L’Iva scatta se c’è legame operazione- corrispettivo
È questa la posizione della Commissione sposata da gran parte degli Stati
Per gli aggiustamenti transfer pricing calcolati ai fini delle imposte dirette, l’Iva scatta solo se esiste un corrispettivo e un collegamento tra tale corrispettivo e l’operazione originaria. Questa è la posizione espressa dalla Commissione Europea e sposata dalla maggior parte degli Stati Ue ( si veda la tabella in alto). Le regole in materia di transfer pricing sono volte a determinare il valore normale di una transazione tra parti collegate mentre la base imponibile ai fini Iva corrisponde, quale regola generale, al corrispettivo effettivamente pagato a fronte di una cessione di beni ovvero di una prestazione di servizi. In ambito Iva, il valore normale è circoscritto e può essere applicato con la finalità di prevenire evasioni ed elusioni. L’Iva, inoltre, è un’imposta che si applica sulle singole transazioni, mentre l’aggiustamento ai fini del transfer pricing policy viene tipicamente effettuato “per masse”.
La tematica che si pone è se l’aggiustamento operato ai fini transfer pricing possa qualificarsi come un corrispettivo rilevante ai fini dell’Iva. Per tale imposta non è richiesto che il corrispettivo sia pari al valore normale: ai sensi dell’articolo 73 della direttiva 112/ 2006/ Ce rileva quanto effettivamente versato al fornitore. Dovrà poi essere possibile trovare un collegamento diretto tra l’adjustment e la specifica transazione.
La questione è ampiamente dibattuta sia a livello comunitario sia a livello nazionale, ma ad oggi non vi sono indicazioni vincolanti e soprattutto uniformi nei vari Stati membri.
Con il Working paper n. 923 del 28 febbraio 2017, il Comitato Iva della Commissione Europea ha avviato un dibattito in merito alla eventuale rilevanza Iva degli aggiustamenti effettuati ai fini transfer pricing, coinvolgendo anche il Veg ( Vat expert group, documento Veg n. 71 del 18 aprile 2018). Il Veg afferma, in effetti, che essendo i due comparti impositivi dal punto di vista concettuale totalmente differenti, in ottica di semplificazione sarebbe raccomandabile escludere in via generalizzata la rilevanza dei Tp adjustment ai fini Iva.
Allo stato attuale, mancando una disposizione comunitaria in tal senso, la rilevanza Iva va verificata applicando appunto le regole proprie dell’Iva e, quindi, dovendo effettuare necessariamente le valutazioni caso per caso.
Il Working paper identifica, quindi, i seguenti elementi quali essenziali per poter considerare un transfer pricing adjustment come rilevante ai fini Iva:
la presenza di un corrispettivo effettivamente pagato tra le parti in denaro o in natura;
l’individuazione delle cessioni di beni o delle prestazioni di servizi che subiscono la modifica del prezzo;
un link diretto tra le operazioni di riferimento e il corrispettivo.
Ad esempio, quando l’adjustment ha la finalità del raggiungimento di un determinato margine di profitto, senza un collegamento alcuno con le operazioni di riferimento non rileverà ai fini dell’Iva.
In tale contesto, vanno esclusi altresì i Tp adjustments che non dipendono dalla volontà delle parti , come ad esempio l’aggiustamento effettuato a seguito di una verifica fiscale.
A livello nazionale con la risposta n. 60 del 2018, l’agenzia delle Entrate si è allineata ai principi indicati dal Working paper ribadendo che i Tp adjusment incidono sulla determinazione della base imponibile Iva, qualora: a) vi sia un corrispettivo b) siano individuate le cessioni di beni o forniture di servizi cui il corrispettivo si riferisce; c) sia presente un legame diretto tra le cessioni di beni o forniture di servizi e il corrispettivo.
Nell’analisi che si dovrà effettuare, i principi sopra richiamati dovranno essere attentamente considerati e applicati, non potendosi escludere a priori la rilevanza ai fini Iva dei Tp adjustment.