L’accusa: Trump è stato il grande istigatore della rivolta a Capitol Hill
I video dell’assalto, i discorsi che hanno delegittimato il voto e scatenato le violenze L’ex presidente bandito a vita da Twitter anche se dovesse ricandidarsi
Un «massive crime», un crimine enorme. «La peggior violazione del solenne giuramento» di un presidente nella storia degli Stati Uniti. Il j’accuse contro Donald Trump è cominciato con queste parole. Seguite da una presentazione-fiume di otto ore nella prima, vera giornata del processo di impeachment al Senato per incitamento all’insurrezione contro le istituzioni democratiche da parte dell’allora presidente. Una presentazione che ha sfoderato, come prove, direttamente frasi e discorsi di Trump. Che ha cercato cioè di trasformarlo, pur assente dal procedimento, nel principale testimone contro se stesso, «istigatore in capo» di violenze che altrimenti non sarebbero avvenute.
Ecco le sue denunce infondate e ripetute di brogli elettorali, di urne truccate, di appelli ai fedeli a lottare fino all’ultimo per riprendersi il Paese. Ripetute per settimane e mesi, prima e dopo le urne, e ancora e soprattutto nel giorno dell’assalto al Congresso, il 6 gennaio, per fermare la certificazione del successo di Joe Biden. Poi i video, le immagini delle violenze di quel giorno, con il tragico bilancio di almeno cinque vittime oltre che del Congresso violato. Fotografia spietata del dramma, che ha fatto ricorso anche a inedite riprese delle telecamere di sicurezza del Parlamento.
L’eco tuttora di quegli eventishock ha spinto ieri Twitter a mettere nero su bianco che la messa al bando di Trump dalla piattaforma di social media, scattata l’8 gennaio, è «permanente», rimarrà in vigore qualora fosse assolto o dovesse ricandidarsi. Una decisione chiarita dal direttore finanziario Ned Segal. Twitter ha anche minimizzato l’impatto di business del divieto a Trump, che aveva 88 milioni di seguaci: gli utenti crescono oggi più della media nonostante «insolite circostanze».
L’attenzione del Paese è però concentrata sul Senato e le responsabilità di Trump. «Le prove dimostrano che ha chiaramente incitato all’insurrezione del 6 gennaio – ha dichiarato il deputato Jamie Raskin, principale “manager” del caso per l’accusa –. Che ha rinunciato al ruolo di comandante in capo ed è diventato il capo di una pericolosa insurrezione». Ancora: agli insorti ha detto di «battersi come dannati, e quel giorno ci hanno portato all’inferno». Raskin ha ricordato come Trump abbia chiesto di ricordare quella giornata «non come una disgrazia, un orrore e un trauma, ma un giorno da celebrare». Se lo consentiremo, ha aggiunto, «rimarrà un’ispirazione per prossime insurrezioni».
Raskin è stato seguito sul podio del Senato da Joe Neguse del Colorado, altro deputato-procuratore. Che ha incalzato sostenendo come Trump abbia «convocato, infiammato e incitato una folla violenta» a lanciare l’assalto a Capitol Hill. Ha evidenziato, quale aggravante, che Trump non ha fatto nulla per fermare violenze e assalti, anzi ha indicato di capirne le motivazioni. Altri deputati-manager, quali Joaquin Castro del Texas, nella sistematica ricostruzione dell’escalation della crisi hanno ricordato come Trump sia stato a lungo, per mesi, il maggior promotore della Big Lie, della grande menzogna di elezioni rubate, e quindi delle «prevedibili» violenze antidemocratiche e contro le istituzioni. «Le sue parole sono diventate le loro azioni», ha detto Castro invocando un rapporto di causa e effetto tra il comportamento di Trump e le violenze.
È rimasto tuttavia Raskin l’anima dell’accusa. Ha attaccato la tesi difensiva, la libertà d’espressione, sposata dagli avvocati di Trump, che interverranno nelle prossime ore. «Descrivere Trump come un cittadino qualunque che esprime un’opinione è sbagliato. Il riferimento al Primo Emendamento, alla libertà d’espressione, è frivolo. Il suo incitamento alla violenza, all’insurrezione, non è coperto dall’Emendamento». Il presidente, al contrario d’un privato, «giura di sostenere e difendere la Costituzione». Trump è piuttosto «come un capo dei pompieri che spedisce gruppi ad appiccare l’incendio e poi li incoraggia» e guarda le fiamme. «Chi può dubitare che sia in violazione del giuramento di proteggere e difendere Costituzione e leggi? È diventato l’”istigatore in capo”. Ha calpestato il suo dovere e deve essere condannato».
Raskin ha aggiunto un altro quesito, per il Paese, in mancanza di condanne: «È questa l’America?». Ma il Senato non è il solo oggi a perseguire Trump: procuratori della Georgia hanno aperto un’inchiesta penale per interferenze dell’ex presidente nel voto nello stato.