Imprese in crisi, fondi per 300 milioni Mix di contributi e acquisti di quote
Lo Stato interviene nel capitale quando c’è compartecipazione al rischio Aiuti a fondo perduto solo alle aziende con oltre 250 dipendenti
Al via le richieste per ottenere i fondi per rilanciare le imprese in crisi. Gli attuali proprietari, i potenziali compratori o i dipendenti possono ora contare sul “Fondo per la salvaguardia dei livelli occupazionali e la prosecuzione dell’attività d'impresa” per finanziare progetti di rilancio. Il Mise, attraverso Invitalia, può immettere fino a dieci milioni di euro per l’acquisto di quote di capitale e per erogare contributi a fondo perduto per la salvaguardia dei posti di lavoro. Sono disponibili 300 milioni di euro.
Le imprese che possono richiedere l’intervento dello Stato devono appartenere a una delle classificazioni previste dal Dl 34/20 articolo 43 recante “Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19”.
Possono essere di qualsiasi dimensione, laddove detengano beni e rapporti di rilevanza strategica per l’interesse nazionale, mentre, in assenza di questo pre-requisito, devono avere almeno 250 dipendenti o essere titolari di marchi storici di interesse nazionale. I richiedenti, eventualmente corrispondenti ai precedenti proprietari, possono essere anche nuovi acquirenti interessati a rilevare le aziende oppure i dipendenti stessi dell'impresa che vogliono acquisirla in tutto o in parte; prima di presentare la domanda telematica, l’impresa deve aver avviato un confronto presso la struttura per la crisi d’impresa del Mise. Dall’incontro deve emergere che le imprese sono in difficoltà economico finanziaria come previsto dagli orientamenti comunitari (paragrafo 2.2 della Comunicazione 2014/C 249/01); in alternativa, devono dimostrare lo stato di crisi presentando flussi di cassa prospettici inadeguati a far fronte alle esigenze previste.
L’intervento dello Stato nel capitale dell’impresa, tramite Invitalia, è subordinato alla compartecipazione del rischio da parte di altri soggetti. Investitori privati indipendenti devono apportare almeno il 30% delle risorse previste. L’impresa proponente, in maniera diretta o tramite eventuali acquirenti, deve apportare un contributo che varia in base alla dimensione dell'azienda. Le piccole imprese devono contribuire al progetto immettendo almeno il 25% di quanto necessità, le medie il 40% e le grandi il 50 per cento. Invitalia può realizzare investimenti in quasi equity, in aggiunta o in alternativa all’acquisizione della partecipazione; quest’ultima non può durare più di cinque anni. I richiedenti presentano un piano di ristrutturazione che deve essere idoneo a sostenere la continuità e lo sviluppo dell’attività d’impresa, deve essere volto a ridurre gli impatti occupazionali connessi alla situazione di crisi economico-finanziaria e deve prevedere l’attivazione di capitali privati e pubblici a sostegno dell'attuazione dei piani di ristrutturazione.
Il contributo a fondo perduto, concesso solo alle imprese con oltre 250 dipendenti, è parametrato sul numero di dipendenti e prevede per ognuno di loro una quota massima di 5mila euro l’anno, per tre anni. È subordinato al mantenimento dell’occupazione nell’ambito del programma di ristrutturazione. Il contributo decresce se sono previste riduzioni di personale nel periodo di fruizione del contributo o nei due anni successivi. L’eventuale ubicazione dell’impresa in aree svantaggiate consente un incremento del contributo del 50% per lavoratore per una durata di cinque anni.
La presentazione delle domande è disciplinata dal decreto direttoriale 20 gennaio 2021. Per candidarsi, le imprese devono accedere alla procedura informatica. Il sistema in automatico genera il modulo di domanda. Il sistema rilascia poi il codice identificativo. Ogni azienda può presentare una sola domanda.