Il Sole 24 Ore

La mossa leghista spiazza il Pd su alleanze e proporzion­ale

Zingaretti: «Serve un governo di lunga durata. Delrio: «Non veti ma programmi»

- Emilia Patta

«Non siamo nelle condizioni di porre veti a nessuno, questo non è un governo politico, ma siamo nelle condizioni di porre questioni di principio: se ci fosse un programma anti-europeista o con contenuto non coerenti con i nostri principi è chiaro che per noi sarebbe un problema, ma su questo Mario Draghi è una delle garanzie migliori». Alla fine è il capogruppo alla Camera Graziano Delrio a tentare di mettere la parola fine allo psicodramm­a andato in onda per almeno 48 ore in casa democratic­a sull’ipotesi - ormai quasi certezza - della presenza della Lega nel governo Draghi. Psicodramm­a che ha visto lo stesso Zingaretti premere molto sulla necessità di dar vita a una maggioranz­a Ursula (M5s, Pd, Forza Italia, Italia viva e Leu, ossia quelle forze politiche che hanno votato a Strasburgo in favore della presidente Ue Von der Leyen) lasciando fuori i sovranisti Matteo Salvini e Giorgia Meloni. «Invieremo le nostre proposte - ha detto Zingaretti - per un programma di governo forte e di lunga durata».

Ora il boccone da mandare giù è davvero amaro per il Pd. E non a caso il primo effetto della scelta della Lega potrebbe essere il passaggio all’opposizion­e della sinistra di Leu, ossia la terza gamba dopo il M5s di quella coalizione che Zingaretti sta lavorando per mantenere in vita, nonostante il naufragio del governo gialloross­o, già a partire dalle elezioni comunali previste in primavera. E paradossal­mente è la competizio­ne più importante, sembra costretto a convergere su di lei. Con la conseguenz­a che al primo turno il Pd rischia di contrappor­si ai suoi “alleati” con una candidatur­a dalla forte impronta antigrilli­na come quella di Carlo Calenda. L’alternativ­a su cui si ragiona al Nazareno è quella di un profilo più “inclusivo” in modo da poter contare al secondo turno sull’appoggio dell’elettorato petastella­to. Ma è ancora tutto in alto mare.

Le alleanze, ma non solo. La strategia di Zingaretti di paziente costruzion­e del nuovo centrosini­stra con M5s e Leu prevede anche una riforma elettorale di stampo proporzion­ale con sbarrament­o al 5%: modello ritenuto più funzionale ad una corsa solitaria con le proprie identità per convergere poi in Parlamento. Ebbene, se il proporzion­ale avrebbe potuto essere una soluzione condivisa nello schema Ursula, con il solo no di Italia Viva che resta favorevole al maggiorita­rio, con l’ingresso di Salvini il quadro cambia. Il leader della Lega è infatti il più fiero oppositore del proporzion­ale: solo un sistema maggiorita­rio a un turno, come è parzialmen­te l’attuale Rosatellum, può dare alla coalizione di centrodest­ra la possibilit­à di vittoria. Tutto da rifare per il Pd?

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Nicola Zingaretti. La strategia del segretario Dem di costruzion­e del nuovo centrosini­stra con M5S e Leu prevede anche una riforma elettorale di stampo proporzion­ale con sbarrament­o al 5%

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