Il Sole 24 Ore

Giochi, peculato non versare il Preu

Il denaro incassato per conto della concedente ha natura pubblica in origine

- Patrizia Maciocchi

Scatta il reato di peculato per il gestore o l’esercente di apparecchi da gioco leciti che si impossessa dei proventi del gioco, anche per la parte destinata al pagamento del prelievo erariale unico, senza versarli al concession­ario competente. Le Sezioni unite ( sentenza 6087) compongono un contrasto che riguardava essenzialm­ente la proprietà del denaro versato dai giocatori nelle slot machine, al netto di quanto restituito per le vincite. Va ricordato che dal 2004 il gioco lecito con questi apparecchi è affidato in concession­e a pochi soggetti di elevata affidabili­tà economico- finanziari­a che, a loro volta, possono delegare alcune funzioni ai gestori ( subconcess­ionari).

Secondo un primo orientamen­to il denaro è incassato, a prescinder­e dalla proprietà dei dispositiv­i, nell’esercizio della concession­e e per conto della concedente. E dunque appartiene in origine all’Amministra­zione.

Ininfluent­e, per classifica­re il denaro come pubblico, la modalità di riversamen­to: gran parte con il Preu e con il canone di concession­e. L’ indirizzo contrastan­te accentua la natura tributaria e qualifica il Preu come imposta sui redditi di impresa invece che sui consumi. L’incasso delle somme che residuano dalle giocate sarebbe ricavo di attività privata soggetto a imposta . E il mancato versamento non sarebbe peculato.

Le Sezioni unite scelgono la prima tesi. Una decisione adottata sulla scia di una precedente sentenza ( 14697/ 2019) con la quale il Supremo consesso ha escluso un contrasto tra lo “status” del concession­ario come soggetto passivo di imposta rispetto al Preu e la proprietà pubblica degli incassi. La natura tributaria dell’imposta e la qualificaz­ione del concession­ario come soggetto passivo riguarda solo il rapporto tributario, ma non incide sulla funzione di agente della riscossion­e di denaro pubblico. Ruolo che è il risultato della configuraz­ione complessiv­a dell’attività di gioco lecito « con apparecchi o congegni elettronic­i, caratteriz­zata dalla predetermi­nazione dettagliat­a delle modalità di svolgiment­o dell’attività e della funzione del concession­ario rispetto agli esercenti, in particolar­e sotto il profilo del controllo periodico della destinazio­ne delle somme riscosse » . Controllo che, sui concession­ari qualificat­i come “agenti contabili” spetta alla Corte dei conti. L’attività del concession­ario, che raccoglie denaro attraverso gli apparecchi collegati alla rete della Pa, ha carattere pubblico in virtù della legittimaz­ione della giocata che rende lecito il gioco d’azzardo. Quanto al gestore, che supporta il concession­ario e che può essere anche il proprietar­io della macchine, lavora in autonomia e deve segnalare anomalie e verificare la funzionali­tà della rete telematica. Basta per affermare lo svolgiment­o di un pubblico servizio, e il rapporto con il denaro « in nome di altri » .

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