Biden telefona a Xi e lo incalza su espansionismo e diritti umani
Hong Kong, Taiwan e Uiguri al centro del primo colloquio tra i due leader Il presidente Usa favorevole a cooperazione se produrrà « vantaggi per il mio Paese »
Joe Biden parla con Xi Jinping. Ma il primo colloquio telefonico tra i due leader, se ha aperto nuove linee di comunicazione diplomatica, ha portato alla luce anche le “relazioni pericolose” che oggi intercorrono tra Stati Uniti e Cina.
Fin dal resoconto ufficiale e divergente della conversazione: le versioni americane hanno sottolineato che la Casa Bianca ha espresso a Xi l’allarme per le violazioni di diritti umani e l’aggressività militare ed economica. Pechino, invece, avrebbe chiesto a Washington prudenza su questioni classificate come « domestiche » e soprattutto invitato alla « cooperazione » , definita quale « sola scelta » per la relazione bilaterale « più importante » al mondo.
Era una telefonata scottante, fin dal prologo: Xi avrebbe voluto avvenisse rapidamente, all’indomani dell’inaugurazione di Biden il 20 gennaio alla Casa Bianca. Aveva cercato di organizzare un’iniziale missione a Washington, affidata al suo principale diplomatico Yang Yiechi, ricevendo però un’accoglienza fredda all’idea. Biden aveva di proposito preferito consultare prima di tutto gli alleati nella regione, dall’India all’Australia, dalla Corea del Sud al Giappone, lasciando in sala d’attesa Pechino.
Biden, rotti adesso gli indugi, ha fatto sapere di aver apostrofato Xi senza mezzi termini nel colloquio diretto: ha dato voce a « fondamentali preoccupazioni sulle pratiche economiche coercitive e ingiuste di Pechino, sulla repressione a Hong Kong, sugli abusi dei diritti umani a Xinjiang » , dove vive la minoranza musulmana degli Uiguri. Ha aggiunto la denuncia delle « sempre più aggressive azioni nella regione, anche nei confronti di Taiwan » .
Pechino, segno delle tensioni, ha di recente sorvolato con aerei militari lo spazio aereo nei pressi di Taiwan, sulla quale rivendica sovranità; gli Stati Uniti hanno risposto con manovre della marina.
Il Segretario di Stato Antony Blinken aveva inoltre sottoscritto la decisione dell’amministrazione Trump di dichiarare genocidio la persecuzione degli Uiguri e l’atteggiamento più determinato di Washington nei confronti di Pechino negli ultimi anni. E il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan aveva minacciato « costi » per la Cina in risposta alle crisi di Honk Kong, degli Uiguri e di Taiwan.
Il neo- Presidente americano ha tuttavia anche tenuto aperte le porte alla diplomazia con Xi. « Gli ho detto che lavorerò con la Cina quando è a vantaggio della popolazione americana » , ha twittato. Tra le frontiere di collaborazione Biden ha citato il cambiamento climatico, la proliferazione nucleare, la lotta alle pandemie. Parte di un atteggiamento che intende avviare un severo confronto evitando però escalation unilaterali, imprevedibili e/ o prive di intese multilaterali e con gli alleati. La dottrina di Biden, al contrario dell’America First di Trump, prescrive sulla carta un fronte comune perché Pechino renda conto delle sue violazioni e apra a riforme rispondendo positivamente alle pressioni.
Biden ha fatto capire di non avere neppure fretta, quale forma di pressione, di cancellare sanzioni commerciali e tecnologiche contro Pechino fatte scattare da Trump. Nelle ultime ore la sua amministrazione ha anche congelato la cessione della app TikTok della cinese ByteDance a Oracle e Walmart, ideata nei mesi scorsi per superare obiezioni di sicurezza e privacy. Sul più vasto fronte delle tensioni strategiche