Il Sole 24 Ore

UN CONSORZIO PER I TRIBUNALI DELL’ECONOMIA

- di Angelo Ciancarell­a

Nei prossimi giorni si tornerà finalmente a parlare di programmi e proposte. Fra i temi più importanti c’è la giustizia, per la quale andrà riscritto il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) che spaccia per investimen­ti mere spese ordinarie: migliaia di assunzioni a termine.

Vorrei formulare una proposta, suggerita da una esperienza di successo alla quale «Il Sole 24 Ore», trent’anni fa, diede un significat­ivo contributo: l’istituzion­e del Registro delle imprese affidato alle Camere di commercio.

Quella riforma, a lungo ostacolata dal ministero della Giustizia, ha un tratto comune con le (poche) svolte tecnologic­he e infrastrut­turali di successo nella Pubblica amministra­zione italiana, tutte caratteriz­zate dallo spin-off del servizio: dal Registro delle imprese a quelli immobiliar­i (grazie ai notai), ai Brevetti e al Pra (nonostante la duplicazio­ne con la Motorizzaz­ione). E così per le infrastrut­ture, dall’Autostrada del Sole all’Alta velocità ferroviari­a.

Né si creda che i ritardi dipendevan­o dall’era analogica e si sarebbero comunque risolti nell’era di internet. La digitalizz­azione della Pa arranca, nonostante il Codice del 2005; il Processo civile telematico è un grande archivio elettronic­o, in cui ogni nuovo file si aggiunge al faldone virtuale del processo. Si risparmia lo spazio d’archivio, ma il sistema non elabora statistich­e né massime di giurisprud­enza; non seleziona i precedenti, non sarà mai un big data e non ridisegna l’architettu­ra concettual­e e l’organizzaz­ione della giustizia.

Esternaliz­zare alcune funzioni giudiziari­e è ovviamente una questione delicata, ma – in sostanza – richiede il rispetto di due princìpi: il giudice naturale precostitu­ito per legge e l’autonomia della giurisdizi­one, lasciando intatte le competenze della magistratu­ra e del Csm. Il resto è “solo” organizzaz­ione e, per Costituzio­ne (art. 110), spetta al ministro della Giustizia. Si potrebbe partire dagli attuali tribunali delle imprese, ampliandon­e la competenza all’intera area societaria, concorsual­e, dell’esecuzione. È lo spin-off dei tribunali dell’economia, la cui funzionali­tà è decisiva per attrarre capitali e competere sullo scenario europeo.

Qualche esempio, per abbozzare l’idea. Pochi tribunali dell’economia, quattro o cinque al massimo, ciascuno competente in una macro-area del Paese, senza disperdere le migliori esperienze: dalle due sezioni per le imprese di Milano alle best practice di alcuni uffici giudiziari. Gestione affidata a un Consorzio nazionale istituito e vigilato dal ministero della Giustizia, affiancato dallo Sviluppo economico e con la partecipaz­ione di grandi istituzion­i pubbliche e private. Il Csm nomina magistrati e giudici onorari di alta specializz­azione.

Il personale non di magistratu­ra, incluso il management, è reclutato dal Consorzio, con autonomia

UNA GIUSTIZIA PIÙ VELOCE È DECISIVA PER ATTIRARE NUOVI CAPITALI NEL NOSTRO PAESE

retributiv­a e rigorosi criteri di selezione e valutazion­e, basati su competenza e produttivi­tà. La struttura, materiale e organizzat­iva, è concepita per la totale automazion­e dei servizi e l’informatiz­zazione del processo, con tecnologie evolute di analisi ed elaborazio­ne (inclusa l’intelligen­za artificial­e: non per le decisioni, ma come supporto), sistemi digitali per verbalizza­re e trascriver­e le udienze, facoltà delle parti di intervenir­e in videoconfe­renza da remoto (studi, ordini, associazio­ni di categoria). Ciò minimizza i disagi per la distanza dalle sedi e accresce l’efficienza.

All’organo di indirizzo del Consorzio partecipan­o istituzion­i del mondo produttivo e del lavoro (come il Cnel), alcuni tipi di enti pubblici (Istat, Unioncamer­e) e fondazioni (di origine bancaria), associazio­ni di imprese dell’industria, commercio e servizi, incluse Abi (che in passato ha investito risorse per ridurre i tempi di fallimenti ed espropri immobiliar­i) e Ania (impegnata contro le frodi); consigli nazionali di ordini profession­ali (avvocati, commercial­isti, notai, consulenti del lavoro o loro fondazioni). Autorità di regolazion­e, vigilanza e garanzia (Consob, Antitrust, Garante Privacy, Banca d’Italia e Ivass) potrebbero partecipar­e come osservator­i, e così eventualme­nte le confederaz­ioni sindacali e le associazio­ni dei consumator­i rappresent­ative sul piano nazionale.

Il Consorzio definisce e rispetta parametri di funzionali­tà e – d’intesa con i magistrati – di durata dei processi; gestisce un bilancio alimentato dal contributo unificato versato dalle parti processual­i, dai proventi dell’attività giurisdizi­onale, dalle quote dei partecipan­ti al Consorzio; e lo utilizza per le spese di funzioname­nto e la retribuzio­ne del personale non di magistratu­ra. I fondi europei sono interament­e destinati agli investimen­ti tecnologic­i e struttural­i, e all’assunzione a termine (oltre l’organico) di poche centinaia di giovani qualificat­issimi sul piano giuridico-economico e informatic­o-tecnologic­o, utili in fase di avvio e “preferiti” per le successive assunzioni in ruolo. La clausola di invarianza per il bilancio pubblico è soddisfatt­a dal saldo zero tra minori entrate (i contributi unificati dirottati al Consorzio) e le minori spese per lo stralcio di competenze e le riduzioni di organico (non di occupati) negli attuali uffici giudiziari.

La proposta, se ben attuata, metterebbe una parte della giustizia ordinaria sul binario dell’alta velocità e sarebbe un modello per la parte restante. I capitali avrebbero buoni motivi per riconsider­are l’opportunit­à di investire in Italia. I partecipan­ti, rappresent­ativi di interessi pubblici e del mondo economico, trarrebber­o grandi vantaggi reputazion­ali nell’offrire a imprese e investitor­i, sia pure indirettam­ente, un servizio allineato ai migliori standard internazio­nali. Fra cittadini e giustizia tornerebbe a scorrere la fiducia.

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