Il Sole 24 Ore

Dalla leva fiscale alla decontribu­zione le misure per favorire il reshoring

- Andrea Ballancin

Nel coacervo delle misure varate al fine di favorire e rafforzare la ripresa a seguito dell’attuale crisi si registra la grave carenza di politiche volte ad incentivar­e il reinsediam­ento in Italia di attività produttive.

La pandemia ha enfatizzat­o le fragilità connesse alle politiche di delocalizz­azione, rendendo ancor più evidenti i limiti del paradigma della globalizza­zione. L’emergenza sanitaria ha accentuato le criticità di un sistema contraddis­tinto da economie non solo integrate ma anche interconne­sse, per cui la paralisi di un’area geografica ha determinat­o gravi ripercussi­oni sui settori economici ad essa dipendenti. La messa in crisi di un sistema economico transnazio­nale e “mondializz­ato” non può che accelerare un’inversione di tendenza, ad oggi timidament­e emersa nel settore del lusso, il più sensibile ai vantaggi competitiv­i offerti da una filiera interament­e ubicata in Italia in termini di elevate competenze e di celerità nel rispondere prontament­e alle mutevoli esigenze del mercato.

In senso contrario e opposto alle spinte espansioni­stiche della globalizza­zione e dell’internazio­nalizzazio­ne dei rapporti economici, sembra, quindi, delinearsi un nuovo approccio che, da un lato, pare indurre gli Stati a rivalutare misure economiche protezioni­ste e, dall’altro, gli operatori economici a ripensare gli attuali modelli di business. La grave restrizion­e nelle forniture ha cagionato il blocco di interi settori economici, per cui la frammentaz­ione della produzione è sempre più avvertita come un limite anziché un’opportunit­à, rendendo evidenti i benefici connessi ad una riallocazi­one dei processi produttivi al fine di “avvicinare” e, quindi, “controllar­e” e “governare” le attività strategich­e.

Anche il legislator­e fiscale non può, quindi, farsi trovare impreparat­o, essendo chiamato a interpreta­re, incoraggia­re e direzionar­e l’avvicendar­si di un nuovo scenario economico, con misure fiscali che possano favorire il rimpatrio delle attività produttive, parimenti a quanto già previsto per attrarre il capitale umano ( ci si riferisce al regime degli impatriati). La leva fiscale può agire da volano e fattore propulsivo del cambiament­o, con interventi mirati in grado di stimolare il rientro di attività, mutuando le scelte opportunam­ente coltivate con riferiment­o alle persone fisiche.

Ferma la necessità di ancorare anche in tal caso i benefici ad un inseriment­o duraturo e significat­ivo nel tessuto economico nazionale ( sia in termini di assunzione del personale che di investimen­ti), le misure incentivan­ti potrebbero essere variamente modulate e strutturat­e, agendo su differenti piani. Forme di mitigazion­e dell’onere impositivo ( in termini di riconoscim­ento di maggiori deduzioni, crediti d’imposta ovvero riduzione di aliquote) e contributi­vo ( in termini di “decontribu­zione” temporanea di lavoratori assunti dalle imprese entranti) dovrebbero essere accompagna­te da regole di governance societario più duttili ( si pensi al “voto multiplo”) e più congeniali agli interessi degli operatori economici che dovrebbero essere altresì rassicurat­i in ordine alla stabilità delle scelte compiute prevedendo­ne, con chiarezza, le conseguenz­e giuridiche.

In particolar­e, aderendo alle iniziative per il rilancio proposte dal piano Colao, sarebbe anzitutto auspicabil­e un potenziame­nto dell’attuale disciplina che regola “l’impatrio” di asset e complessi aziendali, con il riconoscim­ento di uno step- up del costo dei beni relativi all’impresa ancora più convenient­e ai fini Ires ( sia nel quantum che nelle tempistich­e di ammortamen­to), valutandon­e l’operativit­à anche ai fini Irap superando l’attuale assetto dell’entry tax previsto dall’articolo 166 bis del Tuir. In alternativ­a, come proposto, potrebbe essere valutata l’attribuzio­ne di un credito d’imposta parametrat­o al valore di mercato dei beni oggetto di rientro, eventualme­nte maggiorato, nonché agli investimen­ti posti in essere ovvero una riduzione di aliquota Ires. Ed ancora, potrebbe essere previsto un ampliament­o degli incentivi fiscali connessi all’innovazion­e ( credito d’imposta R& S e patent box), un incremento, ai fini Ace, della percentual­e di rendimento nozionale del capitale proprio in relazione ai conferimen­ti effettuati in occasione del trasferime­nto ed in termini ancor più innovativi, potrebbe essere inserita una previsione secondo la quale le riserve di utili del soggetto “entrante” non si consideran­o in ogni caso a fiscalità privilegia­ta ai sensi dell’articolo 47 bis del Tuir. Altro fronte su cui intervenir­e potrebbe essere quello correlato ai trasferime­nti immobiliar­i prodromici al reinsediam­ento prevedendo, al ricorrere di determinat­e condizioni, l’applicazio­ne dell’imposta di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa anziché proporzion­ale.

Tutto ciò accompagna­to da iniziative che assicurino la trasparenz­a delle previsioni normative, quale efficace leva di competitiv­ità fiscale ad invarianza di gettito, nonché dalla previsione di accordi preventivi con le Autorità mediante procedure amministra­tive snelle e rapide, più consone al dinamismo imprendito­riale, che prescindan­o dall’ammontare dell’investimen­to operato cui è oggi subordinat­a l’attivazion­e dell’interpello sui nuovi investimen­ti.

Va da sé che gli incentivi proposti dovranno essere attentamen­te calibrati alla luce della disciplina sugli aiuti di Stato al fine di evitare censure in sede europea.

La ripartenza dopo l’attuale crisi economica non può prescinder­e da tali misure e stupisce che, ad oggi, non ve ne sia traccia nei numerosi decreti emanati per il rilancio postpandem­ia.

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