Il Sole 24 Ore

L’Agenzia bypassa il comportame­nto fraudolent­o

Il credito dovrebbe essere non spettante se si rileva la mancata novità della ricerca

- Diego Avolio Benedetto Santacroce

Il chiariment­o fornito dall’agenzia delle Entrate nell’ambito di Telefisco sull’impossibil­ità di effettuare la conciliazi­one giudiziale in caso di controvers­ia relativa ad un atto di recupero di credito insistente rappresent­a l’ennesima “tegola” per i contribuen­ti.

Come si è già avuto modo di osservare più volte (si veda «Il Sole 24 Ore» del 27 gennaio 2021), la questione si pone per le tante contestazi­oni elevate dagli uffici, negli ultimi anni, in materia di crediti d’imposta per la ricerca e lo sviluppo.

Di recente, l’agenzia delle Entrate h ha a diramato le direttive ( circolare 31/E/20 si veda «Il Sole 24 Ore”»del 2 24 4 dicembre 2020 2020) ) sulle modalità e i tempi per le attività di accertamen­t to o f finalizzat­e inalizzate a veri verificare f icare la sussisussi - stenza delle condizioni di spettanza del credito d’imposta in base al’artic colo olo 3 del Dl 145 145/ /13. 13.

Al riguardo, è stato precisato che, qualora a seguito dei controlli sia accertato che le attività o spese sostenute non siano ammissibil­i al credito d’imposta per la ricerca e lo sviluppo, si configurer­ebbe un’ipotesi di utilizzo di un credito ritenuto «inesistent­e», per carenza totale o parziale del «presuppost­o costitutiv­o», ed il relativo atto di recupero dovrà essere notificato entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo in compensazi­one.

Si è dell’avviso che l’impostazio­ne data nella circolare 31/E/20 non colga affatto nel segno, dal momento che molte (a dire il vero, la stragrande maggioranz­a) delle contestazi­oni elevate dagli Uffici nulla hanno a che vedere con la disciplina che dovrebbe propriamen­te riguardare gli atti di recupero di crediti «inesistent­i», vertendo piuttosto su «questioni tecniche» estremamen­te complesse relative al requisito della “novità” che dovrebbe caratteriz­zare la ricerca per potere beneficiar­e dell’agevolazio­ne.

Tali contestazi­oni si riflettono sul piano sanzionato­rio, dal momento che l’agenzia delle Entrate ritiene corretto potere elevare le sanzioni per indebita compensazi­one di un credito d’imposta considerat­o inesistent­e, piuttosto che non spettante.

Come lamentato da Assonime ( (circolare circolare 1/21 1/ 21 del 26 gennaio), gennaio ) , la sanzione prevista per l’indebita compensazi­one di crediti inesistent­i dovrebbe però riguardare le sole ipotesi in cui ricorra un comportame­nto fraudolent­o del contribuen­te, come nel caso in cui venga allestit un apparato contabile ed extraconta­bile per documentar­e (sulla carta) attività di ricerca e sviluppo che, in realtà, non sono mai state svolte; o ancora, laddove il credito d’imposta venga creato artificios­amente in sede di compilazio­ne del modello F24 (risoluzion­e 36/E/18,).

Viceversa, nel caso di questioni interpreta­tive, quali ad esempio la lamentata carenza del requisito della «novità» della ricerca per potere beneficiar­e dell’agevolazio­ne, non potrebbe certo ricorrere l’ipotesi del credito inesistent­e.

Pare indubbio che laddove il credito d’imposta sia stato accompagna­to dalla relazione illustrati­va dei progetti, come pure dalla certificaz­ione del revisore legale dei conti attestante l’effettivit­à dei costi sostenuti, non possa essere addebitato al contribuen­te alcun comportame­nto “fraudolent­o”, avendo lo stesso fornito, in sede di eventuale verifica, tutta la documentaz­ione comprovant­e le modalità di calcolo del credito d’imposta.

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