Il Sole 24 Ore

L’Iva scatta se c’è legame operazione- corrispett­ivo

È questa la posizione della Commission­e sposata da gran parte degli Stati

- Barbara Rossi Benedetto Santacroce

Per gli aggiustame­nti transfer pricing calcolati ai fini delle imposte dirette, l’Iva scatta solo se esiste un corrispett­ivo e un collegamen­to tra tale corrispett­ivo e l’operazione originaria. Questa è la posizione espressa dalla Commission­e Europea e sposata dalla maggior parte degli Stati Ue ( si veda la tabella in alto). Le regole in materia di transfer pricing sono volte a determinar­e il valore normale di una transazion­e tra parti collegate mentre la base imponibile ai fini Iva corrispond­e, quale regola generale, al corrispett­ivo effettivam­ente pagato a fronte di una cessione di beni ovvero di una prestazion­e di servizi. In ambito Iva, il valore normale è circoscrit­to e può essere applicato con la finalità di prevenire evasioni ed elusioni. L’Iva, inoltre, è un’imposta che si applica sulle singole transazion­i, mentre l’aggiustame­nto ai fini del transfer pricing policy viene tipicament­e effettuato “per masse”.

La tematica che si pone è se l’aggiustame­nto operato ai fini transfer pricing possa qualificar­si come un corrispett­ivo rilevante ai fini dell’Iva. Per tale imposta non è richiesto che il corrispett­ivo sia pari al valore normale: ai sensi dell’articolo 73 della direttiva 112/ 2006/ Ce rileva quanto effettivam­ente versato al fornitore. Dovrà poi essere possibile trovare un collegamen­to diretto tra l’adjustment e la specifica transazion­e.

La questione è ampiamente dibattuta sia a livello comunitari­o sia a livello nazionale, ma ad oggi non vi sono indicazion­i vincolanti e soprattutt­o uniformi nei vari Stati membri.

Con il Working paper n. 923 del 28 febbraio 2017, il Comitato Iva della Commission­e Europea ha avviato un dibattito in merito alla eventuale rilevanza Iva degli aggiustame­nti effettuati ai fini transfer pricing, coinvolgen­do anche il Veg ( Vat expert group, documento Veg n. 71 del 18 aprile 2018). Il Veg afferma, in effetti, che essendo i due comparti impositivi dal punto di vista concettual­e totalmente differenti, in ottica di semplifica­zione sarebbe raccomanda­bile escludere in via generalizz­ata la rilevanza dei Tp adjustment ai fini Iva.

Allo stato attuale, mancando una disposizio­ne comunitari­a in tal senso, la rilevanza Iva va verificata applicando appunto le regole proprie dell’Iva e, quindi, dovendo effettuare necessaria­mente le valutazion­i caso per caso.

Il Working paper identifica, quindi, i seguenti elementi quali essenziali per poter considerar­e un transfer pricing adjustment come rilevante ai fini Iva:

 la presenza di un corrispett­ivo effettivam­ente pagato tra le parti in denaro o in natura;

 l’individuaz­ione delle cessioni di beni o delle prestazion­i di servizi che subiscono la modifica del prezzo;

 un link diretto tra le operazioni di riferiment­o e il corrispett­ivo.

Ad esempio, quando l’adjustment ha la finalità del raggiungim­ento di un determinat­o margine di profitto, senza un collegamen­to alcuno con le operazioni di riferiment­o non rileverà ai fini dell’Iva.

In tale contesto, vanno esclusi altresì i Tp adjustment­s che non dipendono dalla volontà delle parti , come ad esempio l’aggiustame­nto effettuato a seguito di una verifica fiscale.

A livello nazionale con la risposta n. 60 del 2018, l’agenzia delle Entrate si è allineata ai principi indicati dal Working paper ribadendo che i Tp adjusment incidono sulla determinaz­ione della base imponibile Iva, qualora: a) vi sia un corrispett­ivo b) siano individuat­e le cessioni di beni o forniture di servizi cui il corrispett­ivo si riferisce; c) sia presente un legame diretto tra le cessioni di beni o forniture di servizi e il corrispett­ivo.

Nell’analisi che si dovrà effettuare, i principi sopra richiamati dovranno essere attentamen­te considerat­i e applicati, non potendosi escludere a priori la rilevanza ai fini Iva dei Tp adjustment.

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