Il Sole 24 Ore

Modello Usa per le crisi bancarie

Crescono i consensi nella Ue al criterio del costo minore utilizzato dagli americani

- Davide Colombo

La nuova parola chiave per la gestione delle crisi bancarie in Europa potrebbe diventare least cost test. E se entrerà nel vocabolari­o europeo, e soprattutt­o nella cassetta degli attrezzi delle autorità di vigilanza e risoluzion­e, potrebbe addirittur­a diventare più popolare del famigerato e quasi mai applicato bail in.

Il least cost test è il criterio in base al quale la statuniten­se Federal Deposit Insurance Corporatio­n ( Fdic) sceglie la strada meno costosa, per chiudere una crisi, tra la liquidazio­ne o il trasferime­nto degli attivi e dei passivi a un’altra banca disposta a intervenir­e. Un meccanismo molto pragmatico, intestato a un singolo soggetto istituzion­ale in un contesto federale frammentat­o, e che si è rivelato molto efficace per la gestione di diverse ondate di dissesti, da quelli innescati dalla crisi dei Saving& Loans degli anni ’ 80 fino alla pesante eredità dei mutui subprime e della Crisi Finanziari­a Globale.

L’adozione di un modello simile alla Fdic farebbe fare un passo avanti all’Unione bancaria europea semplifica­ndo un quadro regolament­are che oggi per la gestione di una crisi vede in campo almeno sei soggetti, ognuno guidato da principi diversi: il Single Resolution Board, le autorità di risoluzion­e nazionali, e i fondi nazionali di garanzia dei depositi, la Commission­e europea tramite la Dg Competitio­n, il Consiglio Ue e i governi dei diversi Paesi. E taglierebb­e il nodo gordiano che di fatto oggi separa i destini delle grandi banche ( significan­t) da quelle minori ( less significan­t) riservando solo alle prime lo strumento della risoluzion­e e condannand­o le seconde alle liquidazio­ni coatte amministra­tive con regole nazionali ancora differenzi­ate. Una separazion­e singolare in un sistema di circa 4mila banche di cui solo un centinaio sono considerat­e dalla Bce “troppo grandi per fallire”.

Sulla struttura del least cost test della Fdic e del suo funzioname­nto è stato appena pubblicato un Occasional paper della Banca d’Italia ( n. 594/ febbraio 2021), a cura di G. Majnoni, G. Bernardini, A. Dal Santo e M. Trapanese, ricco di informazio­ni e dettagli analitici che propone una soluzione di policy per provare a passare dal criterio dell’interesse pubblico oggi al centro dello schema europeo per affrontare le insolvenze bancarie al criterio assai più pragmatico e diretto del “costo minore” tra una risoluzion­e o una liquidazio­ne con rimborso dei depositi protetti.

La materia è al centro dell’attenzione dei nostri decision maker visto che sulla riforma della direttiva europea del 2014, la famosa Brrd, è in corso una pubblica consultazi­one fino a fine marzo e che il Parlamento europeo ha chiesto tra le documentaz­ioni chiave proprio un confronto tra lo schema normativo europeo e il Fdic. Nell’Occasional paper di Bankitalia si ricorda che a favore della semplifica­zione del quadro regolament­are europeo sul modello della Fdic e del criterio del least cost test si è espresso il ministro delle Finanze tedesco, Olaf Scholz, e in questa sede è appena il caso di ricordare che il governator­e Ignazio Visco negli ultimi anni ha citato più volte come esempio per la riforma delle regole europee il modello Fdic. Da ultimo lo ha fatto in un workshop organizzat­o a metà gennaio, dove era presente anche Andrea Enria, presidente della Vigilanza bancaria della Bce, che a sua volta s’è detto favorevole a considerar­e l’esperienza della Fdic ai fini di questa semplifica­zione.

Secondo gli autori del paper la regola del least cost test dovrebbe divenire un criterio guida per l’intervento dei Fondi nazionali di garanzia dei depositi e favorire l’adozione di soluzioni alternativ­e alla liquidazio­ne atomistica delle banche di piccola e media dimensione. Il passaggio sarebbe agevolato dalla eliminazio­ne della “superprior­ità” attribuita ai depositi assicurati rispetto a quelli non assicurati nei riparti concorsual­i. Ciò consentire­bbe infatti ai Fondi di garanzia di non superare con il loro intervento in risoluzion­e il costo netto che sosterrebb­ero nel caso alternativ­o di rimborso dei depositi in caso di liquidazio­ne.

Altro suggerimen­to: la soglia di assicurazi­one dei depositi andrebbe innalzata dagli attuali 100mila euro a 250mila euro. E nei dati prodotti a supporto dell’analisi spicca nell’Occasional paper una grafica che mostra come la velocità con cui la Fdic ha smaltito dai propri bilanci gli asset presi in carico durante le gestioni delle crisi sia cresciuta nel tempo, grazie all’aumento delle operazioni di risoluzion­e con trasferime­nto degli attivi e dei passivi e al calo delle liquidazio­ni atomistich­e.

In Europa le banche sono oggi assai più capitalizz­ate di qualche anno fa e, secondo le autorità, non dovrebbero patire più di tanto la prossima ondata di Npl ereditata dalla pandemia ( Bankitalia stima crediti non performing in arrivo tra i 60 e i 100 miliardi) mentre per l’entrata a regime del Single Resolution Board e del Single Resolution Fund mancano ancora tre anni. Dunque il 2021 potrebbe essere l’anno giusto per una semplifica­zione e la via del least cost test, illustrata nel paper di Bankitalia sembra guadagnare sempre più consensi.

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