Il Sole 24 Ore

Dalle piazze al tribunale, riaperta la sfida tra Navalny e il Cremlino

- — Antonella Scott

«La meraviglio­sa Russia del futuro» è il progetto politico di cui Aleksej Navalny ha parlato in dicembre - poco prima del ritorno in patria e dell’arresto - con l’economista Serghej Guriev. Conversazi­one che la rivista francese Le Grand Continent propone, in diverse lingue, dal momento che ora Navalny «non può parlare».

La Russia di oggi, dice Navalny, «è un regime autoritari­o situato in Europa, ma senza i punti di forza di un normale Stato europeo. La maggior parte dei Paesi a ovest della Russia sono più ricchi di noi e hanno un sistema educativo migliore. In Russia, 25 milioni di persone vivono sotto la soglia di povertà. Il nostro Paese è gigantesco, e tutto il potere èc concentrat­o on centra ton nelle elle mm ani ani di un solo uomo. È ovvio che un sistema fatto in questo modo non può funzionare».

Sotto la neve, e sotto la minaccia dei sistemi sempre più brutali utilizzati dalle forze dell’ordine, i russi che domenica sono tornati a manifestar­e in diverse città russe hanno ripetuto quelle stesse parole. Chiedono la liberazion­e di Navalny, giustizia e democrazia: ma la protesta appare sempre più alimentata dalla rabbia di chi - anche grazie a Navalny e ai suoi filmati di denuncia della corruzione popolariss­imi su YouTube - si sente privato del diritto di determinar­e il proprio futuro.

Perché siete qui?, chiedono i giornalist­i. «Non per tirare pietre - spiega un signore intervista­to dal canale Dozhd -, ma perché viviamo nella povertà e siamo indignati, queste ingiustizi­e durano da troppo tempo». «Non si può più stare ai margini», aggiunge un altro, mentre una signora conferma quanto sembra sempre più evidente: queste persone non hanno più paura. «Sono contro l’FS-B!», scandisce gridando la sigla dei servizi di sicurezza eredi del Kgb.

I modi della polizia, che domenica ha usato lacrimogen­i e bastoni Taser a scarica elettrica, testimonia­no la preoccupaz­ione che il risveglio della protesta suscita nel Cremlino. Che non sembra disponibil­e a stare a vedere quanto può crescere quella che l’economista Evghenij Gontmakher ha definito «una valanga innescata da Navalny», prima di diventare davvero pericolosa per la tenuta del sistema facendolo scricchiol­are.

Ovd-Info, l’organizzaz­ione che sta monitorand­o il numero degli arresti, segnala che domenica con più di 5.300 fermi la polizia ha battuto un nuovo record. Mentre il ministero degli Esteri alza i toni con gli Stati Uniti che con il nuovo segretario di Stato Antony Blinken hanno duramente condannato le repression­i: «Grosse interferen­ze negli affari interni della Russia - attacca il Mid -, un fatto dimostrato tanto quanto la promozione di fake news e inviti a partecipar­e a manifestaz­ioni non autorizzat­e da parte di piattaform­e online controllat­e da Washington».

Il legame che il Cremlino fissa tra protesta e una regia straniera complica notevolmen­te l’impegno di Josep Borrell, in visita a Mosca dal 4 al 6 febbraio mentre si moltiplica­no le richieste di nuove sanzioni contro i russi. Non ultima quella del segretario di Stato francese per gli Affari europei, Clement Beaune, tornato a chiedere alla Germania di fermare il progetto Nord Stream 2 malgrado lo stesso Navalny abbia chiesto più volte di mettere nel mirino gli esponenti del regime legati a Putin, non i progetti.

Ma questo Navalny non potrà dirlo direttamen­te a Borrell. Oggi quello che sta diventando di fatto il punto di riferiment­o principale dell’opposizion­e russa comparirà in tribunale: la procura generale ha già definito «legittima e giustifica­ta» la richiesta delle autorità penitenzia­rie di trasformar­e in condanna reale i tre anni e mezzo di carcere lasciati in sospeso nel 2014. Paradossal­mente, quanto più si diffonde la protesta, tanto più pericoloso Navalny apparirà al Cremlino. Quella di oggi rischia di non essere l’ultima condanna.

L’accusa si è già detta favorevole a commutare in 3,5 anni di carcere reale la condanna sospesa

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Un manifestan­te fermato a Mosca
AFP
La risposta del regime. Un manifestan­te fermato a Mosca AFP

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