PALAZZO CHIGI E I MINISTRI, IL REBUS DEI PESI POLITICI
Per tutta la giornata di ieri si è parlato di programmi, di un testo scritto da condividere ma il nocciolo della questione è stato altrove, a Palazzo Chigi. Il vero epicentro della crisi resta Conte, come aveva chiarito Renzi nella conferenza stampa in cui ritirò l’appoggio al Governo attaccando innanzitutto il premier su vari fronti. Non è ancora chiaro se i tentativi del leader di Iv di buttarlo giù riuscirà o gli basterà ridimensionarlo affiancandogli dei vice e dei ministri in posti chiave per arginare i suoi spazi di intervento. Si fanno varie ipotesi e ieri, nel giro vorticoso di nomi, è stato spinto anche il Quirinale. Un riferimento fuori luogo ma soprattutto fuori tempo visto che durante le consultazioni - e non nelle ultime ore - era arrivato il suggerimento di garantire una continuità nell’azione di governo in quegli incarichi (come Economia, Sanità, Interni, Difesa, Esteri) che hanno gestito la pandemia e gli aiuti. Interrompere questa linea vorrebbe dire perdere altro tempo anche se al Colle precisano che i consigli non riguardano affatto i nomi né sono arrivati adesso, come a voler turbare una trattativa in corso, ma nei giorni scorsi visto che il capo dello Stato avrà – come è sempre accaduto - un ruolo nella scelta di alcuni ministri.
In questo senso un tassello cruciale, al di là dei dicasteri, è la gestione del Recovery Fund perché la cabina di regia resta uno snodo degli equilibri politici futuri. Sul tavolo, insomma, andrà messo a fuoco pure il tema della task force che era stata la miccia su cui è saltato il Conte II. Una complicazione in più nella redistribuzione dei pesi politici e, se è vero che ci sarà l’ingresso di tecnici, questo non farebbe che diluire la forza dei due partiti principali della coalizione. Un bel rebus per Zingaretti che non può uscirne indebolito, anche al suo interno, a tutto vantaggio di Renzi.
Per il momento, Pd e 5 Stelle reggono sulla difesa a oltranza di Conte che è diventato il simbolo per non darla vinta al leader di Iv. E in effetti per quanto il senatore toscano possa pensare di accettare il premier ridimensionandolo, non sarà semplice concepire un downgrading per riportarlo al ruolo di notaio, laterale in tutte le vicende. Non solo perché nel frattempo il premier ha preso confidenza con stanze e poteri, con l’opinione pubblica e con le regole del consenso, ma perché Palazzo Chigi regala una visibilità unica. C’è la pandemia e i suoi problemi – è vero – ma ci sono anche eventi che regalano una ribalta come la presidenza del G20 - che quest’anno tocca all’Italia - e a stringere la mano ai grandi del mondo sarà Conte. Così come sul Recovery, al netto delle difficoltà e di un ruolo minore, sarà comunque lui ad avere un'interlocuzione con le capitali europee.
Per questa ragione Conte segue la trattativa e la sta aiutando o verso uno sbocco positivo. Ha capito che un contratto è un punto di partenza ma poi sono i fatti e il ruolo che determinano il peso (o no) di una figura politica. Soprattutto se questa stessa figura ha in mente di non lasciare la politica.