Il consulente paga se il danno è provato
L’errore non obbliga al rimborso se il credito Iva non è contabilizzato
Il commercialista non può essere condannato a rimborsare il credito Iva non dichiarato se questo non era stato contabilizzato. La Cassazione con la sentenza 3782, censura la decisione della corte d’Appello che aveva condannato il professionista a rifondere il danno alla società. Per la Suprema corte alla base del verdetto impugnato c’era una confusione tra il concetto di inadempimento, per l’inesatta prestazione professionale, con quello di responsabilità che fa scattare l’obbligo di risarcimento. Quest’ultimo, infatti, c’è solo se viene accertata l’esistenza e l’ammontare del danno. E dunque non può essere affermato nel caso in cui il credito Iva sia fittizio, richiesto in maniera fraudolenta, oppure non risulta contabilizzato nelle scritture o mancano le fatture. In tali circostanze il credito resta indimostrato e non può essere considerato “perdita patrimoniale”. La Corte d’Appello aveva confuso il danno da perdita definitiva del credito Iva con quello relativo all’incertezza che si era creata, perché il rimborso, concesso in prima battuta, era stato poi recuperato con una polizza fideiussoria. La società aveva dunque dovuto ritrasferire, con gli interessi all’assicuratore, con sanzioni ed interessi, l’importo del credito già percepito.
Il ricorso del commercialista passa anche sul punto relativo ad un residuo debito definitivamente accertato. Il professionista era stato condannato a rifondere alla compagine quanto dovuto all’Agenzia. La Suprema corte spiega invece che la sola esposizione debitoria della società non era sufficiente per imporre al consulente di anticipare le somme, che costituirebbero il danno, se manca la prova di un effettivo esborso da parte della cliente.
Un criterio che la Corte d’Appello aveva invece correttamente seguito in relazione all’importo delle spese legali, indicato in fattura ma considerato non dimostrato in assenza della quietanza e dunque defalcato dal risarcimento. Il commercialista ha invece torto per quanto riguarda il presunto rinnovo tacito , della polizza assicurativa cessata per disdetta, con un periodo di “vuoto” prima dell’operatività di una seconda polizza con diverso numero. La Cassazione ricorda che la sospensione della polizza assicurativa può essere interrotta solo con pagamento del premio. E questo non c’era stato.