Il Sole 24 Ore

Pechino minaccia la stretta all’export di terre rare

Il governo di Pechino starebbe valutando restrizion­i all’export La decisione colpirebbe produzioni cruciali per la Difesa americana

- Rita Fatiguso

Le terre rare sono cruciali per l’elettronic­a e per l’industria della difesa Ogni caccia americano F- 35 ne richiede 417 chilogramm­i. La Cina, primo produttore mondiale, sta valutando la possibilit­à di limitare le esportazio­ni.

Il dialogo Usa- Cina non è ancora ripartito sotto la nuova presidenza di Joe Biden che già le relazioni commercial­i e politiche tra i due Paesi tornano a complicars­i, anche a causa degli strascichi di decisioni prese dalla precedente amministra­zione.

Tra le mosse di Donald Trump c’era stata l’iscrizione in lista nera di una sessantina di aziende cinesi che Washington considera vicine alla Difesa e, quindi, a rischio per la sicurezza nazionale nonché il divieto di fare affari con la Cina imposto anche ad aziende terze che producono quei semicondut­tori di fascia alta di cui Pechino ha bisogno come il pane, soprattutt­o nel settore dell’automotive.

Ora la Cina sventola a sua volta una possibile stretta all’export di terre rare, vecchio asso nella manica, mentre il ministro dell’Industria prende tempo e si affida al parere finale del Consiglio di Stato cinese e della Commission­e militare centrale. La minaccia, comunque, c’è.

Com’è noto la Cina è il Paese che possiede la maggior quantità di terre rare ed è quindi in grado, almeno finora, di gestire l’ 80% delle riserve di 17 materiali strategici per le industrie più avanzate di tutto il mondo.

Negli ultimi anni il Governo ha favorito l’accorpamen­to delle aziende più piccole e combattuto a fondo il contrabban­do. La recente svolta autoritari­a nella vicina Myanmar, ricca di terre rare, priva la Cina di un alleato nel mercato globale.

A essere in fibrillazi­one è la Difesa americana, servono 417 chilogramm­i di terre rare nei sistemi di alimentazi­one elettrica e nei magneti di ogni aereo F- 35 Lockheed Martin. D’altro canto i cinesi devono importare tecnologia statuniten­se come i semicondut­tori di fascia alta e in questo momento le misure decise da Donald Trump sono ancora in vigore.

Lockheed Martin, Boeing e Raytheon sono accusate inoltre da Pechino di aver venduto armi a Taiwan, la “provincia ribelle” che non riconosce come entità autonoma, anzi punta a far ritornare all’ovile.

Il Pentagono è sempre più preoccupat­o per la dipendenza degli Stati Uniti dalla Cina per le terre rare utilizzate in qualsiasi cosa, dai missili a guida di precisione ai droni. Negli ultimi mesi, ha firmato contratti con miniere americane e australian­e per spingere ad aumentare la produzione.

Le terre rare per i cinesi sono sempre più preziose perchè servono nei veicoli elettrici e nella generazion­e di energia eolica. D’altronde i cinesi soffrono per lo shortage di chip per auto che sta danneggian­do tutto l’automotive, da Volkswagen a Ford, Subaru, Toyota, Fca, a causa proprio della chiusura delle aziende di semicondut­tori attive in Cina imposte dagli Stati Uniti.

Anche per i semicondut­tori è iniziata la caccia grossa. Il ministro del Commercio taiwanese Wang MeiHua ha dovuto sollecitar­e, per soddisfare la domanda, la società taiwanese TMSC, leader al mondo dei semicondut­tori, a produrre più chip per l’auto piuttosto che per gli smartphone.

Le filiere dell’automotive rischiano di rimanere indietro, di qui il pressing che ha coinvolto anche la diplomazia specie tedesca e giapponese che ha chiesto sforzi aggiuntivi nella produzione per compensare la mancanza di semicondut­tori made in China. In Cina, infatti, le aziende del settore sono ancora bloccate.

Al tempo stesso Pechino ha dato il via alla più imponente rottamazio­ne di auto che mai si sia verificata. Deve farlo anche per essere in linea con gli obiettivi di sostenibil­ità che si è data. Il 10 febbraio il ministero del Commercio della Repubblica Popolare Cinese ha pubblicato le “Linee guida per la incentivaz­ione del commercio di automobili” e le “Esperienze e pratiche locali nella incentivaz­ione dell’utilizzo di automobili”.

« La Cina vuol adottare misure per eliminare, gradualmen­te, le restrizion­i sugli acquisti di automobili, incoraggia­re i cittadini ad acquistare veicoli ad energia alternativ­a, revocare le restrizion­i relative alle registrazi­oni per la sostituzio­ne di veicoli usati, ottimizzar­e il sistema di riciclo delle auto rottamate e far crescere il mercato del noleggio » , commentano Enrico Toti e Laura Formichell­a, sinologi, avvocati dello studio Ntcm. « È prevista un’accelerazi­one sulla rottamazio­ne dei vecchi veicoli a motore e la concession­e di sovvenzion­i per la rottamazio­ne di quelli che non rispettino determinat­i standard di emissione. E una serie di iniziative per la costruzion­e di parcheggi, il migliorame­nto dell’ambiente, l’ampliament­o del mercato dei pezzi di ricambio auto » . Tutto bene, fin qui. Ma con la filiera delle nuove auto bloccata sarà più difficile disfarsi della vecchia.

 ??  ?? Monopolio. L’estrazione di minerali di terre rare a Bayan Obo, nella Mongolia interna, Regione autonoma della Cina
REUTERS
Monopolio. L’estrazione di minerali di terre rare a Bayan Obo, nella Mongolia interna, Regione autonoma della Cina REUTERS

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