Non punibile la maternità surrogata realizzata all’estero
Fuori dal perimetro penale la fase preparatoria, dalle mail ai pagamenti
Non è perseguibile penalmente la cittadina italiana che fa ricorso alla maternità surrogata se il reato si consuma interamente all’estero.
La Cassazione (sentenza 5198) respinge il ricorso del Pm contro la decisione del Tribunale di dichiarare, in assenza di richiesta del ministero della Giustizia, il non doversi procedere nei confronti della coppia che aveva fatto ricorso alla gestazione per altri, perché il reato era stato commesso in Ucraina. Ad avviso del Pm una sentenza fondata su un’interpretazione errata della legge 40/2004 (articolo 12). I giudici di merito non avevano considerato il momento iniziale della condotta e l’ articolato iter, con passaggi significativi dal punto di vista penale: dai pagamenti rateali provenienti dai conti dei “committenti” all’espressione della volontà, punto di partenza del contratto, dallo scambio di mail con la clinica straniera, all’iscrizione dei due gemelli nati grazie al cosiddetto utero in affitto nel registro di stato civile italiano. Il reato sarebbe dunque iniziato in Italia.
Il Pm ha invitato anche la Cassazione a sollevare una questione di costituzionalità se avesse ritenuto priva di tassatività la norma incriminatrice, la cui possibile insufficienza poteva aver portato all’interpretazione censurata. Ma per la Cassazione non serve chiamare in causa il giudice delle leggi perché la norma è tassativa. La Suprema corte parte proprio dalla sua lettura. L’articolo 12, comma 6, punisce «chiunque in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità». Sgombrato il campo dalle condotte di pubblicizzazione o organizzazione che non riguardano il caso esaminato, l’attenzione va posta sul termine «realizza». E non c’è dubbio che il reato si sia realizzato all’estero. In Ucraina, dove la pratica è lecita, gli imputati sono stati visitati, lì è stato commissionato l’intervento e sottoscritto e adempiuto il contratto con il prelievo dei gameti e l’impianto nella madre di parto, previa individuazione della donatrice. Mentre non rientrano nel perimetro penale lo scambio di mail e i contatti propedeutici all’incontro sul posto. Gli imputati non possono essere perseguiti sulla base di un generico proposito di commettere un reato, anche se poi il fatto delittuoso si è realizzato.
La Cassazione ricorda che il ricorso alla maternità surrogata resta illecito, dopo numerosi vagli della Consulta secondo la quale la pratica «offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane» (sentenza 272/2017). Il giudice delle leggi ha però sollecitato una tutela adeguata per i figli nati da maternità surrogata, mentre la Grande Chambre della Cedu ha evidenziato il contrasto con l’articolo 8 della Convenzione del divieto assoluto di riconoscere lo status filiationis per i bambini nati da maternità surrogata.