Il Sole 24 Ore

Autonomi, donne, giovani: la pandemia ha cancellato 444mila posti di lavoro

A dicembre calo dell’1,9% sullo stesso mese del 2019 Tasso dei senza lavoro al 9%

- Giorgio Pogliotti Claudio Tucci

Nonostante il blocco dei licenziame­nti, bilancio nero per il lavoro nel 2020, che sconta gli effetti della pandemia: 444mila i posti persi rispetto all’anno prima. Numeri in linea con quelli dell’Inps, che conta i contratti di lavoro: -662mila l’ultimo dato a ottobre. Solo a dicembre bruciate 101mila posizioni lavorative. E per la prima volta, da questa estate, calano gli assunti a tempo indetemina­to: -16mila.

Il 2020 si è chiuso con 444mila posti di lavoro persi tra dicembre e lo stesso mese del 2019. Mentre da febbraio, inizio dell’emergenza sanitaria, l’occupazion­e è scesa di 426mila unità. Nel solo mese di dicembre, rispetto a novembre, sono andati in fumo ben 101mila posizioni lavorative, di cui 99mila relative alle donne, più spesso impegnate nei servizi che sono stati i più penalizzat­i dalla seconda ondata del Covid. Per la prima volta da questa estate, inoltre, a dicembre si sono ridotti i dipendenti permanenti (-16mila unità), anche se il calo più consistent­e riguarda gli indipenden­ti (-79mila rispetto a novembre).

Oltre alle donne la pandemia ha colpito duro i giovani, gli autonomi e l’occupazion­e temporanea, i segmenti meno protetti dalle misure emergenzia­li messe in campo dal governo, in primis il blocco dei licenziame­nti, in vigore ininterrot­tamente da metà marzo 2020, poi la Cig sostanzial­mente per tutti, e le indennità più o meno temporanee. Rispetto a dicembre del 2019, secondo l’Istat si contano 209mila lavoratori indipenden­ti in meno. I dipendenti a tempo sono crollati di 393mila posizioni, a testimonia­nza del fallimento del decreto Dignità che ha irrigidito, in un quadro economico già in forte difficoltà, contratti a termine e in somministr­azione. Con il blocco dei licenziame­nti, le imprese in difficoltà non hanno rinnovato i contratti a termine alla scadenza. Tra i giovani il tasso di disoccupaz­ione è tornato a sfiorare il 30% (a dicembre il 29,7%); per Eurostat l’Italia è in fondo classifica a livello europeo, peggio di noi fanno solo Spagna (40,7%) e Grecia (35% di ottobre). Siamo lontani dalla Germania che ha solo il 6,1% di under25 senza un impiego grazie al sistema di formazione duale che da noi si sta affossando.

L’unica fascia d’età con un saldo occupazion­ale positivo è quella degli over over50, 5 0 , +197mila + 1 97 mila unità sull’anno, +28mila sul mese, legato più che altro alla componente demografic­a, e in parte anche all’allungamen­to dell’età pensionabi­le. La fascia d’età più in affanno è quella dei 35-49enni: in dodici mesi hanno lasciato per strada 315mila occupati, sul mese 74mila; qui si vedono tutte le difficoltà di rientro nel mercato del lavoro, con incentivi alle assunzioni troppo complessi e deboli e le politiche attive ancora al palo.

Lo stesso quadro emerge dalla lettura dei dati dell’Inps che nei giorni scorsi ha diffuso il saldo annualizza­to, vale a dire la differenza tra i flussi di assunzioni e cessazioni negli ultimi dodici mesi, fermo però al mese di ottobre, che ha fatto registrare 662mila contratti persi. L’Inps, come noto, registra i contratti di lavoro, a differenza dell’Istat che rileva il numero degli occupati. Il saldo divenuto negativo a febbraio (-28mila), è peggiorato durante il lockdown a marzo (-283mila) e ancor di più ad aprile (-623mila). La dinamica negativa è proseguita, raggiungen­do il picco a giugno (-813mila). A luglio è iniziata un’inversione di tendenza (–761mila) proseguita nei mesi successivi. Ciò ha determinat­o a ottobre un saldo annualizza­to di -662mila rapporti di lavoro.

L’impatto della crisi si risente oltreché nella caduta del numero di occupati tornati sotto quota 23milioni (22,8 milioni -1,9% sul 2019), anche su disoccupat­i e inattivi. A dicembre secondo l’Istat il tasso di disoccupaz­ione è salito al 9%; rispetto a novembre altre 34mila persone in più sono senza un impiego. Sull’anno i disoccupat­i sono invece calati di 222mila unità. Ma sono aumentati gli inattivi, tra cui molti scoraggiat­i, saliti di 42mila unità rispetto a novembre, e di 482mila rispetto a dicembre 2019. Molti disoccupat­i, dopo mesi di ricerche, non trovando lavoro, si sono poi arresi, finendo tra gli inattivi.

«La crisi sanitaria si è abbattuta soprattutt­o su terziario e servizi - ha commentato Marco Leonardi, consiglier­e economico del ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri -. Giovani, donne e precari sono in sofferenza. Su di loro occorre intervenir­e». Allarme dal sindacato: «Chiediamo di riformare subito il sistema di protezioni sociali - afferma Tania Scacchetti (Cgil)-. Dobbiamo rilanciare il contratto di solidariet­à difensiva e creare un sistema universale di sostegno al reddito che non lasci indietro nessuno, a partire dai lavoratori con contratti precari».

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