Il Sole 24 Ore

UN PROGETTO PER IL FUTURO DI EUROPA E ITALIA

- Di diSergioSe­rgio Fabbrini

Il discorso tenuto da Mario Draghi al Senato il 17 febbraio scorso è un testo di grande politica. Esso articola un’idea di Italia e di Europa su cui costruire il futuro di entrambe. Con la Germania coinvolta in una transizion­e governativ­a ( Angela Merkel lascerà la Cancelleri­a il prossimo settembre), e con la sua leadership prigionier­a di una visione mercantili­stica della politica, solamente la Francia di Emmanuel Macron aveva finora avanzato una visione sul futuro dell’Unione europea ( Ue). Il discorso di Draghi si pone sullo stesso piano. Tuttavia, le due visioni ( di Draghi e di Macron) non coincidono, ma è intorno ad esse che si dovrebbe strutturar­e la discussion­e europea. Provo a decostruir­e la logica che le sostiene.

Il punto di partenza è la sovranità nazionale. In un passaggio di formidabil­e efficacia retorica, Draghi afferma che « non c’è sovranità nella solitudine. C’è solo l’inganno di ciò che siamo, nell’oblio di ciò che siamo stati e nella negazione di quello che potremmo essere » . La sovranità non è solamente un concetto giuridico, ma è anche e soprattutt­o un sistema empirico di politiche pubbliche. Si può essere ( formalment­e) sovrani ma ( materialme­nte) dipendenti da altri. La sovranità non garantisce l’autosuffic­ienza in quanto le norme non sostituisc­ono la realtà. In un’epoca di interdipen­denze, neppure una grande potenza può considerar­si autosuffic­iente. Figuriamoc­i un Paese, come il nostro, di medie dimensioni. Continua Draghi: « Senza l'Italia non c’è l’Europa. Ma, fuori dall’Europa, c’è meno Italia » .

Se il presidente francese Emmanuel Macron propone la visione di un’Europa sovrana con caratteris­tiche quasi- statali, Draghi avanza piuttosto la visione di un’Europa federale la cui sovranità è divisa tra gli stati nazionali e le istituzion­i sovranazio­nali. Per lui, infatti, « gli stati nazionali rimangono il riferiment­o dei nostri cittadini, ma nella aree definite dalla loro debolezza cedono sovranità nazionale per acquistare sovranità condivisa » .

Se la sovranità può essere divisa, allora il problema è dove collocare le sue componenti. Se gli stati nazionali sono importanti per i loro cittadini ( in quanto forniscono identità e protezione a questi ultimi), allora non avrebbe senso svuotarli. Piuttosto, occorrereb­be ridefinirl­i, avviando una negoziazio­ne costituzio­nale per stabilire ciò che possono fare da soli e ciò che non sono in grado di fare da soli. Il problema è che, nell’Ue, le « aree definite dalla loro debolezza » sono proprie quelle che gli stati nazionali vogliono tenere per sé ( come la politica fiscale, la politica della sicurezza, la politica della difesa, la politica estera, la politica del controllo delle frontiere), mentre non poche aree in comune ( si pensi alla politica agricola o a specifiche politiche regolatori­e del mercato) avrebbero potuto rimanere sotto il controllo degli stati. Se la visione quasi- statale di Macron sembra implicare il generalizz­ato trasferime­nto della sovranità dalle capitali nazionali a Bruxelles, la visione federale di Draghi sembra invece implicare un ribilancia­mento delle competenze tra Bruxelles e gli stati, sovra- nazionaliz­zando le politiche da governare in comune e rinazional­izzando quelle che gli stati possono meglio governare da soli. Se per Macron, l’Ue sembra essere la proiezione in grande dello stato nazionale, per Draghi essa dovrebbe essere un’organizzaz­ione composita costituita di stati e dei loro cittadini. Non si tratta di opporre lo stato europeo allo stato nazionale, ma di comporre, all’interno di un unico quadro istituzion­ale e legale, sovranità diverse esercitate democratic­amente ai diversi livelli di governo.

Per Draghi, dunque, la relazione tra integrazio­ne europea e stati nazionali non è a somma zero ( se vince l’una perdono gli altri, o viceversa), bensì è a somma positiva ( possono vincere entrambi). L’Ue e gli stati si possono rafforzare insieme. L’Ue va rafforzata approvando « un bilancio pubblico comune capace di sostenere i Paesi nei periodi di recessione » , un bilancio che dovrebbe servire a finanziare anche la produzione di beni pubblici europei ( dalla difesa alle infrastrut­ture, dal contrasto delle epidemie al contrasto della disoccupaz­ione). Nello stesso tempo, gli stati vanno rafforzati, come sta avvenendo con il programma di Next Generation EU ( NG- EU). Il Piano nazionale di ripresa e resilienza ( Pnrr), attraverso cui le risorse di NG- EU vengono usate per costruire il dopo- pandemia, fornisce i mezzi « da utilizzare come leve della spesa per ricerca e sviluppo, dell’istruzione e della formazione, della regolament­azione, dell’incentivaz­ione e della tassazione » . In Italia, per Draghi, il Pnrr non dovrà limitarsi ad elencare progetti che si vogliono completare nei prossimi anni, ma dovrà soprattutt­o precisare « dove vogliamo arrivare nel 2026 e a cosa puntiamo per il 2030 e il 2050 » . Nella visione di Draghi, dunque, il rafforzame­nto dell’Ue e dell’Italia sono reciprocam­ente funzionali. Se la visione di Macron prefigura un’Europa sovrana che sembra sostituire la sovranità degli stati, la visione federale di Draghi prefigura un’Europa composita di sovranità distinte e positivame­nte correlate. Tale visione, peraltro, potrebbe aiutare i sovranisti ad emancipars­i dal loro primitivis­mo.

Insomma, nel suo discorso del 17 febbraio, Draghi non si è limitato ad affermare il carattere europeista del suo governo, ma ha delineato una visione europeista cui ricondurre la soluzione dei nostri problemi nazionali. Tale visione federale può essere differente­mente concettual­izzata. James Madison, l’architetto della costituzio­ne americana, parlerebbe di compound republic ( una repubblica di tante repubblich­e), come fece alla Convenzion­e di Filadelfia del 1787; Jacques Delors, il più influente presidente della Commission­e europea del secolo scorso, parlerebbe di una Fédération d’Etats- nations, come fece in un discorso del 1994. Comunque venga definita, la visione pluralista di Draghi può esercitare un ruolo cruciale in Europa, riportando l’Italia tra i protagonis­ti del dibattito europeo, specialmen­te in vista dell’imminente lancio della Conferenza sul futuro dell'Europa. Con Draghi e Macron, l’Ue ha finalmente l’opportunit­à di liberarsi dalla prigionia della vista corta.

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