BTp, boom in asta e i tassi a dieci anni registrano un altro minimo storico a quota 0,46%
Il rally dei BTp, reduci da una serie di sedute di forti acquisti grazie a quello che è stato definito “effetto Draghi”, si è ulteriormente consolidato ieri con i tassi del titolo a 10 anni che sono scesi al minimo storico dello 0,46 per cento. Quasi 20 punti in meno rispetto ai livelli a cui si attestava prima che il presidente Mattarella chiamasse l’ex numero uno della Bce a sbrogliare la matassa della crisi italiana. Il contesto ideale per il Tesoro ieri alle prese con un collocamento da 9 miliardi di euro di titoli a 3, 7 e 20 anni. Tutti piazzati senza problemi con buona domanda e rendimenti in calo. Nello specifico il costo di rifinanziamento a 3 anni si è attestato a - 0,33% ( contro - 0,23% della precedente asta di gennaio), quello a 7 anni a 0,18% ( 0,3% all’asta di gennaio) mentre per il ventennale il rendimento si è attestato all’ 1,14 per cento. L’ammontare collocato è stato, rispettivamente, di 3, 4 e 2 miliardi di euro.
Secondo Althea Spinozzi, strategist per il reddito fisso di Saxo Bank, il Tesoro dovrebbe approfittare del forte interesse manifestato dagli investitori per piazzare il primo bond a 100 anni di scadenza della sua storia. Il rendimento di questo Matusalem bond made in Italy potrebbe attestarsi, secondo l’analista al 2,5 per cento. Attualmente il bond a scadenza più lunga emesso dal Tesoro è un BTp a 50 anni piazzato nel 2016 che oggi rende l’ 1,7 per cento. Nei giorni scorsi la Spagna ha piazzato con successo un titolo a 50 anni.
I rendimenti ai minimi storici e il successo in asta non sono stati frutto solo dell’effetto Draghi. Ieri infatti il vento ha girato a favore di tutto il segmento obbligazionario. A dettare la linea sono stati i Treasury. Sui titoli Usa, reduci da settimane di vendite, sono scattate le ricoperture: i tassi del decennale, che lunedì avevano toccato i livelli pre- Covid all’ 1,2%, sono scesi così all’ 1,15 per cento. Questo è successo alla luce degli ultimi dati sull’andamento dei prezzi al consumo negli Stati Uniti ( a gennaio l’inflazione è cresciuta dell’ 1,4% contro un + 1,5% atteso) e delle recenti dichiarazioni del numero uno della Fed Jerome Powell: « Dobbiamo vedere un’inflazione stabilmente oltre il 2% per anche solo pensare di allentare la politica di stimoli monetari » . Due segnali che hanno smontato il “reflation trade” in atto da qualche tempo sui listini. Ossia quella scommessa basata sull’aspettativa di ripresa dell’inflazione ( anche in scia ai maxi- stimoli annunciati dall’amministrazione Biden) e che ha spinto gli investitori a vendere bond e comprare azioni.
L’onda lunga della “Draghi mania” si è fatta comunque sentire a prescidendere dal generale calo dei tassi. Prova ne sia che lo spread, anche ieri, è sceso di due punti chiudendo a quota 92. E questo nonostante ieri anche i tassi dei Bund tedeschi siano scesi da - 0,43 a - 0,45 per cento.
Quanto ancora può scendere? Secondo vari analisti è credibile l’obiettivo di agganciare la Spagna nel medio termine. Soprattutto se arriveranno indicazioni convincenti dalla squadra di governo e dal nuovo Recovery Plan.
Secondo Saxo Bank il Tesoro dovrebbe cogliere l’attimo e collocare il primo BTp a 100 anni di sempre
In asta collocati BTp a 3, 7 e 20 anni: tassi scesi rispettivamente a - 0,33%, a 0,18% e all’ 1,14%