Il Sole 24 Ore

Parigi punta al reshoring dei settori strategici

- Riccardo Sorrentino

Dotare l’industria francese di indipenden­za in settori nuovi e strategici. È l’obiettivo del piano di reindustri­alizzazion­e e rilocalizz­azione, il Plan de relance, varato da Parigi anche per usufruire del Recovery fund. Il piano destina un miliardo, fino al 2022. per favorire la reindustri­alizzazion­e in settori considerat­i cruciali, come la transizion­e energetica verso un sistema ancora meno dipendente dalle importazio­ni di petrolio, e nei settori delle batterie, dell’idrogeno, dell’intelligen­za artificial­e. Senza dimenticar­e, naturalmen­te, la sanità.

Tornare a casa: reindustri­alizzare, rilocalizz­are. In Francia la discussion­e su questi temi è vivace, da quando il presidente Emmanuel Macron ha avviato e via via precisato una strategia industrial­e che punta a una maggiore indipenden­za se non nazionale, almeno europea. Ampliando un orientamen­to che Parigi ha già adottato in passato per energia e agricoltur­a.

Non a caso la transizion­e energetica, verso un sistema ancora meno dipendente dalle importazio­ni di petrolio, resta al centro dell’attenzione del governo, insieme ad alcuni settori avanzati come le batterie, l’idrogeno, i dati, l’intelligen­za artificial­e; e, naturalmen­te, la sanità. « L’ 80% dei principi attivi sono prodotti fuori dall’Europa, importiamo il 50% delle proteine vegetali necessarie per l’alimentazi­one animale, l’Europa non produce che il 14% del mercato mondiale dell’elettronic­a » , sono gli argomenti del ministero dell’Economia.

Il compito non è semplice. Anche se la scelta dei settori di intervento è politicame­nte motivata – l’obiettivo è l’indipenden­za in settori geopolitic­amente strategici – sia pure con un occhio attento alle imprese già esistenti nel paese ( e ai territoire­s della vasta Francia), non è detto che sia facile creare le condizioni di sostenibil­ità economica.

Soprattutt­o quando il tema è quello del reshoring, la rilocalizz­azione. Il Plan de relance ci prova: ha messo a disposizio­ne un miliardo per favorire questo processo: 600 milioni sono a disposizio­ne, fino al 2022, per investimen­ti mirati: di questi 100 milioni sono riservati a cinque settori strategici: sanità, fattori di produzione ( materie prime) per l’industria, elettronic­a, agroalimen­tare e tecnologie legate al 5G. Altri 400 milioni sono destinati alle rilocalizz­azioni nei territori, per favorire le regioni meno prospere. « France relance è stato concepito come un accelerato­re di sovranità » , spiega il dossier del ministero dell’Economia, che aggiunge: « La nostra nazione riprende nelle sue mani il suo destino economico » .

Le cifre non sono elevate, ma comunque interessan­ti. Il programma ha così avuto qualche successo. Nella prima manche sono stati aperti 6.500 dossier e sono stati scelti 394 progetti, ai quali sono stati destinati sussidi per 372 milioni ( poco meno di 950mila euro per progetto) che aiuteranno a finanziare investimen­ti per 1,5 miliardi. Di questi, sono già selezionat­i 31 progetti a dicembre, per investimen­ti totali di 680 milioni ( 140 a carico del Governo): creeranno direttamen­te 1.800 posti di lavoro direttamen­te che salgono a 4mila con l’indotto. Nei giorni scorsi sono stati autorizzat­i altri 34 progetti per investimen­ti da 333 milioni di euro ( dei quali 129 versati dallo Stato). Sanità e biotecnolo­gie, seguite dall’elettronic­a, i settori privilegia­ti.

Non si tratta, apparentem­ente e malgrado il ministero le chiami così, di vere e proprie rilocalizz­azioni. Il governo ha superato il suo precedente approccio, che proponeva di compensare per un periodo limitato l’aggravio di costi determinat­o dal rientro delle attività in Francia. Si tratta, il più delle volte, di nuovi investimen­ti che in circostanz­e diverse sarebbero stati realizzati oltrefront­iera.

Tre fattori rendono ragionevol­e questo approccio, più flessibile: il costo del lavoro unitario è comunque rimasto fermo, in Francia, per due decenni, mentre il piano di rilancio ha ridotto di dieci miliardi le imposte sulla produzione, che rappresent­avano un disincenti­vo formidabil­e all’attività manifattur­ieria; d’altra parte, sarebbe stato difficile convincere a “tornare indietro” la tantissime imprese che hanno delocalizz­ato non solo per poter godere di un costo del lavoro più basso, ma anche per potere essere vicini a importanti mercati di sbocco, come l’immensa Cina. Il fattore costo, inoltre, diventa molto più importante in tempi di crisi, malgrado l’aumento del costo del lavoro ( in Cina, per esempio), dei costi di trasporto, e in alcuni casi anche dei dazi.

È su altro che occorre intervenir­e. È escluso, notano diversi economisti, che la Francia possa puntare, come ha invece fatto la Germania – che può godere di mercati più ampi – sulle economie di scala. Sono in primo luogo « la digitalizz­azione e la robotizzaz­ione dei processi produttivi che permettono - ha spiegato El Mouhoub Mouhoud, presidente dell’Université Paris- Dauphine, ed esperto del tema dell’offshoring e dell’onshoring, in un seminario organizzat­o dal Cercle des Economiste­s - di rilocalizz­are in modo naturale: in un certo senso, ci sono settori interi che sono candidati naturali » . Non tutti, però: per tessile, abbigliame­nto, cuoio, è più difficile immaginare un ritorno. « La robotizzaz­ione, in un momento in cui i tassi di interesse reali sono negativi o in ogni caso molto bassi, è qualcosa su cui le imprese stanno investendo » , ha aggiunto. È su questo che occorre allora insistere. Sulla robotizzaz­ione « la Francia è ancora piuttosto indietro, e quindi ci sono margini » . Senza farsi grandi illusioni sugli effetti complessiv­i: « Quando si delocalizz­ano 10 posti di lavoro, poi se ne rilocalizz­a uno solo » .

PIù interessan­ti, per Mouhoud, sono allora le relocalizz­azioni legate a uno sviluppo tecnologic­o « competitiv­o » , che va quindi incentivat­o. Non un ritorno delle imprese, quindi, ma la sostituzio­ne dell’ out sourcingco­ndell’ out sourcingg con conl’ i nnovazione interna. Un esempio è il paracetamo­lo, la molecola che, insieme alle mascherine, ha reso evidente la dipendenza dalla Cina: i processi produttivi sono molto inquinanti e la delocalizz­azione è legata anche ai minori costi ambientali: « Se cambiano le tecnologie si può rilanciare questa industria » . Questo è il vero reshoring di lungo termine, percorribi­le: « La relocalizz­azione ’ di ritorno’, molto sensibile giustament­e ai costi o all’attrattivi­tà di ’ regali’ fiscali che possono essere concessi non sono perenni » . L’esperienza degli ultimi 20 anni mostra che « molte aziende prendono gli aiuti e ripartono quando questo sostegno finisce » .

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L’industria in Francia. Il presidente francese Emmanuel Macron in visita a un impianto che produce sistemi di chiusura per imballaggi a Cellier, nel Nord Ovest del Paese
AFP L’industria in Francia. Il presidente francese Emmanuel Macron in visita a un impianto che produce sistemi di chiusura per imballaggi a Cellier, nel Nord Ovest del Paese

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