Recovery Plan: riforme da approvare subito, ma saranno gli investimenti a concretizzarle
Riforme e investimenti corrono sullo stesso binario. In diversi casi, le riforme sono propedeutiche agli investimenti e viceversa, come nel caso della madre di tutte le riforme, quella della pubblica amministrazione da attuare all’insegna della semplificazione dei procedimenti amministrativi ( fondamentale anche in chiave anti- corruzione) e del massiccio ricorso alle tecnologie digitali. Va evitato semmai il rischio di una sorta di sfasamento temporale tra la messa a punto e implementazione di una riforma strutturale di questa portata e l’attivazione dei fondamentali investimenti ( anche in termini di capitale umano) per realizzarla.
Su questo strettissimo collegamento si gioca sia l’aggancio alla prima tranche di risorse del Next Generation Eu da 27 miliardi sia soprattutto l’erogazione delle tranche successive. A Bruxelles si attende prima di tutto la ratifica da parte del Parlamento dell’intesa sull’aumento delle risorse proprie e l’esito della prima emissione sul mercato di bond europei per finanziare l’intera operazione.
Se non interverranno ostacoli, i 27 miliardi saranno erogati tra giugno e luglio. Nel mettere a punto la versione rivista e aggiornata del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza, la stretta interconnessione tra riforme e investimenti dovrà essere certamente ben precisata e dettagliata dal Governo. Come osserva l’Ufficio parlamentare di bilancio ( Upb), le riforme ( è il caso della giustizia civile e appunto della pubblica amministrazione) sono spesso « una condizione per la realizzazione degli investimenti » . E gli investimenti « sono spesso necessari per consentire l’implementazione di una riforma che può risultare costosa in una fase iniziale » . Si può aggiungere che se l’effetto- leva in termini di incremento del Pil di riforme importanti può manifestarsi nel medio periodo, l’apporto della fondamentale componente degli investimenti dal punto di vista del moltiplicatore non è certamente da meno, con possibili effetti già nel breve periodo. In entrambi i casi, ( e qui entriamo in un campo che evidenzia vecchi e nuovi “colli di bottiglia”) la precondizione essenziale è che si riesca a rispettare a pieno il cronoprogramma. Il rischio è che i relativi piani di attuazione restino incagliati nella giungla finora inestricabile dei regolamenti attuativi. A nostro favore gioca ancora una volta il vincolo esterno, poiché a dettare i tempi saranno le perentorie scadenze fissate da Bruxelles, da qui al 2026. Se la prima tranche dei 209 miliardi assegnati al nostro Paese è da interpretare come una sorta di “anticipo”, per le successive il doppio binario riforme- investimenti sarà monitorato in progress, e non saranno ammessi ritardi.
Per superare gli ostacoli, Mario Draghi dovrà mettere in campo il notevole capitale di credibilità e autorevolezza di cui può avvalersi in sede europea. Portare a compimento nel breve periodo la riforma della giustizia civile e della Pa, con annesso il traino degli investimenti necessari per realizzarla, può rappresentare un boost, una spinta tale da rendere più solido l’intero impianto del Recovery Plan, accanto a un accorto dosaggio tra sovvenzioni e prestiti.
La pubblica consultazione aperta sulla riforma della direttiva Brrd del 2014 si chiude a fine marzo