Quando non rileva la vendita di oggetti da collezione
Sono un privato. Intendo vendere vecchi francobolli e monete, anche singolarmente. Le somme ricavate andranno inserite nella dichiarazione dei redditi?
F. L. - COMO
La vendita degli oggetti da collezionismo è da ritenere priva di rilevanza reddituale, in quanto la loro tipologia non è contemplata in alcuna delle varie fattispecie impositive – la cui elencazione è tassativa – indicate dall’articolo 67 del Tuir ( Dpr 917/ 1986). Soltanto a queste il legislatore ha connesso in via ordinaria un intento speculativo ( relazione governativa all’articolo 81 del Tuir, ora articolo 67).
In concreto, affinché nella vendita di francobolli e monete si possa riscontrare un intento speculativo con conseguenze impositive, occorre che essa venga caratterizzata da una preordinata intenzionalità commerciale del collezionista ( acquistare per rivendere) non disgiunta da un seppure minimo assetto organizzativo ( ad esempio, procacciamento della clientela, inserzioni pubblicitarie, allestimento banchetti). Solo sulla scorta di questi presupposti è possibile configurare un’attività di natura commerciale, svolta in forma non abituale ( eventualmente professionale), di cui al comma 1, lettera i, dell’articolo 67 del Tuir.
In tal senso, si è da ultimo pronunciata la risposta all’interrogazione parlamentare 5– 01718/ 2019 ( conformi le sentenze 2711/ 2006, 8196/ 2008 e 21776/ 2011 della Cassazione). Cosicché la vendita di beni da collezione amatoriale effettuata in via estemporanea ( anche in più occasioni) è da considerare non idonea a produrre effetti impositivi ai fini Irpef, occorrendo tuttavia evidenziare che, qualora tra i beni figurino anche monete d’oro ( ad esempio sterline, marenghi), la loro vendita è comunque imponibile in base alla specifica previsione contenuta nell’articolo 67, lettera c– ter, del Tuir.