La mossa leghista spiazza il Pd su alleanze e proporzionale
Zingaretti: «Serve un governo di lunga durata. Delrio: «Non veti ma programmi»
«Non siamo nelle condizioni di porre veti a nessuno, questo non è un governo politico, ma siamo nelle condizioni di porre questioni di principio: se ci fosse un programma anti-europeista o con contenuto non coerenti con i nostri principi è chiaro che per noi sarebbe un problema, ma su questo Mario Draghi è una delle garanzie migliori». Alla fine è il capogruppo alla Camera Graziano Delrio a tentare di mettere la parola fine allo psicodramma andato in onda per almeno 48 ore in casa democratica sull’ipotesi - ormai quasi certezza - della presenza della Lega nel governo Draghi. Psicodramma che ha visto lo stesso Zingaretti premere molto sulla necessità di dar vita a una maggioranza Ursula (M5s, Pd, Forza Italia, Italia viva e Leu, ossia quelle forze politiche che hanno votato a Strasburgo in favore della presidente Ue Von der Leyen) lasciando fuori i sovranisti Matteo Salvini e Giorgia Meloni. «Invieremo le nostre proposte - ha detto Zingaretti - per un programma di governo forte e di lunga durata».
Ora il boccone da mandare giù è davvero amaro per il Pd. E non a caso il primo effetto della scelta della Lega potrebbe essere il passaggio all’opposizione della sinistra di Leu, ossia la terza gamba dopo il M5s di quella coalizione che Zingaretti sta lavorando per mantenere in vita, nonostante il naufragio del governo giallorosso, già a partire dalle elezioni comunali previste in primavera. E paradossalmente è la competizione più importante, sembra costretto a convergere su di lei. Con la conseguenza che al primo turno il Pd rischia di contrapporsi ai suoi “alleati” con una candidatura dalla forte impronta antigrillina come quella di Carlo Calenda. L’alternativa su cui si ragiona al Nazareno è quella di un profilo più “inclusivo” in modo da poter contare al secondo turno sull’appoggio dell’elettorato petastellato. Ma è ancora tutto in alto mare.
Le alleanze, ma non solo. La strategia di Zingaretti di paziente costruzione del nuovo centrosinistra con M5s e Leu prevede anche una riforma elettorale di stampo proporzionale con sbarramento al 5%: modello ritenuto più funzionale ad una corsa solitaria con le proprie identità per convergere poi in Parlamento. Ebbene, se il proporzionale avrebbe potuto essere una soluzione condivisa nello schema Ursula, con il solo no di Italia Viva che resta favorevole al maggioritario, con l’ingresso di Salvini il quadro cambia. Il leader della Lega è infatti il più fiero oppositore del proporzionale: solo un sistema maggioritario a un turno, come è parzialmente l’attuale Rosatellum, può dare alla coalizione di centrodestra la possibilità di vittoria. Tutto da rifare per il Pd?