzione della Commissione si è concentrata, in particolare, sull’ipotesi che il soggetto gestore di tale piattaforma, forte del proprio duplice ruolo di fornitore di servizi di intermediazione on-line e di venditore di beni tramite lo stesso marketplace, possa sfruttare sistematicamente le informazioni provenienti dagli altri venditori che si affidano alla stessa piattaforma per la commercializzazione dei propri prodotti, traendone indebiti vantaggi sia nei confronti dei concorimprese renti, sia nei confronti degli utenti finali, cioè i consumatori.
Le informazioni di cui si tratta sono molteplici e vanno dall’identità degli effettivi fornitori o produttori dei prodotti messi in vendita, al numero di unità di prodotti commercializzati, ai ricavi acquisiti, al numero di visite rilevate per singolo prodotto, ai costi ed al numero delle spedizioni effettuate, alla tipologia di reclami pervenuti da parte dei consumatori, alle garanzie attivate e così via. A questi sospetti si aggiunge l’accusa, già sostenuta tempo addietro dalla stessa Commissione, secondo cui il colosso dell’e-commerce in questione avrebbe riservato degli indebiti trattamenti preferenziali non solo a vantaggio dei propri prodotti, ma anche a vantaggio dei prodotti offerti da quei singoli venditori che, oltre ad utilizzare quella piattaforma, hanno accettato di affidarsi ai servizi di logistica e di consegna proposti dal medesimo marketplace, acquisendo così una particolare visibilità all’interno dei cataloghi on-line.
In sostanza, la preoccupazione espressa dalla Commissione europea è che la posizione dominante acquisita da questo, come da altri gestori di marketplace, determini un’eccessiva “dipendenza” delle piccole e medie che a loro si affidano per svolgere attività di e-commerce, costringendole a subire una concorrenza sleale o, addirittura, delle vere e proprie pratiche commerciali vessatorie: in effetti, non sono mancati casi di immotivata sospensione degli account aziendali o di ingiustificato declassamento dei punteggi di affidabilità (cosiddetto “ranking”) o, ancora, di indebito utilizzo dei dati dei clienti o dei fornitori, denunciati dai piccoli operatori commerciali alle autorità antitrust europee.
Consumatori finali
La conseguenza del potere commerciale ed economico acquisito in questi anni dai grandi marketplace è stata quella di far nascere una nuova categoria di soggetti da proteggere, non in quanto parte debole nell’ambito di un contratto di consumo, ma in quanto parte debole di un rapporto tra imprese. In questa dinamica, peraltro, vengono comunque coinvolti anche i consumatori finali, posto che gli stessi, seppur apparentemente gratificati da una complessiva diminuzione dei prezzi dei singoli prodotti o servizi, finiscono comunque per essere “deviati” e “manipolati” nelle loro scelte economiche, non potendo, in effetti, scegliere liberamente e consapevolmente i propri interlocutori commerciali.
Abuso di posizione dominante
Anche muovendosi in quest’ottica, il Regolamento UE 1150 del 2019, cerca di contrastare il fenomeno dell’abuso di posizione dominante delle grandi piattaforme on-line disciplinando proprio le due principali criticità evidenziate dalle autorità antitrust europee, ovvero, la mancata trasparenza nell’utilizzo dei dati forniti dai singoli venditori per l’accesso e l’utilizzo di quelle piattaforme e, dall’altro, le distorsioni alla concorrenza imputabili a giganti dei marketplace, almeno in quei casi ove gli stessi operino anche come venditori di beni e servizi, in concorrenza con i propri utenti commerciali. Così, ad esempio, l’articolo 9 del Regolamento, stabilisce che i fornitori di servizi di intermediazione online devono inserire nei loro termini e condizioni contrattuali una specifica descrizione di come intendono accedere ai dati ed alle informazioni che gli utenti commerciali o i consumatori gli forniscono per l’uso delle piattaforme, descrivendo altresì in che modo possono essere autorizzati a gestire tali dati, anche nei confronti di terze parti.
L’articolo 7 dello stesso Regolamento, invece, disciplina l’ipotesi in cui il soggetto che opera come intermediario on-line intenda riservare un qualunque trattamento differenziato ai prodotti o servizi offerti ai consumatori finali, privilegiando la propria attività di vendita oppure l’attività di quegli utenti commerciali che aderiscano ai suoi programmi di affiliazione o fedeltà. In virtù di tale disciplina, i marketplace saranno ora costretti a rivelare qualsiasi tipo di trattamento differenziato e di favore eventualmente applicato a determinati prodotti, oltre che a chiarire i criteri di posizionamento degli stessi beni all’interno dei motori di ricerca presenti nelle piattaforme.
Eveniamo,quindi,allimite-nonda poco - già descritto: il Regolamento rimane sostanzialmente una disciplina che detta obblighi informativi senza agire concretamente ed in via sanzionatoriasueventualiabusidiposizione dominante;perquestomotivolaCommissione europea si è già riservata di valutarel’emanazionedinuovedisposizioni per definire e sanzionare una serie di condotte vietate, non solo a tutela dei commercianti on-line ma anche, lo si ripete, dei consumatori finali.