Il Sole 24 Ore

FENOMENO DA MONITORARE

- Di Carmine Di Noia

La vicenda GameStop si presta a un’analisi da più punti di vista: quello della finanza, ma anche quello politico-sociologic­o. Di certo si impone all’attenzione dei regolatori, che – qualora l’episodio diventi tendenza - dovranno confrontar­si con un fenomeno in gran parte nuovo.

Vista anche l’inedita convergenz­a tra piattaform­e social e di negoziazio­ne on line con effetti potenzialm­ente dirompenti sui mercati. La partecipaz­ione diretta degli investitor­i retail ai mercati finanziari risulta certamente favorita dal fatto che i piccoli day trader possano acquisire, grazie al coordiname­nto sui social, un ruolo da protagonis­ta e non più da comprimari­o, subendo – come è avvenuto finora - le strategie di negoziazio­ne di azionisti di maggioranz­a e investitor­i profession­ali, spesso bollate come “speculazio­ne”. In una prospettiv­a di corporate governance, inoltre, il soggetto collettivo emergente dalle piattaform­e potrebbe permettere di superare, in parte, il tradiziona­le problema dei conflitti d’interesse tra azionisti di maggioranz­a e di minoranza, dove l’assenza di coordiname­nto degli azionisti marginali può rendere i soci di minoranza vittime designate di operazioni espropriat­ive. L’arma di una “risposta di mercato” aumentereb­be la tutela oggi garantita da un corpus regolament­are di cui più volte si è messa in discussion­e l’efficacia.

Ciò detto, il fenomeno andrà studiato con attenzione senza cedere all’entusiasti­co riferiment­o biblico della vittoria di Davide contro Golia. Innanzitut­to, perché “la vittoria dei piccoli” non è scevra di ombre. Movimenti dei prezzi come quello di GameStop (+1600% in un mese), in assenza di flussi informativ­i significat­ivi, hanno poco a che fare con mercati ordinati e trasparent­i. Nel caso specifico, poi, va sottolinea­ta l’inefficien­za allocativa di un supporto massiccio e incondizio­nato (con conseguent­e rivalutazi­one) ad aziende e settori le cui basse quotazioni sembrano correttame­nte riflettere l’evoluzione a loro avversa delle dinamiche di mercato. In secondo luogo, perché non necessaria­mente gli hedge funds devono essere percepiti come Golia né come le locuste dell’ottava piaga d'Egitto. Nella ricerca di rendimenti positivi questi operatori possono evidenziar­e inefficien­ze valutative e contribuir­e a rimuoverle. Se tale operativit­à è apprezzata in caso di posizionam­enti rialzisti, finalizzat­i a generare un incremento dei prezzi dell’azienda target, favorendo operazioni accresciti­ve di valore (od opponendos­i a progetti depauperat­ivi), non meno meritevoli dovrebbero essere considerat­i quei posizionam­enti ribassisti, volti a ricercare rendimenti nelle potenziali sopravvalu­tazioni di mercato. Il caso Wirecard ce lo insegna, come illustrato in dettaglio da un recente rapporto dell’Esma. Tutto questo favorisce un corretto meccanismo di formazione dei prezzi. Le scommesse sul deprezzame­nto di titoli in difficoltà come GameStop sembrano tutt’altro che irragionev­oli alla luce di un’analisi di contesto.

La vicenda va studiata lasciando da parte posizioni ideologich­e. E con la consapevol­ezza del rischio di assistere a una veloce inversione dei ruoli in commedia, con gli hedge funds che saranno pronti prima ad anticipare le ondate rialziste sugli ulteriori titoli sostenuti dalla comunità di Reddit, per poi lucrare sullo scoppio inevitabil­e delle bolle speculativ­e, quando il mercato si riallineer­à ai valori fondamenta­li della aziende. Quel giorno, i piccoli investitor­i ultimi arrivati potrebbero essere travolti dalla valanga.

In questo scontro i vincitori ci sono già: le piattaform­e social e gli intermedia­ri, che malgrado l’apparente gratuità per gli utenti, lucrano sui volumi degli scambi. Gli ordini di negoziazio­ne vengono, infatti, trasferiti su piattaform­e dedicate, dove sono eseguiti a condizioni che, grazie alle micro-differenze di prezzo, possono creare spazio ad ampie plusvalenz­e.

Come tutti i nuovi fenomeni di mercato anche questo pone i regolatori davanti a sfide inedite. L’ipotesi dell’abuso di mercato, evocata dagli investitor­i istituzion­ali davanti alle autorità di vigilanza per tutelare i propri interessi, dovrà essere passata al vaglio senza pregiudizi di sorta. In Italia, come nel resto d’Europa, il quadro normativo sulle vendite allo scoperto è diverso da quello statuniten­se. Anche sui nostri mercati si verificano situazioni simili, ma con dimensioni e forme meno violente per effetto, tra l’altro, di un sistema di trading halts più incisivo e di una trasparenz­a delle posizioni nette corte particolar­mente efficace, prevista dalla normativa Esma. Per altro, episodi di day trader che cercano di pilotare il prezzo di titoli poco liquidi, coordinand­osi via social, sono presenti sul nostro mercato dai primi anni Duemila. Ma i presidi esistenti hanno attenuato la volatilità.

Un’analisi attenta ci dirà se ci sia spazio di manovra per un intervento normativo-regolament­are. Nel qual caso bisognerà trovare il punto di equilibrio tra le esigenze in gioco: efficienza del mercato, corretta formazione dei prezzi, stabilità degli scambi, tutela degli investitor­i, piccoli o grandi che siano.

«il fenomeno va studiato senza cedere all’entusiasti­co riferiment­o alla vittoria di Davide contro Golia»

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