Renzi affonda Conte: ultime liti su Bonafede, Azzolina e Arcuri
A rischio la tenuta del M5S che è diviso sul nome dell’ex presidente della Bce
« Allo stato attuale permangono distanze alla luce delle quali non ho registrato la unanime disponibilità a dare vita a una maggioranza » . Sono circa le nove di sera quando Roberto Fico torna al Quirinale a mani vuote: è fallito il tentativo di ricucire la maggioranza giallorossa attorno a un programma per poi rilanciare il Conte ter. Mentre il tavolo programmatico in Sala della Lupa a Montecitorio era ancora riunito, è stato lo stesso Matteo Renzi ad anticipare ai suoi la decisione infine presa: « La rottura è sul Mes, sulla giustizia, sulla scuola e sui vaccini » . Ossia sulle teste di Alfonso Bonafede, di Lucia Azzolina e del commissario Domenico Arcuri non cadute durante la trattativa.
È l’esito finale di una giornata al cardiopalma che si concluderà con l’annuncio della convocazione per stamane al Quirinale di Mario Draghi e quindi con lo scenario di un governo istituzionale « di alto profilo che non debba identificarsi con alcuna formula politica » , come lo definisce in serata il capo dello Stato Sergio Mattarella. I segnali che Italia Viva era pronta a far saltare l’intesa per un ritorno di Giuseppe Conte a Palazzo Chigi erano evidenti già dalla serata di lunedì, quando nel racconto del confronto con gli ormai ex alleati i renziani evidenziavano soltanto i temi divisivi. Ecco perché il tavolo dei capigruppo di Pd, M5S, Iv e Leu non è mai veramente decollato, nonostante il pressing di dem e pentastellati per chiudere almeno un’intesa di massima.
Ma è la soluzione stessa della crisi sul nome di Draghi che fa capire come Renzi avesse deciso da tempo di disarcionare Conte per puntare sul « governo dei migliori » da lui evocato per settimane proprio attorno al nome dell’ex governatore della Bce. La scelta del presidente Mattarella chiarisce infine a tutti che una trattativa parallela, di fronte alle evidenti difficoltà dei partiti e al logorio dei rapporti anche personali, si è svolta altrove, intrecciando le principali istituzioni del nostro Paese con l’interlocuzione con Bruxelles.
Ora ad essere maggiormente in sofferenza sono proprio il M5S e il Pd, anche perché Mattarella ha preventivamente sgombrato subito il campo dall’ipotesi di elezioni anticipate, agitata ancora ieri pomeriggio in casa pentastellata e democratica. Lo spiazzamento è evidente. Il segretario del Pd Nicola Zingaretti resta in disparte ed è il vice Andrea Orlando a dover prendere atto del mutato scenario: « Il percorso indicato dal capo dello Stato merita attenzione, ma non è facile » . Aggiungendo poi con amarezza che il vero obiettivo di Renzi sia stato fin dall’inizio quello di « sfasciare il centrosinistra e il Pd » , intendendo anche l’abbraccio con il M5S intorno alla figura di Conte.
Il Movimento perde l’unica figura che ancora riusciva a fare da collante. Le lotte intestine tra i Cinque Stelle non si sono mai fermate. Lo dimostra l’addio di ieri del deputato Emilio Carelli, migrato tra i moderati nel centrodestra, e le proteste del grosso dei gruppi parlamentari contro la trattativa portata avanti dal reggente Vito Crimi, rigido nella riunione pomeridiana con i leader - Renzi, Dario Franceschini e Roberto Speranza - nella difesa di Bonafede, Azzolina e persino di Nunzia Catalfo.
Mentre il Pd è orientato sia pure “obtorto collo” ad appoggiare il governo Draghi, ora il problema è la tenuta dei quasi 300 eletti pentastellati. Dopo la notizia della convocazione di Draghi al Colle, Alessandro Di Battista già leva gli scudi. « Repetita iuvant » , scrive su Fb ricondividendo un suo post di fine agosto in cui definiva l’ex governatore Bce « apostolo delle élite » . E a Palazzo Madama si fanno i conti, stimando in 70 i senatori disponibili a sostenere un governo istituzionale.
La priorità del capo dello Stato è mettere in sicurezza l’Italia sui fronti sanitario, economico e sociale