La carta internazionale per superare l’impasse
I principali poli fieristici puntano a crescere sui mercati esteri con nuove manifestazioni. In testa è la Cina, ma si guarda anche a Dubai e all’America Latina
Per superare l’emergenza pandemica, cercando di mettere insieme i pezzi per ripartire, lo sviluppo sui mercati esteri è una delle leve su cui le fiere italiane stanno investendo con decisione, guardando soprattutto al mercato asiatico, unica piazza internazionale in cui le attività sono ripartite già la scorsa estate.
BolognaFiere (195 milioni di fatturato nel 2019 e un calo previsto superiore al 70% nel 2020) è storicamente una delle società fieristiche più attive oltreconfine e in particolare in Cina, dove opera attraverso la controllata BFChina e dove ha in programma di espandersi nel settore del cibo biologico e delle privat label, con il debutto a giugno di Marca China a Shenzhen. Nel mondo della cosmesi, di cui il gruppo bolognese è leader internazionale grazie a Cosmoprof, sempre in Asia inaugurerà a settembre l’edizione di Bangkok, che si aggiunge a quella ormai consolidata di Hong Kong. «Il 2020 è stato un anno impegnativo, ma non siamo stati fermi – spiega Antonio Bruzzone, amministratore delegato di BolognaFiere –. Con un occhio abbiamo guardato per terra, per non inciampare, gestendo le attività ordinarie e le perdite economiche. Con l’altro occhio abbiamo guardato al dopo pandemia, attraverso operazioni straordinarie che possano preparare la ripartenza». Tra queste attività straordinarie, l’avvio del percorso che dovrebbe portare entro giugno alla fusione con Italian Exhibition Group. Ma anche investimenti nel settore dei servizi e degli allestimenti, per potenziare la presenza all’estero: a gennaio sono state aperte una filiale in Cina, a Shanghai, e una a Dubai, che opera sui mercati del Golfo e punta ad agganciarsi al treno di Expo Dubai e dei Mondiali di calcio in Qatar nel 2022. Da poco è stata avviata una branch anche in Messico.
Lo sviluppo delle manifestazioni all’estero sarà, assieme all’integrazione tra fisico e digitale, una delle gambe anche del nuovo piano industriale di Fiera Milano che l’amministratore delegato Luca Palermo, insediatosi a inizio anno, presenterà nella seconda metà di febbraio. Un piano che, spiegano dalla società, «terrà conto del contesto profondamente mutato e guiderà la transizione verso il “new normal”». Il gruppo - che nei primi nove mesi del 2020 ha registrato una perdita dei ricavi del 63,4%, con 67,3 milioni di euro contro i 183,9 milioni dello stesso periodo 2019 – è da tempo operativo su quattro mercati oltreconfine. La Cina innanzitutto, dove in partnership con Deustche Messe organizza oltre 20 manifestazioni: tra queste, Domotex Asia/Chinafloor, che dal 24 al 26 marzo inaugurerà a Shanghai il calendario espositivo di quest’anno. Deutsche Messe è partner di Milano anche in India, dove il gruppo svolge prevalentemente attività di scouting su espositori e buyers. In Brasile Fiera Milano è invece presente da tempo con una sua società (Cipa Fiera Milano) che gestisce nove manifestazioni, così come in Sudafrica, dove organizza una delle principali manifestazioni di arte contemporanea del continente, Ictaf a Città del Capo.
Anche per Veronafiere è la Cina uno dei principali mercati esteri di espansione, nonché l’unico che, in questi mesi, ha mantenuto una – seppur ridotta –programmazione, svolta con un partner locale e dedicata al settori vinicolo, fiore all’occhiello della società fieristica. Dal 21 al 24 marzo si terrà a Chengdu Vinitaly China, con oltre 50 aziende italiane e un calendario di masterclass, mentre a giugno sarà la volta di Wine to Asia a Shenzhen, con 400 espositori e 15mila visitatori attesi. Confermato anche il Vinitaly China Roadshow in collaborazione con Ice, che a settembre sarà a Pechino, Qingdao e Chongqing. Sempre in Cina, il gruppo veronese (105 milioni di ricavi nel 2019 e un calo attorno al 70% nel 2020) ha avviato trattative con interlocutori locali per sviluppare un progetto nel settore marmo-lapideo.
Ma non c’è solo l’Asia, spiega l’amministratore delegato Giovanni Mantovani: una leva strategica per la ripartenza sarà «dotarsi di piattaforme che possano lavorare autonomamente sui tre principali mercati: Europa, Asia e Americhe», spiega il manager. Il gruppo è presente da sette anni in Brasile ed è ora al lavoro per realizzare un evento legato al Vinitaly negli Stati Uniti, auspicabilmente già quest’anno, per lanciare un progetto più strutturato, simile a quello operativo in Asia, da consolidare nei prossimi anni. «Operiamo su questi mercati con partner locali o internazionali – precisa Mantovani –, ma penso che sarebbe interessante se i quartieri fieristici italiani riuscissero a mettere in piedi una piattaforma comune per portare su questi mercati strategici i format di maggiore successo, legati alle eccellenze industriali italiane, dal Food&Wine, alla moda, dal mobile alla cosmesi. Sarebbe una svolta epocale per il nostro sistema».
Milano, Bologna e Verona puntano sulle manifestazioni in Cina, l’unico Paese che ha riaperto le fiere al pubblico