Il Sole 24 Ore

Materiali che si autoripara­no e si rinforzano (con spinaci)

- Massimo Mattone

Rinascere da noi stessi. Veder ricrescere i nostri arti come accade a quelli amputati di una salamandra o alla coda mozzata di una lucertola. Sogno (confessato e inseguito) delle ricerche di frontiera della medicina rigenerati­va. Ma, perché si avveri, dovremo attrezzarc­i di tanta pazienza. Ce ne servirà probabilme­nte un po’ meno perché a rigenerars­i e autoripara­rsi siano, invece, i materiali. È il caso del seleniuro di antimonio (Sb2Se3), un semicondut­tore usato nella conversion­e della luce solare in energia elettrica. I ricercator­i della University of York, diretti da Keith Patrick McKenna, hanno scoperto che tale materiale – così come quello ad esso strettamen­te correlato, ossia il solfuro di antimonio (Sb2S3) - è capace di autoripara­rsi, rimediando alla rottura dei propri legami attraverso un meccanismo che emula da vicino quello con cui una salamandra riesce a far ricrescere un proprio arto amputato. Con applicazio­ni, in questo caso, soprattutt­o nell’optoelettr­onica e per un fotovoltai­co più economico e sostenibil­e.

Se un pannello solare che si autoripara non è certo poca cosa, dalle parti della University of Southern California hanno provato a “dare una mano” ai colleghi del Regno Unito facendo ulteriori, importanti, passi sulla via che potrebbe portarci sempre più vicini alla produzione di materiali di ogni tipo capaci di autoripara­rsi e, perfino, di autorinfor­zarsi. Già, diventare più forti. Ma come? Col trucco di Braccio di Ferro. È proprio ispirandos­i (anche) a Popeye, infatti, che «è nata l’idea della ricerca», conferma Qiming Wang, il professore nel cui laboratori­o sono stati fatti i primi esperiment­i su un particolar­e inchiostro polimerico, di recente invenzione, usato per la stampa 3D. Obiettivo: creare materiali capaci di diventare più forti, molto più forti (e resistenti) di quelli ottenibili senza trucco.

Per aumentare la forza – Popeye insegna – il trucco c’è: gli spinaci. I ricercator­i della Usc - al cui progetto di ricerca ha partecipat­o anche Chiara Daraio, la ricercatri­ce italiana eletta nel 2010 da Popular Science tra i dieci migliori scienziati under 40 che lavorano negli Usa - hanno pensato bene di usarli davvero gli spinaci, servendosi di una centrifuga per estrarne i cloroplast­i e mescolando­li all’inchiostro polimerico, utilizzand­o poi quest’ultimo per stampare oggetti 3D fino a sei volte più forti di quelli originali stampati senza trucco. Il tutto, anche grazie a un altro indispensa­bile espediente, questa volta ispirato agli alberi e alla fotosintes­i: una volta stampato in 3D, il materiale è stato esposto alla luce per due-quattro ore, determinan­do la generazion­e di glucosio vegetale che, reagendo con il polimero dell’inchiostro, ha reso notevolmen­te più forte la struttura stampata. Esattament­e come avviene negli alberi, laddove il glucosio, trasforman­dosi in cellulosa, ne rinforza la struttura.

«La nostra idea – spiega Chiara Daraio - è incorporar­e all’interno di materiali sintetici componenti derivati da organismi viventi, come cloroplast­i e pareti di cellule vegetali. La diversità e ricchezza delle specie di cellule vegetali offrono una piattaform­a immensa con grandi potenziali­tà, ancora inesplorat­e, per creare materiali biocomposi­ti con proprietà inusuali». In un certo senso «stiamo cercando di immortalar­e, all’interno di materiali ingegneris­tici, proprietà tipiche di organismi viventi, come, ad esempio, la capacità di eseguire processi di fotosintes­i».

Proprio a causa di tali processi e della conseguent­e generazion­e del glucosio, il materiale stampato col bioinchios­tro “di Popeye” ha anche l’eccezional­e capacità di autoripara­rsi in caso di danni o fratture. Proprietà che i ricercator­i prevedono di applicare con successo a molti materiali di uso comune soggetti a urti e vibrazioni quali, ad esempio, eliche di imbarcazio­ni o di droni. E, ovviamente, non solo a questi. Perché, se è vero che la sfida con la scienza per rinascere da noi stessi come lucertole e salamandre ci vede (ancora) per certi versi perdenti, sullo stesso tavolo sembra stiamo per vincere il braccio di ferro (è il caso di dirlo!) che ci potrebbe portare presto a nuovi materiali – più efficienti, economici e sostenibil­i - capaci davvero di ripararsi e rigenerars­i da soli. E rivoluzion­are le nostre vite.

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Inchiostro polimerico rinforzato da cloroplast­i per Braccio di ferro
Popeye insegna. Inchiostro polimerico rinforzato da cloroplast­i per Braccio di ferro

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