In campo Draghi, l’uomo per l’emergenza
Il professore, ex presidente della Banca Centrale europea ed artefice del salvataggio dell’euro, convocato questa mattina al Quirinale Nel rapporto del G- 30 sulla crisi ha sottolineato: « Le risorse non vanno sprecate. Necessarie scelte che potrebbero c
Tempi molto diversi. Era il giorno delle elezioni politiche, il 4 marzo 2018. Non c’era una crisi politica finita contro un muro. Non c'era una pandemia, che finora ha mietuto ormai quasi 90mila morti. Allora Mario Draghi avrebbe terminato il mandato alla presidenza della Bce solo dopo un anno e mezzo, ma già il suo nome veniva fatto di continuo, e come si vede oggi con molta lungimiranza. « Lui non lo fa il governo, non è un politico » disse la signora Serena, moglie di Draghi, davanti al seggio elettorale nel liceo Mamiani. « Dai, stai zitta » rintuzzò secco il marito. Su questo punto non ha mai risposto, ma non ha neanche mai lasciato uno spiraglio per possibili congetture. Dalla sua uscita dalla Eurotower di Francoforte è passato un anno e tre mesi, periodo in cui si è visto molto poco in pubblico. Ma tutti sanno dov’è. Quasi ogni giorno una puntata in Banca d’Italia, nell’ufficio di governatore onorario – certo non questa mattina.. - brevi periodi nel ritiro di Città della Pieve, ma le sue telefonate incrociate nei piani alti dei palazzi si erano da giorni infittite. Già perché se in apparenza coltiva l’altrove, in realtà è molto presente e si palesa senza preavviso.
Come accaduto a metà dicembre con il rapporto del G- 30, un gruppo di alta consulenza globale, di cui Draghi è alla guida. « Stiamo entrando in una nuova era nella quale saranno necessarie scelte che potrebbero cambiare profondamente le economie » . Insomma serve ora un salto di qualità e vanno compiute delle scelte, su dove puntare la prua.
Un intervento pronunciato in piena seconda ondata, che arrivava quattro mesi dopo la precedente uscita, certamente la più significativa per l'Italia. Infatti l’ex governatore per la sua prima apparizione pubblica dopo Francoforte aveva scelto il Meeting di Cl. « E’ a rischio il futuro dei giovani, bisogna dare loro di più » disse, ribadendo che « c'è un debito buono, se usato per investimenti in infrastrutture e ricerca » , mentre diventa cattivo se finisce in sussidi improduttivi. Sul debito era intervenuto il 26 marzo scorso con una lunga lettera al Financial Times in cui scriveva che « ci troviamo di fronte ad una guerra contro il coronavirus e dobbiamo muoverci di conseguenza » ed è chiaro - scriveva – che la « risposta deve coinvolgere un significativo aumento del debito pubblico. La perdita di reddito del settore privato dovrà essere eventualmente assorbita in tutto o in parte dai bilanci dei governi » . Detta dall’uomo che per tutti ha salvato l’euro, la cosa faceva ( e fa) un certo effetto. « La perdita di reddito non è colpa di chi la soffre » scrisse in un altro passaggio Draghi, e sembra un po’ leggere alcuni passaggi dei documenti economici di Bergoglio degli ultimi anni. Sta di fatto che nel luglio successivo Francesco nomina Draghi ( da lui incontrato anche in privato) membro della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, unica carica da lui accettata. Draghi è un cattolico praticante – senza agitar rosari - ex allievo dei gesuiti del Massimo.
Un percorso lungo e ricco, quello di Draghi, da quando muoveva i primi passi nel mondo universitario dopo la laurea alla Sapienza con Federico Caffè e un dottorato al Mit. Da lì spicca il volo: prima la Banca Mondiale, poi la direzione generale del Tesoro negli anni ' 90, al centro di tutto: privatizzazioni e nascita dell’euro. « L'uomo più potente d'Italia » , scrive un magazine internazionale. Gestisce dismissioni, la ristrutturazione del sistema creditizio, delle regole della finanza, e negozia assieme a Saccomanni e Ciocca il rientro della lira nello Sme. Carlo Azeglio Ciampi ( ma anche Romano Prodi) è il suo punto di riferimento, e quando arriva la vittoria di Berlusconi nel 2001 – con Tremonti al Mef – saluta e lascia. Pochi mesi dopo è ai vertici della Goldman Sachs, e dopo tre anni rientra come Governatore della Banca d’Italia, inizio 2006, dopo la burrascosa stagione di “bancopoli”. Ormai i tempi sono maturi e il consenso è ampio per la sua nomina in Bce, che coincide con la massima crisi del debito sovrano, che in Italia è alimentata dal dissesto politico del Berlusconi- ter. Da Francoforte nell’agosto 2011 parte la famosa lettera con il programma di riforme, firmata da Jean- Claude Trichet e condivisa da Draghi, le cose precipitano fino al summit sulla crisi dell’euro a Bruxelles del 25 ottobre, e le risatine di Angela Merkel e Nicolas Sarkozy ( gli stessi, va ricordato, della tragica passeggiata di Deauville del 2008).
Draghi era già nominato, l’insediamento è il 1 novembre, e quando arriva non perde tempo: il 3 taglia i tassi. Ma le cose in Italia stanno davvero andando male, lo spread arriva a 575, il 12 Berlusconi si dimette, arriva Monti. Ma la crisi del debito e dell’euro continua ad andare avanti, le banche soffrono, e Draghi si mette sotto con gli strumenti di politica monetaria per tenere duro e salvare l’euro. Fino al 26 luglio 2012, quando in una conferenza a Londra pronuncia il granitico « Whatever it takes » , faremo tutto ciò che serve, e aggiunge a braccio « credetemi sarà sufficiente » . Un proclama che scatena un programma a valle di provvedimenti decisivi, tra cui gli Omt già ad agosto, e più avanti il Quantitative Easing. Dura l’opposizione tedesca, ma ormai la coalizione di consenso che Draghi ha costruito attorno alla sua politica è troppo solida, anche oltreoceano in particolare il rapporto con Janet Yellen, già presidente della Fed con Barack Obama e ora Segretario al Tesoro con Joe Biden: emblematica fu la critica di entrambi verso il protezionismo di Donald Trump al simposio di Jackson Hole nel 2017. A breve, quindi, l’incontro alla Casa Bianca.
È l’uomo del « Whatever it takes » , faremo tutto ciò che serve per salvare l’euro, frase pronunciata il 26 luglio 2012