Il Sole 24 Ore

Covid, come e quando serve aggiornare i vaccini

Le aziende stanno ridisegnan­do la vaccinazio­ne «minacciata» dalle varianti. Resta l’incognita dell’approvazio­ne sul modello dell’antinfluen­zale

- Francesca Cerati

Ilaborator­i di tutto il mondo sono già impegnati a comprender­e se le varianti emergenti del coronaviru­s rappresent­ano una minaccia per i vaccini di prima generazion­e. A oggi i d dati ati sono variegati e incompleti quindi non è ancora chiaro se questi cambiament­i siano sufficient­i a ridurne l’efficacia. «Per i vaccini che già sono autorizzat­i, abbiamo chiesto alle aziende farmaceuti­che i dati in loro possesso - ha detto la direttrice dell’Ema, Emer Cooke, in un’audizione alla commission­e Salute dell’Europarlam­ento il 26 gennaio - Al momento si tratta di studi in vitro, e l’ind l’indicazion­e icazi one attua attuale le è c che he con contitinue­ranno a garantire l’efficacia alm meno eno contro controlala variante variante inglese. inglese. Sulla variante sudaf sudafrican­a ricana la questione è più complicata e servono ulteriori studi». Però il 28 gennaio, la società biotech Novavax ha pubblicato i dati deg degli l i stud studi i clinici c che h e dimostrano che il suo vaccino sperimenta­le è efficace all’85% contro la variante inglese, ma meno del 50% contro quella sudafrican­a (nota come 501Y.V2). È la prima prova sull’uomo. E prima ancora i ricercator­i dell'Aaron Diamond Aids Research Center della Columbia University hanno scoperto che i vaccini Pfizer e Moderna erano da 6,5 a 8,6 volte meno potenti contro la mutazione del Sud Africa.

Secondo gli esperti, questo calo è preoccupan­te, perché indica che 501Y.V2 e altre varianti simili possono causare un calo significat­ivo dell’efficacia dei vaccini. «Penso che sia inevitabil­e che i vaccini nel tempo non mantengano il massimo effetto, e che dovranno essere aggiornati. La vera domanda è quanto spesso e quando», afferma su Nature Paul Bieniasz, virologo della Rockefelle­r University di New York City, che ha co-condotto uno degli studi sugli anticorpi neutralizz­anti. Ma c’è anche il tema di una nuova autorizzaz­ione. Un modello per gli aggiorname­nti del vaccino Covid potrebbe essere quello dei vaccini contro l’influenza stagionale. «Questa è una procedura che l’Ema utilizza ogni anno per i vaccini dell’influenza, cioè autorizza sempliceme­nte a inserire nella piattaform­a vaccinale l’antigene che è stato individuat­o per quella stagione. I dati che devono essere presentati non sono clinici, ma di qualità - spiega l’immunologa Enrica Alteri, già capo Divisione Human medicines R&D support dell’Ema - La presentazi­one di una variazione potrebbe essere applicata soprattutt­o ai vaccini a Rna perché la piattaform­a è molto semplice e la parte variabile è un frammento di Rna, lo stesso concetto dei vaccini influenzal­i». Ma se i nuovi vaccini contro l’influenza stagionale non richiedono nuove sperimenta­zioni, per i vaccini Covid il discorso potrebbe non valere perchè mancano le certezze accumulate da decenni di esperienza e di dati clinici. E poi occorre capire come verranno aggiornati. Una possibilit­à è scambiare le ““vecchie” vecchie” versioni della proteina spike con una molecola aggiornata. M Ma a questi questi cambiament­i cambiament­i possano p ossano determinar­e effetti a catena che alterano il modo in cui il sistema immunitari­o reagisce al vaccino? Anche questo aspetto andrà verificato. U Un’altra n ’ a l t r a possibilit­à possibilit­àè sviluppare svilupp are vaccini miltivalen­ti, che includono forme nuove e vecchie della proteina spike in una singola dose. Come si stanno orientando le aziende?

Moderna - che ha già iniziato a lavorare per aggiornare il suo vaccino a mRna - intende testare sia l’efficacia di una terza dose del vaccino originale sia la possibilit­à di un vaccino multivalen­te, come ha riferito Tal Zaks, chief scientific officer di Moderna, parlando il 25 gennaio con gli investitor­i. Aggiungend­o che si aspetta di poter fare affidament­o su studi clinici su centinaia, piuttosto che su migliaia, di partecipan­ti. Ipotesi di tempo necessario? Secondo le stime del noto immunologo Drew Weissman, dell’Università della Pennsylvan­ia di Philadelph­ia, “poiché aggiornare la costruzion­e dei vaccini esistenti è relativame­nte semplice, un nuovo vaccino a Rna potrebbe essere progettato e prodotto per i test c clinici linici entro sei settimane”. Poi si deve sommare il tempo che servirà per ottenere un nuovo via libera da parte delle agenzie regolatori­e e per produrlo su vasta scala.

Come Moderna, anche altri produttori stanno cercando di aggiornare i loro vaccini. Tra questi Johnson & Johnson e Gritstone Oncology. Quest’ultima ha deciso di progettare un vaccino che prende di mira diverse proteine virali, rispetto ai vaccini di prima generazion­e che colpiscono solo l a proteina spike. In questo modo, si spera di rendere difficile per il virus eludere l’immunità in quanto sarebbero necessarie molte mutazioni perchè ciò avvenga. «Puoi inseguire le varianti, oppure puoi provare ad anticiparl­e», ha detto Andrew Allen, presidente della società.

Ma prima di decidere qualsiasi percorso, i ricercator­i dovranno studiare come gli animali, e probabilme­nte gli esseri umani, rispondono a qualsiasi potenziale aggiorname­nto del vaccino.

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Nuove versio versioni. ni. I ricercator­i stanno valutando la possibilit­à che i vaccini contro il coronaviru­s debbano essere aggiornati periodicam­ente, c come ome quello per l'influenza ADOBESTOCK

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