Modello Usa per le crisi bancarie
Crescono i consensi nella Ue al criterio del costo minore utilizzato dagli americani
La nuova parola chiave per la gestione delle crisi bancarie in Europa potrebbe diventare least cost test. E se entrerà nel vocabolario europeo, e soprattutto nella cassetta degli attrezzi delle autorità di vigilanza e risoluzione, potrebbe addirittura diventare più popolare del famigerato e quasi mai applicato bail in.
Il least cost test è il criterio in base al quale la statunitense Federal Deposit Insurance Corporation ( Fdic) sceglie la strada meno costosa, per chiudere una crisi, tra la liquidazione o il trasferimento degli attivi e dei passivi a un’altra banca disposta a intervenire. Un meccanismo molto pragmatico, intestato a un singolo soggetto istituzionale in un contesto federale frammentato, e che si è rivelato molto efficace per la gestione di diverse ondate di dissesti, da quelli innescati dalla crisi dei Saving& Loans degli anni ’ 80 fino alla pesante eredità dei mutui subprime e della Crisi Finanziaria Globale.
L’adozione di un modello simile alla Fdic farebbe fare un passo avanti all’Unione bancaria europea semplificando un quadro regolamentare che oggi per la gestione di una crisi vede in campo almeno sei soggetti, ognuno guidato da principi diversi: il Single Resolution Board, le autorità di risoluzione nazionali, e i fondi nazionali di garanzia dei depositi, la Commissione europea tramite la Dg Competition, il Consiglio Ue e i governi dei diversi Paesi. E taglierebbe il nodo gordiano che di fatto oggi separa i destini delle grandi banche ( significant) da quelle minori ( less significant) riservando solo alle prime lo strumento della risoluzione e condannando le seconde alle liquidazioni coatte amministrative con regole nazionali ancora differenziate. Una separazione singolare in un sistema di circa 4mila banche di cui solo un centinaio sono considerate dalla Bce “troppo grandi per fallire”.
Sulla struttura del least cost test della Fdic e del suo funzionamento è stato appena pubblicato un Occasional paper della Banca d’Italia ( n. 594/ febbraio 2021), a cura di G. Majnoni, G. Bernardini, A. Dal Santo e M. Trapanese, ricco di informazioni e dettagli analitici che propone una soluzione di policy per provare a passare dal criterio dell’interesse pubblico oggi al centro dello schema europeo per affrontare le insolvenze bancarie al criterio assai più pragmatico e diretto del “costo minore” tra una risoluzione o una liquidazione con rimborso dei depositi protetti.
La materia è al centro dell’attenzione dei nostri decision maker visto che sulla riforma della direttiva europea del 2014, la famosa Brrd, è in corso una pubblica consultazione fino a fine marzo e che il Parlamento europeo ha chiesto tra le documentazioni chiave proprio un confronto tra lo schema normativo europeo e il Fdic. Nell’Occasional paper di Bankitalia si ricorda che a favore della semplificazione del quadro regolamentare europeo sul modello della Fdic e del criterio del least cost test si è espresso il ministro delle Finanze tedesco, Olaf Scholz, e in questa sede è appena il caso di ricordare che il governatore Ignazio Visco negli ultimi anni ha citato più volte come esempio per la riforma delle regole europee il modello Fdic. Da ultimo lo ha fatto in un workshop organizzato a metà gennaio, dove era presente anche Andrea Enria, presidente della Vigilanza bancaria della Bce, che a sua volta s’è detto favorevole a considerare l’esperienza della Fdic ai fini di questa semplificazione.
Secondo gli autori del paper la regola del least cost test dovrebbe divenire un criterio guida per l’intervento dei Fondi nazionali di garanzia dei depositi e favorire l’adozione di soluzioni alternative alla liquidazione atomistica delle banche di piccola e media dimensione. Il passaggio sarebbe agevolato dalla eliminazione della “superpriorità” attribuita ai depositi assicurati rispetto a quelli non assicurati nei riparti concorsuali. Ciò consentirebbe infatti ai Fondi di garanzia di non superare con il loro intervento in risoluzione il costo netto che sosterrebbero nel caso alternativo di rimborso dei depositi in caso di liquidazione.
Altro suggerimento: la soglia di assicurazione dei depositi andrebbe innalzata dagli attuali 100mila euro a 250mila euro. E nei dati prodotti a supporto dell’analisi spicca nell’Occasional paper una grafica che mostra come la velocità con cui la Fdic ha smaltito dai propri bilanci gli asset presi in carico durante le gestioni delle crisi sia cresciuta nel tempo, grazie all’aumento delle operazioni di risoluzione con trasferimento degli attivi e dei passivi e al calo delle liquidazioni atomistiche.
In Europa le banche sono oggi assai più capitalizzate di qualche anno fa e, secondo le autorità, non dovrebbero patire più di tanto la prossima ondata di Npl ereditata dalla pandemia ( Bankitalia stima crediti non performing in arrivo tra i 60 e i 100 miliardi) mentre per l’entrata a regime del Single Resolution Board e del Single Resolution Fund mancano ancora tre anni. Dunque il 2021 potrebbe essere l’anno giusto per una semplificazione e la via del least cost test, illustrata nel paper di Bankitalia sembra guadagnare sempre più consensi.