Florovivaismo: 1,7 miliardi di danni, bene solo l’export
Il settore conta 27mila imprese e dà lavoro a 200mila addetti In crisi la produzione di fiori resistono piante e spesa per la cura dei giardini
Le 27mila imprese italiane del florovivaismo stimano che la pandemia abbia già arrecato al settore danni per 1,7 miliardi. Il calo del fatturato, per alcune aziende, ha raggiunto punte del 40 per cento. Se molte imprese non hanno chiuso i battenti, il merito è dell’export.
Per chi produce e vende fiori, San Valentino è una data importante, rappresenta l’apertura della stagione 2021. La festa degli innamorati vale da sola il 10% di tutto il fatturato annuale, e le 27mila imprese florovivaiste italiane sperano che proprio da qui parta il rilancio di uno dei comparti che più ha sofferto per la pandemia. Le associazioni degli agricoltori calcolano già 1,7 miliardi di danni. La colpa, principalmente, è dell’azzeramento degli eventi pubblici, dalle fiere alle assemblee, dalle cresime ai battesimi. Soltanto per quanto riguarda i matrimoni, ricorda la Coldiretti, nel 2020 ne sono stati celebrati almeno 80mila in meno: la metà, rispetto al 2019.
Il settore florovivaistico ha dunque pagato un prezzo pesantissimo alla crisi causata dal Covid. « Il calo del fatturato, per alcune aziende, ha raggiunto punte del 40% » , racconta Aldo Alberto, presidente dell’Associazione florovivaisti italiani, che da poco è entrato a far parte anche della commissione Fiori e Piante della Copa Cogeca, l’organismo che a livello europeo riunisce tutte le associazioni agricole del continente. « Se le imprese non hanno chiuso i battenti, in un anno così, è stato solo grazie all’export » , sostiene Alberto. Soltanto nei primi dieci mesi del 2020, ricorda la Coldiretti, l’Italia ha venduto all’estero fiori per 777 milioni di euro, solo il 2,7% in meno rispetto all’anno precedente.
Tra le principali destinazioni del made in Italy c’è il Nordeuropa: acquista ranuncoli, garofani e fronde verdi, soprattutto. Anche Stati Uniti e Giappone sono mete importanti. E la Gran Bretagna: « Solo che dopo la Brexit è diventato più difficile esportare - spiega il presidente - perché Londra ha adottato regolamenti fitosanitari più stringenti di quelli che sono in vigore a livello comunitario » .
Secondo la Coldiretti, la produzione italiana di fiori e piante vale 2,7 miliardi di euro all’anno e dà lavoro a 200mila persone. In Europa, ricorda la Cia- Agricoltori italiani, il comparto floricolo nazionale è secondo solo a quello dell’Olanda. Rappresenta il 5% di tutta la produzione agricola italiana e si estende su una superficie di 30mila ettari. Cinque regioni intercettano l’ 80% della produzione nazionale: la Liguria ( 31%), la Campania ( 16%), la Toscana ( 13%), la Puglia ( 11%) e la Sicilia ( 10%).
Nei distretti più importanti, quello di Pescia e quello di Imperia, in queste prime settimane del 2021 si registra un cauto ottimismo, con il calo degli ordini per San Valentino che è stato solo del 15% rispetto all’anno passato. « Tutti abbiamo ancora davanti agli occhi le immagini della primavera scorsa, con i mazzi di fiori appena usciti dalle serre che andavano al macero - ricorda Aldo Alberto - temevamo che per il settore il Covid fosse un’ecatombe. Poi, dopo il primo lockdown, almeno le vendite delle piante e la cura di terrazzi e giardini sono ripartite, e siamo riusciti a contenere le perdite tra il 10 e il 30%, a seconda del sottosettore. In autunno, anche ciclamini e stelle di Natale sono andate abbastanza bene, quasi tutti i prodotti sono stati collocati, per quanto i coltivatori ne avessero piantati di meno rispetto alle quantità abituali. Ad oggi, il problema più grosso rimane quello dei fiori recisi, che risentono di più del crollo delle cerimonie » .
Di aiuti, al florovivaismo, in questi mesi ne sono arrivati pochi: « Come il resto dell’agricoltura - ricorda Aldo ASlberto - abbiamo usufruito della diminuzione per sei mesi dei contributi pagati per i dipendenti, mentre i ristori veri e propri si sono visti soltanto per il mese di marzo » .
Per salvare imprese e posti di lavoro, la Coldiretti chiede dunque nuovi indennizzi a fondo perduto, per coprire i danni subiti dalle imprese e garantire la liquidità necessaria a ripartire con i nuovi cicli produttivi, esonerando il settore dal pagamento di imposte e tasse e dei contributi previdenziali e assistenziali. Inoltre, per sostenere l’export e aprire nuovi mercati di sbocco, secondo l’associazione dei coltivatori è necessario finanziare la promozione del settore e dei consumi nazionali ed esteri, così come bisogna agire a livello diplomatico per rimuovere i blocchi fitosanitari che ancora sussistono per le produzioni vivaistiche italiane in alcuni Paesi.
Ma le maggiori aspettative per il settore arriveranno dal Recovery Fund e dalla nuova Pac. Digitalizzazione delle campagne, foreste urbane per mitigare l’inquinamento in città, invasi nelle aree interne per risparmiare l’acqua, chimica verde e bioenergie per contrastare i cambiamenti climatici sono tutti assi strategici di intervento anche per il settore dei fiori e delle piante, ricorda la Coldiretti. « In Europa il Green New deal avrà un ruolo determinante - aggiunge Aldo Alberto - e ci sono grandi possibilità di avere finanziamenti per le aziende che vogliono investire » .