Decreto 231, sì alla costituzione di parte civile
Per il tribunale di Lecce il sistema sanzionatorio legittima il via libera
Sì alla costituzione di parte civile contro un ente imputato sulla base del decreto n. 231 del 2001. L’ammissione è stata decisa dal tribunale di Legge nell’ambito del procedimento penale per la vicenda Tap (Trans atlantic pipeline) con società accusata di reati ambientali.
La pronuncia, depositata lo scorso 29 gennaio, dà il via libera alla richiesta di risarcimento avanzata dai danneggiati sulla base di una serie di considerazione. Innanzitutto, il fatto che la possibilità di costituire parte civile non sia prevista dal decreto 231 e che questa omissione corrisponde a una precisa scelta legislativa non è stato considerato determinante. Anzi, «il rinvio operato dagli articoli 34 e 35 del Decreto legislativo 231/2001 consente l’estensione al procedimento degli illeciti amministrativi dipendenti da reato delle norme di procedura penale in quanto compatibili e l’estensione all’ente della disciplina relativa all’imputato, sempre in quanto compatibile».
Una conclusione corroborata da elementi di varia natura. Letterale, in primo luogo, visto che quando il legislatore ha voluto allontanarsi dalle disposizioni ordinarie del Codice lo ha fatto in maniera esplicita (per esempio in materia di informazione di garanzia o di procedura di archiviazione). Va così ricordato che il decreto 231, se non lo prevede, neppure esclude appunto in maniera espressa la costituzione.
Sul piano storico-interpretativo inoltre nella relazione al decreto 231 non è contenuto alcun riferimento che giustifichi la tesi dell’inammissibilità. E ancora, questa volta sul piano sistematico, a dovere essere valorizzato è il legame tra reato e responsabilità da reato degli enti sia con riferimento ai criteri di imputazione oggettiva dei reati dell’ente, rappresentati dal riferimento all’interesse o vantaggio, alternativi o concorrenti, che nei reati colposi di evento vanno riferiti alla condotta e non alla conclusione antigiuridica.
Non può così essere escluso che dalla colpa organizzativa dell’ente, quel deficit di controllo rispetto al modello di diligenza esigibile, spiga il tribunale di Lecce, può essere fatto derivare un danno risarcibile per fatto proprio dell’ente.
Militano tra l’altro in questo senso alcune misure del decreto 231 che delineano un modello sanzionatorio compatibile con l’ipotesi del risarcimento. L’articolo 12 che prevede la riduzione della sanzione patrimoniale quando il danno patrimoniale è stato oggetto di risarcimento oppure l’articolo 17 che, quanto alle sanzioni interdittive, le esclude in caso di condotte interamente riparatorie oppure ancora l’articolo 19 in materia di confisca che, in materia di confisca, rinviando alla parte del prezzo o del profitto del reato che può essere restituita al danneggiato, permette di esercitare l’azione civile per l’accertamento dell’esistenza del medesimo diritto e la determinazione dell’importo.
Non sono poi di ostacolo alla costituzione di parte civile la sentenza della Corte Ue del 2012 e quella della Corte costituzionale del 2014.