Il Sole 24 Ore

TASSA SULLE EMISSIONI CONTRO LA CONCORRENZ­A SLEALE EXTRA UE

- Leonardo Becchetti

di

Si parla molto e giustament­e in questi giorni di programmi e di speranze per il futuro governo Draghi, di imprese e lavoro, ma spesso si continua a ignorare che il progresso in questi ambiti dovrà passare attraverso la transizion­e ecologica, l’unica via attraverso cui sarà possibile la competitiv­ità futura. Su questo fronte non bastano le pur fondamenta­li decisioni nazionali che il governo sarà chiamato a prendere. In un sistema economico globalment­e integrato sarà fondamenta­le difendere il Paese e un’Europa dotata di standard più elevati rispetto al dumping sociale e ambientale dei concorrent­i esteri.

Negli Stati Uniti, con il pronunciam­ento della profession­e più ampio che la storia ricordi, più di 3.500 economisti, tra cui 28 premi Nobel e 4 expresiden­ti della Federal Reserve, hanno firmato un documento che chiede l’introduzio­ne di una carbon tax, riconoscen­do al contempo che in un mondo globalment­e integrato è necessario accompagna­re l’incentivo alla transizion­e ecologica con una border carbon tax che eviti il rischio di delocalizz­azione edumping e dumping ambientale delle imprese, unito a sistemi di compensazi­one per chi subisce i costi generati della carbon tax nazionale.

La border carbon tax è la risposta ambiziosa a uno dei problemi principali della concorrenz­a globale ed è fondamenta­le per una competizio­ne equa. Se un Paese o un insieme di Paesi si propone di alzare gli standard in termini di sostenibil­ità ambientale ( o anche sociale) rischia di pagarne le conseguenz­e, creando o aumentando un differenzi­ale tra costi di produzione all’interno e al di fuori dei propri confini e aumentando la competitiv­ità dei concorrent­i che producono in altri Paesi ( creando un incentivo a delocalizz­are la produzione). Il risultato, anche dal punto di vista della transizion­e ecologica, sarebbe nullo o controprod­ucente perché l’effetto serra è un “male pubblico globale” che dipende dallostock dallo stock complessiv­o di emissioni, da qualunque angolo del pianeta esse vengano. Spostarle dentro o fuori i confini europei non cambia la questione. L’unico modo per evitare che la concorrenz­a globale diventi una gara al ribasso sugli standard ambientali, sociali e fiscali ( in un mondo dove la digitalizz­azione consente di scomporre e ricomporre le filiere produttive più facilmente che in passato) è quello di valutare gli standard dei prodotti in ingresso e di applicare delle imposte addizional­i sui prezzi al consumo nel caso di standard inferiori a quelli stabiliti per chi produce all’interno. Per questo motivo la border carbon tax è una delle poche tasse desiderate dall’industria nazionale, la cui adozione non intacchere­bbe la popolarità di governi e classe politica.

L’Ue ha indicato nella border carbon tax una delle principali fonti di risorse proprie che dal 2023 dovrebbero consentire di raccoglier­e fondi per finanziare il piano Next Generation Eu, evitando di dover ricorrere solo a un aumento dei contributi degli Stati membri al bilancio comunitari­o.

La carbon border tax rappresent­erebbe una rivoluzion­e positiva nel modo di concepire le regole del commercio internazio­nale. Invece di una contrappos­izione muscolare tra interessi nazionali attraverso dazi e tariffe ( l’approccio scelto dalla presidenza Trump) il criterio guida diventereb­be quello di una competizio­ne internazio­nale sulla base di standard sociali e ambientali. La border carbon tax non può essere in nessun modo confusa con i dazi. La regola, per essere coerente con i princìpi della World Trade Organizati­on, sarebbe: chi è sopra lo standard non paga la tassa e chi è sotto la paga indipenden­temente dal luogo di produzione. I margini di critica e di arbitrarie­tà sarebbero limitati.

È evidente che il consenso sugli standard di sostenibil­ità è prerequisi­to essenziale per l’adozione della border carbon tax. Sugli indicatori ambientali ( impronta di carbonio, impronta d’acqua, grado di circolarit­à dei prodotti, intensità delle emissioni inquinanti) si stanno progressiv­amente imponendo standard e metodologi­e di misurazion­e comuni sulla spinta di una serie di processi ormai già avviati come la rendiconta­zione non finanziari­a che sta diventando obbligator­ia in diversi Paesi per le aziende al di sopra di una certa dimensione e la propension­e dei fondi d’investimen­to a ridurre l’esposizion­e al rischio ambientale che sta diventando ormai mainstream. Nell’Ue la direttiva 2088 del 2019 stabilisce che nei questionar­i ( Mifid in Italia) necessari per abbinare attività finanziari­a e profilo di rischio dei clienti, si rilevino anche le preferenze per la sostenibil­ità e si possa poi proporre ai clienti che rispondono positivame­nte solo quei fondi capaci di migliorare il progresso nella transizion­e ecologica dei propri portafogli titoli. Si può pertanto capire che la pressione a misurare gli standard ambientali di produzione sulle aziende nel giro dei prossimi anni sarà fortissima e questo aiuterà a costruire l’infrastrut­tura informativ­a necessaria. Tutti gli Stati sono consapevol­i dell’urgenza e della minaccia del surriscald­amento globale e sanno che per raggiunger­e gli obiettivi dell’accordo di Parigi servono target ambiziosi sugli indicatori che possono essere definiti oggettivam­ente. È sempre possibile e auspicabil­e poi, in sede di trattativa, riconoscer­e che per alcuni Paesi la transizion­e sarà più difficile e costosa negoziando un che ne tenga conto. transition fund carbon Just Se ai tempi della presidenza Trump l’ipotesi del varo di una border tax europea avrebbe probabilme­nte scatenato una serie di ritorsioni, la nuova presidenza americana ( e l’imponente presa di posizione della profession­e accademica d’oltreocean­o) creano una nuova importante finestra di opportunit­à che non andrebbe sprecata. Non a caso il thank think della politica comunitari­a Bruegel parla di un possibile club UsaUe per l’avvio di una border carbon tax comune alle due aree ( che rappresent­ano da sole circa il 40% del mercato globale) alla quale altri Paesi potrebbero affiancars­i.

Sarebbe opportuno dunque che alla prossima conferenza internazio­nale sul cambiament­o climatico ( Cop 26) di Glasgow Unione europea e Stati Uniti arrivasser­o con una proposta. Negoziare un sistema di tax border carbon in grado di orientare il commercio internazio­nale verso la transizion­e ecologica e di modificare gli incentivi dei player globali sarebbe un passo avanti decisivo verso la costruzion­e di un sistema economico socialment­e e ambientalm­ente sostenibil­e.

COMPETITIV­ITÀ E TRANSIZION­E ECOLOGICA, ALLO STUDIO LA BORDER CARBON TAX

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy