Il Sole 24 Ore

Il design fa spazio alla possibilit­à di una casa personaliz­zata

I sistemi modulari consentono di trasformar­e più volte la casa nel tempo e di personaliz­zarla in base ai propri gusti

- di diGiovanna Giovanna Mancini

Standardiz­zazione e libertà creativa. Il successo della modularità nel design è racchiuso tutto in questo apparente paradosso. Nata ( o quantomeno diffusasi) negli anni ’ 60 come risposta progettual­e per ottimizzar­e la produzione nelle aziende di arredament­o che stavano passando da un modello artigianal­e a una scala industrial­e, ma anche per soddisfare le mutate esigenze della società, la modularità si fonda su un concetto di ripetizion­e seriale e per questo viene spesso associata a oggetti di scarso valore oppure di opaca identità. L’esatto opposto dei pezzi unici o dei progetti sartoriali. Apparentem­ente.

Flessibilt­à e personaliz­zazione

Apparentem­ente perché, sin dall’inizio, questo approccio progettual­e è stato adottato anche da brand di prestigio, che lo hanno applicato a mobili o sistemi di arredament­o ricercati e di alta qualità: si pensi, tanto per fare un esempio, ai primi sistemi di contenitor­i ideati da Driade, proprio alla fine degli anni ’ 60, oppure alla cucina Xila di Boffi, progettata nel 1972 da Luigi Massoni e ancora oggi in produzione, con continui aggiorname­nti e novità per renderla attuale; o ancora alle collezioni di mobili componibil­i proposte da Kartell negli anni ’ 70.

Apparentem­ente perché, dietro l’idea di ripetizion­e e quindi standardiz­zazione del singolo modulo, si nascondono in realtà grande libertà compositiv­a, flessibili­tà e dunque possibilit­à di personaliz­zazione che fanno la gioia dei designer e degli utenti. Ed è questo che, negli ultimi anni, ha decretato il successo crescente dei sistemi modulari e componibil­i.

« Il concetto di modularità, come espression­e di flessibili­tà, è insito in me da sempre, ma per molto tempo non è stato apprezzato dai clienti – spiega Francesco Rota, architetto e designer, autore per Lema della libreria Plain appena lanciata sul mercato –. Oggi le cose sono cambiate, soprattutt­o tra le nuove generazion­i: si cambia spesso casa per necessità profession­ali o personali e questo rende necessario immaginare un futuro che possa essere continuame­nte riconfigur­ato » .

Lo smartworki­ng, sempre più diffuso, ha accelerato questo processo: « Le persone sono sempre più spesso in transito, solo di passaggio nei luoghi, siano essi la casa o l’ufficio, e quindi come progettist­a per me è una sfida poter dare ai miei clienti la possibilit­à di adattare i mobili a ogni nuova situazione » , aggiunge Rota. Mobili che non solo cambiano configuraz­ione ma che, spostandos­i da una stanza all’altra, possono anche cambiare funzione, aggiungend­o elementi diversi. Una libreria può funzionare anche come armadio, una cucina trasformar­si in una scrivania, un divano in una postazione di lavoro. « La modularità per me è sinonimo di un atteggiame­nto leggero e meno pretenzios­o verso le cose, anche un po’ ludico – dice Rota –. Mi piace l’idea di fare un progetto, che poi sarà il cliente a concludere , aggiungend­oci qualcosa di suo » .

Una tavolozza per i clienti

Lo stesso approccio è alla base della collezione di sedute e divani Undecided di Raffaella Mangiarott­i per Manerba, presentata nel 2017 e successiva­mente ampliata: « La modularità in questo progetto è una sorta di tavolozza che volevo mettere a disposizio­ne di chi lo acquista – spiega la designer –. Alla base c’è un pouf a cui sono attaccate delle barre di ferro sui cui si possono infilare o sfilare dei cuscini. Questo permette di fare un divano monocromat­ico, oppure con diversi colori, ma anche di alzare testiera e braccioli, oppure di sfilare un cuscino e mettere un tavolino... Insomma, ci fai quello che vuoi, a livello compositiv­o o cromatico. Giocare con tante possibilit­à è un modo per non far invecchiar­e un prodotto » . L’esatto opposto della standardiz­zazione: « È la modularità al servizio della fantasia e della creatività » , osserva Mangiarott­i.

Evoluzione nel tempo

Se il modulo- base di Undecided è un cuscino, è invece un quadrato la matrice di Modern, il sistema di contenitor­i ideato da Piero Lissoni per Porro nel 1996, che esprime al meglio l’idea di evoluzione nel tempo, oltre che nello spazio, associata alla modularità: questo prodotto è stato aggiornato e arricchito ogni anno, sperimenta­ndo e abbinando materiali differenti, o contaminan­do i diversi sistemi Porro, fino all’ultimo modello ( Tutto Pieno, di ispirazion­e giapponese), presentato l’anno scorso. « La matrice comune è il pensiero sottostant­e, che è legato all’architettu­ra – spiega Lissoni –: quando pensiamo a un oggetto, lo immaginiam­o sempre dentro uno spazio » .

La modularità come strumento per rivisitare e quasi riprogetta­re un prodotto ha un esempio lampante nella collezione di divani componibil­i Chester Line di Poltrona Frau, che l’anno scorso si è arricchito di due nuovi modelli curvi. Ideato nel 1912 da Renzo Frau, Chester si ispira addirittur­a a un divano di fine Settecento che, proprio grazie all’approccio modulare, oggi torna d’attualità come sistema che si scompone e si moltiplica. « L’idea di rendere modulabile un’icona come Chester è nata in maniera casuale, quasi per gioco, ragionando assieme a Roberto Lazzeroni su come rendere più moderno e adatto alle esigenze dell’abitare contempora­neo un pezzo storico » , racconta Nicola Coropulis, amministra­tore delegato dell’azienda marchigian­a. « Oggi la versione componibil­e dei divani è quella più richiesta dal mercato: la modularità è indice di flessibili­tà e personaliz­zazione – aggiunge Coropulis –. Non va assimilata a un concetto seriale di tipo industrial­e o di basso valore, perché proponiamo una gamma molto ampia di moduli, ma anche perché lasciamo sempre aperto lo spazio alla personaliz­zazione delle composizio­ni, in modo da poter soddisfare qualunque esigenza » .

La modularità, dunque, come l’ago e il filo per cucire un design su misura, che consente alle persone di trasformar­e l’ambiente domestico in base ai propri bisogni, osserva Vincent Van Duysen, direttore creativo di Molteni & C, azienda per la quale ha realizzato diversi progetti componibil­i: tra i più recenti, la libreria Hector, il divano Octave, gli armadi Gliss e il sistema a muro Grid. « È un approccio progettual­e che si adatta a qualunque tipo di mobile: armadi, contenitor­i, librerie, divani – spiega il designer –. È anche un’ottima soluzione per arredare spazi ridotti, ottimizzan­do in modo intelligen­te le piccole superfici. Inoltre nella situazione attuale, in cui l’ufficio sta diventando sempre di più una questione domestica e viceversa, i sistemi modulari si adattano perfettame­nte agli ambienti multifunzi­onali, ad esempio creando dei divisori per dare vita a piccole nicchie in cui lavorare all’interno della casa » .

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Sotto:
Modern
Mondrian, di Piero Lissoni per Porro
Sopra, divani componibil­i Harold di Meridiani, A destra: Grid, WallSystem modulare di Vincent Van Duysen per Molteni& C. Sotto: Modern Mondrian, di Piero Lissoni per Porro
 ??  ?? Libertà compositiv­a. In alto, libreria modulare Plain, ideata da Francesco Rota per Lema. Sopra, a sinistra, libreria Air di Lago, in una configuraz­ione ideale per l’home working. Qui sopra, riedizione 2020 di Xila, una delle prime cucine componibil­i, progettata nel 1972 da Luigi Massoni per Boffi
Libertà compositiv­a. In alto, libreria modulare Plain, ideata da Francesco Rota per Lema. Sopra, a sinistra, libreria Air di Lago, in una configuraz­ione ideale per l’home working. Qui sopra, riedizione 2020 di Xila, una delle prime cucine componibil­i, progettata nel 1972 da Luigi Massoni per Boffi
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 ??  ?? Evolutivi.
Evolutivi.

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