La privacy dentro Clubhouse
Ad oggi l’app di vocali più discussa del web è un suggestivo insieme di bolle audio, un tributo alla cultura, ma con giganteschi problemi sotto il profilo delle regole sulla gestione dei dati degli utenti
Pr applaudire si accende e spegne il microfono, appena qualcuno inizia a parlare è automatico dedicarsi ad altro e se ti distrai un attimo scatta un “soliloquio collettivo” che rischia di essere mortale per chi vi ascolta. Parliamo di Clubhouse, il nuovo social network più discusso sulle reti social. Per chi non ne avesse mai sentito parlare di una applicazione che permette di comunicare solo utilizzando la voce, in modalità sincrona. Cioè, a differenza degli altri social più popolari non si scrive non si pubblicano foto o video e nemmeno si postano “vocali”. Si parla o si ascolta in diretta. Come durante una “call” in videoconferenza ma senza video. Un tributo alla cultura vocale, alla radio e ai più moderni podcast.
Tecnicamente si presenta come un vocale condiviso ed educato dove per ora (siamo all'inizio) tutti si ascoltano e quando ne hai abbastanza te ne esci senza dare fastidio a nessuno. È il social che ci meritiamo, hanno commentato in rete, dopo l'orgia di videoconferenze che molti di noi hanno vissuto e stanno vivendo a causa della pandemia. Sembra una di quelle convention monstre che si tenevano quando non c'era il Covid-19 in grandi hotel: ogni stanza una sessione parallela con persone che parlano e sulla porta una targhetta con il titolo del convegno. L'applicazione è stata creata da Paul Davison e Rohan Set (Alpha Exploration) ed è disponibile nell'App Store di Apple da aprile del 2020. Attenzione, per ora è solo per iPad e iPhone. Niente Android, vuole dire che per ora nove smartphone su dieci non ci possono “giocare”. E poi è ad inviti. Ogni account ne ha a disposizione due. La scarsità nel digitale premia sempre. E infatti la strategia per ora almeno a livello mediatico funziona. Secondo le stime di Vincenzo Cosenza, autore del blog Vincos.it ed esperto di social media, in Italia, nell'ultima settimana, è stata la terza app più scaricata e la prima tra quelle social (dati fornitimi da Similarweb) e potrebbe essere attiva negli smartphone di almeno 50mila persone.
Chi c'è su Clubhouse? I soliti dell'avanguardia di internet, la vecchia scuola di chi frequenta i social, poi professori universitari, giornalisti, qualche calciatore, qualche vip della tv e moltissimi professionisti che tengono non brevi pitch su loro stessi per accreditarsi e presentarsi alla comunità. Nella realtà in questa primissima fare Clubhouse è un insieme di bolle audio, affascinanti ma con giganteschi problemi sotto il profilo della privacy. Il garante che si conferma molto attivo sui social nel senso proprio del termine (si veda la vicenda TikTok), avrebbe inviato a Alpha Exploration una richiesta formale per accertarsi che siano rispettati i diritti dei cittadini europei, come prescrive il Regolamento generale comunitario per la protezione dei dati personali (Gdpr). Per quanto, come sostengono gli esperti sia difficile trovare un social che garantisca appieno la conformità al GDPR, nel caso di Clubhouse l'informativa è poco chiara, non specifica per esempio, per
Almeno 50mila persone usano l’applicazione per ora disponibile su iPhone e iPad
quanto tempo vengono trattenute le informazioni e che tipo di profilazione pubblicitaria viene posta in essere. Ad oggi è obbligatorio collegare l'account a un numero telefonico. Quindi diciamo che la prima informazione personale che ti viene richiesta è il numero di telefono che serve per ricevere via Sms il codice di ingresso. Per iscriversi a Clubhouse bisogna avere almeno 18 anni e non ci sono strumenti in grado di verificare l'età che viene dichiarata dagli utenti. I server sono su territorio statunitense. I dati dell'utente, si legge nei termini di utilizzo, possono essere utilizzati in forma aggregata per analisi statistica ma anche per fini pubblicitari. Non è chiaro però lo scopo. Clubhouse utilizza server sul territorio degli Stati Uniti. . Non è chiaro cosa resti a Clubhouse di noi dopo la chiusura di un account. É chiaro invece che la società dice di non essere responsabile per l'uso di eventuali registrazioni da smartphone delle conversazioni e delle comunicazioni e di non essere responsabile per «le perdite di dati e le comunicazioni sia offline che online». In sostanza l'utente utilizza il servizio a proprio rischio e pericolo. Ad oggi non c'è un riferimento alla Gdpr ma solo al California Consumer Privacy Act . La società però si è detta aperta ad adottare altre normative sulla privacy. Nel’ultimo aggiornamento dei giorni scorsi è stata aggiunta la possibilità per tutti, quindi anche per il pubblico, di segnalare un troll anche dopo che ha lasciato la stanza.
Staremo a vedere.