Leveraged cash out legittimo se comporta minor carico fiscale
L’operazione non è elusiva perché ricorrono valide ragioni extrafiscali Valorizzato l’impianto probatorio e il diritto di scelta del contribuente
Una operazione societaria di leveraged cash out non è elusiva se sussiste la prova delle valide ragioni extrafiscali sottostanti, secondo la sentenza Ctr Veneto 30/5/2021, depositata lo scorso 4 gennaio (presidente Prato, relatore Cimenti).
Il caso riguarda una operazione fondata sulla rivalutazione da parte del socio di maggioranza delle partecipazioni possedute nella società e sul successivo acquisto, da parte di una società partecipata, di alcune delle azioni proprie.
La contestazione trae origine dalla qualificazione come abusiva della sequenza negoziale compiuta dal contribuente: quest’ultimo, socio di maggioranza di una holding di partecipazioni, ha rivalutato le proprie quote di maggioranza mediante il pagamento dell’imposta sostitutiva (articolo 5, legge 448/2001). Successivamente, la società acquistava parte di queste quote e veniva poi incorporata in altra società.
Secondo l’ufficio le operazioni societarie avrebbero avuto intento elusivo e abusivo: il contribuente avrebbe conseguito un vantaggio fiscale indebito perché, grazie alla rivalutazione effettuata, avrebbe affrancato la partecipazione evitando di essere assoggetato alle ordinarie aliquote che si sarebbero dovute scontare, riconducendole non già a una figura negoziale tipica, bensì a un reddito di capitale.
Il contribuente ha impugnato l’avviso di accertamento, eccependo la violazione e falsa applicazione dell’articolo 10-bis, della legge 212/2000 e il ricorso veniva accolto dai giudici di primo grado.
L’ufficio interponeva appello, sull’assunto dell’esistenza di vantaggi fiscali indebiti dati dalla sottrazione alla tassazione di riferimento per la distribuzione dei dividendi.
L’articolo 10-bis, legge 212/2000 definisce abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano vantaggi fiscali indebiti. In particolare, sono richiesti due elementi:
● l’ operazione deve essere priva di sostanzaeconomica, cioè non deve poterle essere attribuito uno scopo diverso dal vantaggio fiscale conseguito;
● la sussistenza del vantaggio fiscale indebito, ossia il raggiungimento di un beneficio anche non immediato in contrasto con la finalità della norma applicata o con i principi generali dell’ordinamento.
Nel caso di specie, la Ctr ha valorizzato l’impianto probatorio offerto dal contribuente, che ha adeguatamente esposto le ragioni economiche che hanno determinato la scelta di procedere alla parziale cessione delle proprie azioni in luogo di altre misure, quali la distribuzione dei dividendi o il recesso del socio. In particolare, la distribuzione dei dividendi, che avrebbe coinvolto necessariamente tutti i soci, avrebbe arrecato un pregiudizio sostanziale alla struttura finanziaria della società.
Del resto, come correttamente rilevato dai giudici veneti, è lasciata alla libera disponibilità del contribuente la scelta di cedere azioni precedentemente affrancate o di distribuzione degli utili: queste si pongono sul medesimo piano e hanno pari dignità sistematica, con la conseguenza che sussiste ed è legittimo il diritto di scelta del contribuente di regolare i propri affari nel modo fiscalmente meno oneroso.
L’iter motivazionale seguito dalla Ctr è, dunque, pienamente condivisibile in quanto ha correttamente applicato i principi in tema di abuso del diritto e di ripartizione dell’onere probatorio.